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Dogana, Frumentaria, Munizione

La Dogana

Qui mi trovo di fronte una matassa arruffata, di cui non riesco a trovare il bandolo.

La Frumentaria, anche oggi, è chiamata dal popolo la Dogana vecchia; e questo battesimo risale a un tempo relativamente antico. In una carta del 21 Febbraio 1782 io noto un pagamento di Ls. 253.15 a mastro Giacomo Martinetto, per finestre e porte al magazzino della frumentaria detto della Dogana vecchia. Che significa ciò?

A me pare che una Dogana esistesse in quella località, ma non certo nella Frumentaria, costrutta dal 1597 al 1608. Forse la Dogana esisteva nel vicino Baluardo, poi demolito – nella muraglia di fronte, oppure in una delle due torri, con uscita sullo stradone.

Nel Novembre del 1637 si delibera: di rifare i portici (los porchos) che sono crollati nella Carnaceria (macello); di ripararne altri che minacciano rovina e di fabbricare le porte di fuori della Dogana, per il danno che si reca ai macellai. Dunque, la Dogana era vicina al Macello… ma dove? verso l’attuale Tribunale? verso la Frumentaria? o fuori di Porta, al posto dell’attuale casa del Dazio?

Io penso che se vi era una Dogana vecchia, è certo che dovette esisterne una nuova. Noi sappiamo che nel 1459 la Dogana era nel pianterreno del Palazzo Reale; ma se questa nuova Dogana rimontava per lo meno al secolo XV, la vecchia doveva risalire a un tempo anteriore. Si potrebbe supporre che la vecchia dogana sia stata demolita, o incorporata nel fabbricato della Frumentaria; ma non trovo cenno in nessun documento di siffatta trasformazione.

In attesa della soluzione, daremo alcuni ragguagli e notizie sulla Dogana.

I Regi Ufficiali preposti alla polizia dei porti si chiamavano Doganieri, o Portolani (in catalano Mayors). Doganeportuarie, o majorie venivano chiamati i luoghi destinati a ricevere i diritti che le navi o le merci pagavano al Regio Tesoro. Sovente una sola persona cumulava l’ufficio di Doganiere e quello di Portolano. Così nota l’Amat di S. Filippo nel 1863. Ed anche Giovanni Pillito a noi dice, che Maggioraia era l’ufficio del porto, ossia la Dogana; ed il maggiore del porto chiamavasi anche Doganiere, o Portolano – come risulta da R. Carta del 1326, in cui leggesi portulani, seu Duaneri.

Abbiamo altrove notato che in Sassari, nel 1253, il Console pisano dei mercanti aveva stanza sub porticu domus regis Henthij. Rilevo dal Breve del Porto di Cagliari del 1317, che i Consoli erano tenuti a procurare una bottega nella ruga delli mercanti, dove piaceva ai Consiglieri della Città; ed in questa bottega dovevano stare le canne e le statere (misure e pesi); né potevano far giuoco nei giorni in cui si tenevano banchi o botteghe. Anche un secolo addietro, nella convenzione tra Genova e il giudice Mariano di Torres (1224), si parla dei consoli genovesi, creati per definire le cause e le liti inter januenses et sardos. Non è dunque improbabile che nei tempi antichi queste botteghe dei Consoli pisani e genovesi si tenessero sotto il portico del Palazzo Reale.

Don Pedro di Aragona, nel 1339, investiva Giacomo Texeda delle funzioni di Doganiere di Sassari. In ogni Dogana erano impiegati subalterni, guardiani di porto, scritturali e nuncii (messi incaricati della esazione dei diritti).

Le Dogane si appaltavano. Nel 1440 l’appalto delle Dogane di Sassari e Castel Aragonese venne concesso a Franceschino Saba per L. 5.500; nel 1487 si appaltarono entrambe per L. 13.000 di moneta sassarese.

Il 7 Aprile 1440 si ha un Privilegio di Don Alfonso che concede a Gonnario Gambella, e al suo successore da designarsi dal medesimo, l’impiego di Scrivano della Scrivania della Dogana, ossia Maggioria del Porto di Sassari.

Il 25 Maggio 1480 il Re ordina che cessino alcuni abusi nella Regia Dogana di Sassari, nella quale si riscuoteva dagli stranieri un diritto doppio di quello che corrispondevano i sassaresi. – Nello stesso anno abbiamo un privilegio, ratificante che nessun forestiero potesse tenere l’ufficio della Mayoria o Adoana, né alcun altro.

Nel 1459 il pittore sassarese Lodovico Pisano dipinge, per il prezzo di 55 alfonsini, le insegne della Dogana di Sassari ch’era sotto il Palazzo Real.

Dunque, nel 1452, la Dogana o Maggioria di Sassari era nel Palazzo Reale, e vi rimase a lungo, se vogliamo credere al Cossu, il quale scrive nel 1783, che in quell’edifizio erano la Segreteria del Governo e la Dogana…

Queste notizie smentiscono le asserzioni del Tola e dell’Angius, i quali scrivono, che al tempo di Fara la piazza (attuale Corso) era pur chiamata la Maggioria. Siffatto nome si dava alla località in cui trovavasi la Dogana, alla parte superiore della stessa via; e difatti il dotto storico del 1580 dice chiaro, che la bottega delle merci estere era appellata Majoria (majoriam).

L’8 Luglio 1502 il Re ordinava che si reprimesse l’abuso dei Generosi e dei Cavalieri di Sassari, i quali godevano franchigia di Dogana.

Il 4 Maggio 1529 si spendono Ls. 84,12 per riparazione al fabbricato ed ai mobili della Dogana, incendiata l’anno precedente dai francesi (destruyt y cremat por los francesos). In quell’occasione vennero eseguite per la Dogana due stadere dal fabbro sassarese Bernardino Fatazo.

Ora domando io: – qual’era la Dogana incendiata? quella di Porta Macello, o quella del Palazzo Reale? Forse quest’ultima, non certo l’edifizio della Frumentaria (come finora si credette) perché esso venne costrutto settant’anni dopo, come diremo fra breve. A me non pare possibile che le Dogane di Sassari fossero due.

Scrive l’Angius: «Il locale della Dogana di Sassari venne conceduta al Viceré D. Michele Moncada nel 1585 per stabilirvi la sua Segreteria e la Reale Udienza». – Come vedesi, l’imbroglio cresce!

Nel Gennaio 1673 era amministratore della Dogana di Sassari Pietro Antonio Maragliano.

Nel 25 Maggio 1680 il Municipio paga 24 scudi a caduno dei tre Messi (o pesadores reales de la Duana) i quali per oltre centottanta giorni avevano lavorato ad assistere, registrare e bollare tutte le mercadoias y ropas de las tiendas (botteghe) de esta Plassa. (E codeste botteghe di merci, nel suddetto anno, erano cinquantasei).

Tenti ora il lettore di trar profitto da queste mie notizie, tolte dalle Carte di Archivio, per sapere quante, e dov’erano le Dogane in Sassari. Certo è, che nel titolo di Duana, dato alla Frumentaria, non c’è da fare affidamento. Il popolo non parla che di Dogana vecchia… ma non sogna neppure la nuova o stravecchia del Palazzo Reale; – la quale risalirebbe al 1459, se il  pittore Pisano ha eseguito l’insegna fin dall’impianto – o al 1253, se vogliamo credere che Compagnus (il Console dei mercanti di Pisa) avesse proprio là, sotto il portico, l’ufficio, con le canne e le stadere.

La Frumentaria

Era così chiamato il magazzino per deposito di grano, da servire per i bisogni della popolazione. L’istituzione era antichissima. Le ville avevano l’obbligo di vendere alla città una certa quantità di grano, e la città doveva ogni anno curare l’incetta dei grani nuovi, per poi distribuirli a prezzi convenienti, badando di mantenere in magazzino la quantità necessaria per soddisfare le richieste della popolazione.

Questa quantità di grano, per un privilegio del re Don Pedro del 1362, era di 6.000 rasieri da depositarsi nel magatzen della Città, e di rasieri 400 in quello del Castell – ridotta nel 1518 a rasieri 4.000, sotto Giovanna e Carlo V. Per altro privilegio dello stesso re Don Pedro, nessuno poteva disporre del grano della Frumentaria, neanche per ragione di Reale servizio.

Ignoriamo dov’erano in origine i locali della città per il deposito dei grani. Alla fine del secolo XVI erano in vicinanza alla Porta Macello, dove tuttora esistono.

A breve distanza dall’attuale palazzo del Tribunale è un edifizio a tre facciate: una sulla via Rosello, l’altra sulla via Muraglie, e la terza sulla piazzetta verso il vicolo S. Sisto. Il fabbricato è a un piano, costrutto in pietra dura; ha una dozzina di finestre, o meglio aperture munite d’inferriate, in gran parte disposte irregolarmente – forse perché l’edifizio ha subito diverse modificazioni, come lo rivelano le traccie di alcune finestre murate. Questo edifizio ha piuttosto l’apparenza di un carcere, che quello di un deposito di frumento. L’ingresso ai magazzini del piano terreno è nella via Muraglie. Sulla sommità della porta vedonsi due stemmi inquadrati e scolpiti sulla pietra: a destra la torre (arma di Sassari), a sinistra i quattro pali sormontati da una corona (arma di Aragona, pure usata dalla Spagna). Dalla piazzetta si accede ai vasti magazzini del piano superiore per mezzo di una scala esterna a due rampanti, fiancheggiata da un parapetto di pietra.

I magazzini superiori, formati ad arcate, sono sotto tetto, senza soffitto, come lo erano in origine. Lungo i pavimenti si vedono ancora le bòtole, ossia le piccole aperture quadrate, chiuse da una lastra di pietra, le quali servivano per far cadere il grano nel piano inferiore, nel giorno destinato alla vendita. Il grano doveva introdursi nel mese di Settembre nei magatzens (chiamati horrei in latino, e botigias in sardo, come leggo nei suddetti privilegi).

Prima del secolo XVI il Municipio aveva i magazzini in diversi punti della città, per la maggior parte presi in affitto. Forse anticamente si serviva dei magazzini propri, ma non ne trovai menzione in alcuna carta.

Scrisse l’Angius, che fin dal 1597 i portici della Beccheria erano in vicinanza di Porta Rosello, e che vi rimasero fino al 1607, anno in cui il Municipio li traslocò altrove, avendo deliberato di costrurre in quell’area i magazzini della Frumentaria. In questa notizia vi è un errore di data. Dò alcuni ragguagli tolti da documenti autentici.

Nel colloquio del 4 Giugno 1593 io leggo: «Volendo costrurre sos magasinos della Città, si delibera di acquistare sas domos de su Rev. Abbate de Saccargia, poste in Corte de Lardu, vicino al palazzo del Magnifico Giurato Capo Dottor Sanatello, in Corte detta de su Abbadepro qui dictu logu paret comudu et conveniente pro dictu effectu…». – Pare dunque che la prima intenzione fosse quella di costrurre i magazzini nella vicinanza della Casa comunale, nella via del teatro, verso il portico e largo oggi chiamato della Murighessa.

1594 (24 Settembre). – «Si delibera di nominare unu magasinieri qui tenzat contu dessu trigu dessa Cittade qui hat a immagasinare pro provisione dessu pobulu, come in Cagliari e in Alghero». – Ed infatti, la prima istituzione del Clavario della Frumentaria risale al 1594, come notò pur l’Angius.

1596 (26 Gennaio). – «Siccome acquistando case di privati si va incontro a forte spesa, così si delibera di valersi del Baluardo che è al fianco del Portal de Rosello, essendo proprietà del Comune. Esso si dovrà svuotare (buidar) per adattarlo a magazzino di grano; e si ordina di cominciare subito quest’opera tan utilosa nel Baluardo, o in altro posto, prendendo i danari a censo. Intanto si comunica, che nei magazzini sono giacenti 2.200 rasieri di frumento». – Il detto Baluardo esisteva intatto nel 1580, ai tempi del Fara.

Ai 7 di Luglio del 1597 si cominciano i lavori; ma io non so dirvi se si servirono del Baluardo, il quale certamente comprendeva tutta quella piazza, allora terrapienata. Le numerose note di spesa hanno questa intestazione: – Nota de faina pro faguer sos magasinos que si sunt determinados de faguer in su Masellu pro imagasinare su trigu qui hat a leare pro provisione dessu pobulu de sa presente cittade.

Queste spese continuano per tutto l’anno 1598; e così fino ai primi del 1608, con una somma totale che oltrepassa le Ls. 10.000 (circa 20 mila odierne). Non è improbabile che i lavori si facessero in due periodi, ampliando in seguito l’edifizio. Nelle note si accenna ad oltre 8.000 tegole; a tres arcadas; a sos duos magasinos; a pietra che doveva scavarsi (bogare) dalla Carneceria (macello); a numerosi mastros, mastros de palita e maniales (manovali). E pare che nel Febbraio del 1608 l’opera fosse terminata, poiché si pagano Ls. 50 di fitto alla signora Guisabella Sanatello, per fitto di un magazzino nel suo palazzo, dal quale venne trasportato il grano ai magazzini costrutti in su Masellu.

Rilevanti sono le somme pagate dal Comune per i magazzini presi in affitto, prima e dopo la costruzione della Frumentaria – certo perché i nuovi locali non erano comodi, né sufficienti per il deposito di tutto il grano. Si pagarono fitti nel 1557 a Don Paolo de Fundoni ed a mossen Nigola Pilu (il quale dichiara che voleva esser pagato anticipatamente!); se ne pagarono nel 1574 a mastre Antoni Cossu Pala; nel 1607 a Proto Cassaggia, a Grazia Virde, ad Antonio Canna, e alla vedova di Matteo Sanatello; nel 1609 al Magnifico Dottor Francesco Giagarachiu, avvocato fiscale ed uno dei dottori della Reale Udienza; alla vedova di Angelo Cassaggia; e così a tanti e tanti altri, i quali ritraevano una buona rendita dai propri bugigattoli, dove il grano ammuffiva. Nel 1767 trovo ben 14 magazzini, fra i quali quelli delle Clarisse, di Fraya, di Pica, de Esgrechiu, de Mura, de Scardachu, di Devilla, dell’hospital, del dottor Branca, di Pilo, Zampello, di Tealdi, di Donna Rosalia Brea. I brogli per favorire gli amici non mancavano certo nel Municipio!

Nel 1629 si hanno nei magazzini della città 1.566 rasieri di grano, fra quello dello scrutinio e la compra che si era fatta.

Nel 1633 si parla già di riparazione del magazzino della Città en la puerta della Carneceria, dove non ci sta più grano – motivo per cui si prende in affitto il magazzino del Magnifico Nobile Don Francesco Esgrechio. Non bastando questo, si delibera di mettere il grano nella Loggia della Città; poi nei magazzini dell’Ospedale; ma siccome si osserva che questo è troppo umido, si finisce per ricorrere, mediante pagamento, ai magazzini del Magnifico quondam Don Battista Figo, ed a quelli del Tesoriere civico Don Francesco Puliga Spano.

Sebbene abbastanza vasti, pure i magazzini costrutti non rispondevano alle esigenze della Frumentaria. Nel colloquio del 24 Marzo 1680, il Giurato Capo espone: – «Siccome per costrurre les almasenese (magazzini) del grano la Città ha speso una gruessa cantidad de dinero, la quale torna solo a vantaggio del Clavario, poiché nelle stanze de abaxo (di abbasso) ed in quelle de arriba (di sopra) il grano si guasta per la troppa humedad (umidità); e perché per questo motivo la Città vedesi costretta a spendere ogni anno trenta o quaranta scudi per il fitto di magazzini privati; così io propongo che il Municipio acquisti la casa di Tomas de la Rocca, oggi posseduta da Mastro Tomaso Andriolu, pagandola a prezzo di perizie; e, dopo averla acquistata, si demolisca per farvi un passaggio, o via (calle pasadisa), in modo che l’edifizio rimanga isolato, aprendo altrettante finestre in corrispondenza a quelle che danno alla Carrera major. Con tale acquisto – dice il Capo Giurato – oltre al risparmio del fitto da pagarsi ai privati, potremo destinare un posto riservato, o botteghe (un retrete, o tiendas) alla vendita del pesce (del pescado) come usasi in tutti i paesi civili (en todas buenas partes). I danari che ricaveremo dai materiali della casa atterrata verranno spesi per il miglioramento della stessa Frumentaria».

La proposta del Capo Giurato era ottima; ed infatti i Consiglieri si affrettarono a inviare sul posto un perito; il quale dichiarò, che oltre la spesa per l’acquisto della casa di Andriolu, abbisognavano altri 500 scudi per restaurare la Frumentaria ed aprire la nuova strada. Questo bastò per sospendere ogni pratica sull’isolamento dell’edifizio.

Nel 1682 – e così per tutto il secolo – continuarono le lagnanze per il grano ammuffitto nei due magazzini de abaxo e de arriba – e specialmente in quello vicino alla scalera esterna. Si provvede per evitare il crollo della parete che dava alla scala; si nominano periti, su proposta del Viceré, per studiare se è possibile dividere orizzontalmente i magazzini con un sostre (solaio a tavole), in modo da potervi depositare 5.000 rasieri di grano, parte nel piano superiore e parte nell’inferiore. E, in conclusione, non si ascoltò che il consiglio del Clavario, il quale propose che si prendessero in affitto altri magazzini: quelli di Don Francesco Sanatello, di Giuseppe Escano, di Don Giovanni Antonio Martinez, di Don Giovanni Esgrechio, di Don Giorgio Delitala.

Il secolo XVIII non fu meno ricco di riparazioni, di peripezie, di lagnanze generali per il grano che si ammuffiva nei magazzini, gonfiandosi a vantaggio del Clavario.

1759 (30 Settembre). – Nella rivista dei grani di quest’anno, oltre la Frumentaria, si teneva il deposito nei magazzini di Gavino Sanna, nella via del Marques de Mores; di Don Angelo Cugia, nella Carra grande; di Donna Rosalia Brea, in Carrera longa; di Don Giuseppe Quesada, in via Coroledda; e di Don Alivesi, nel Collegio.

Nella sommossa del 1780 i popolani presero d’assalto la Frumentaria danneggiando il fabbricato, le porte e le finestre; vi rubarono centinaia di rasieri di grano, e portarono via anche i mobili, compresa la corbula e l’imbuto.

1780 (20 Settembre). – Si delibera di fare le graticole alle finestre superiori della Frumentaria, perché facilmente entrano gli uccelli a divorare porzione del grano. (E forse gli uccelli erano i Cassieri!).

La benefica istituzione, così cara al popolo, continuò a funzionare con alterna vicenda fino al 1833 – anno in cui la Frumentaria venne soppressa, e il Municipio affittò i locali a privati.

Da quell’anno in poi – e specialmente dopo il 1848 – il fabbricato servì di disimpegno alla Città; la quale, fra gli altri usi, la cedette per caserma provvisoria ai soldati del 17° Fanteria, durante lo stato d’assedio del 1852; poi, nel 1880, l’affittò ai fratelli Clemente, che vi tennero il laboratorio per alcuni anni; in seguito fu proposto di adattarla a Scuole elementari. Ivi si tennero più volte le riunioni del Consiglio di Leva, ed altre adunanze; finché nel 1889 divenne la Sede dell’Unione popolare, come lo è oggi. Vi si parla di tutto… fuorché del frumento. Quale in avvenire sarà il destino dell’edifizio della Frumentaria, né io, né altri, sappiamo dirlo!

La Munizione

Si dava questo nome ai locali destinati per deposito di vettovaglie, vestiario od armi, da provvedersi alle milizie di stanza a Sassari; e forse, in tempi più recenti, ai soli magazzini in cui si manipolava e si cuoceva il pane detto di munizione, che si provvedeva ai soldati del presidio, ed anche ai prigionieri.

Dove fosse questa Munizione non mi risultò da nessun documento: certo è che il magazzino della fabbrica del pane doveva esistere nel rione, che fino ad oggi ha conservato il nome di Munizione vecchia – cioè nel prolungamento della Via Insinuazione, che sbocca in via Arborea, quasi di fronte all’Asilo Infantile. Nel 1767 l’Intendente ordina il pagamento di Ls. 3.160 all’Impresario della Munizione Domenico Branca, per razioni di pane provveduto ai prigionieri nel triennio dal 1763 al 1766. Risulta pure, che nell’Ottobre del 1823 l’Azienda civica era in credito di circa Ls. 37.800 dalle Regie Finanze, per somministranza di grano fatta alla Regia Munizione.

Altri magazzini, però, per munizione di vettovaglie, armi e vestiario, esistevano in tempi più antichi – forse nello stesso punto, in qualche vicina torre, o addossati ad una delle muraglie di cinta dello stesso rione, demolite verso la fine del secolo XVI per erigervi il secondo convento dei Domenicani.

A me pare strano che un magazzino di munizione militare per vettovaglie, armi o vestiario, siasi costrutto nello stesso sito di quello del pane, quando nel Castello si avevano tanti vasti e più sicuri locali da destinarsi a tale scopo. Il titolo di Munizione vecchia potrebbe attestare ch’essa era antichissima, e che venne soppressa per farne una nuova, forse dentro il Castello. Ma qui ci troviamo nello stesso caso della Dogana vecchia, ricordata dal popolo, il quale dimenticò la nuova, che, viceversa, era più antica! – Ad ogni modo darò alcuni ragguagli su questi magazzini, che hanno una certa importanza storica.

Non credo improbabile che la Munizione appellata vecchia siasi qualche volta confusa coll’antichissimo magazzino del Castello, dentro il quale, per il decreto emanato nel 1362 dal re Don Pedro, volevansi depositati 400 rasieri di grano, oltre i 6.000 da custodirsi nei magazzini della Città.

Con altra carta precedente, del 1354, lo stesso re Don Pedro commendava lo zelo dei cittadini di Sassari «circa salvationes, custodiam et tuitionem ipsius civitatis in faciendo et fieri ordinando victualium magatzenis in prehabita civitate» a loro proprie spese; ed ordinando che il Governatore di Sassari, od altro R. Ministro, non si potesse servire di quelle provviste contenute in magatzenis, che unicamente per la difesa e sicurezza della città, la quale alias ob defectum victualium in extremum vel quasi ultimam perditionem adducta extitit.

A che allude questa carta reale? Al magazzino delle vettovaglie, della munizione, o del frumento? Ma dov’era questo magazzino che i sassaresi costrussero a proprie spese nel secolo XIV, per salvezza, custodia e difesa della loro città?

Un secolo e mezzo più tardi, io trovo menzione di un magazzino costrutto per servizio o provvigione della Città, ma non so veramente se abbia relazione con quello del 1352, o 1362. – A tergo della casa del Conte di San Pietro, in via Usai (oggi proprietà di Maurizio Pintus), sulla facciata che dà verso il giardino interno, vedesi un’antica lastra di pietra dura, che risale al 1501. In essa leggesi la seguente iscrizione, scolpita in caratteri semigotici:

Sub anno ab Incarnacione D.ni MDI, Magnifici viri Antonius Contena, Nicolaus Pilo, Antonius Angos, Johannis Soia, Georgio Marras Hogano, Consiliari civitatis Sassaris, emerunt et fabricarunt Domus hanc pfzvjcio huius civitatis.

La penultima parola è per metà abbreviata con una sigla, in cui parmi di leggere pro serviciopro provicio, o pro fruiciò.

Ma dov’era questa casa, prima acquistata e poi rifabbricata, a servizio, a vantaggio, o a fruizione del Comune, dai consiglieri del 1501? Surrogò essa quella del 1354, forse demolita?

Il capo giurato di quell’anno, Antonio Còntena (in seguito Contini), era il cognato del Viceré Ximene Perez, assassino della propria moglie Rosa Gambella verso il 1483. Questo Contena aveva ereditato i beni del Viceré, e forse si valse della sua influenza come Capo Consigliere per vendere al Municipio quella casa, proprietà sua, o della moglie Maddalena Gambella.

Ma dove mai il Marchese di S. Sebastiano (che fabbricò quella casa verso il 1830) rinvenne quella lastra del 1501? Era in quel sito stesso? o nella vicina torre, incorporata poi nella sua carrozziera?

Oppure fu trovata lungo le muraglie che sorgevano nell’area occupata dal convento dei domenicani? Nessuno storico, né archeologo, che io sappia, ha fatto mai menzione di quella lapide, la quale parmi interessantissima, e degna di una gelosa custodia.

Verso il 1630, Don Pedro de Moros e Molinos, oltre il titolo di Mayordomo de Artilleria, aveva pur quello di Municionero Major del Capo di Sassari e Logudoro, e dava conto della polvere, lancie, picche, spade, ecc. ch’erano depositate nella torre del castello.

Anche in una pergamena del 1689 io leggo, che il re Don Carlo nominava Don Francesco dell’Arca all’officium Fautoris et Custodis annonae et aliorum commeatuum pro rebus bellicis, vulgo Municionero mayor.

Tutto questo mi fa supporre: o che la Munizione fosse unica, più volte modificata nelle sue attribuzioni e relativi servizi; – o che le Munizioni fossero parecchie (regie e comunali), confuse in una sola dal popolo, col volgere dei tempi.

Altri ragguagli non so dare sulla Dogana, sulla Frumentaria e sulla Munizione. Ponendo in raffronto le diverse notizie da me fornite, può darsi che il lettore riesca a stabilire il vero, mettendo a posto i tre edifizi.