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Macellai e mattatoio

Macello

Fin da tempo antico il Macello di Sassari era nelle vicinanze di Porta Rosello ed infatti l’articolo 62 degli Statuti del 1295 prescriveva ai macellai di vendere la carne in sa taverna dessu Comune, presso le muraglie della città, assa porta de Guruselle; e nello stesso articolo era detto: «ciascun macellaio venda sa petha (carne) in su Masellu et locu ordinatu, et non in domo (nel Macello e luogo designato, e non in casa)».

E’ probabile che in seguito la vendita delle carni siasi effettuata per diversi anni in altro sito, forse per tener sgombre le muraglie, in seguito all’assalto dei francesi nel 1527. L’Angius nota che il Macello e la vendita della carne si faceva sotto i portici, o porticales, della via maestra fino al 1597, anno in cui il Municipio assegnò ai macellai un posto speciale verso la Dogana vecchia; di là furono tolti e passarono in altro sito vicino, quando nel 1607 si costrusse l’edifizio della Frumentaria. – L’Angius ha confuso certamente le date, poiché la Frumentaria (come altrove notai) fu costrutta nel 1507, e terminata verso il 1608.

Il Sisco nota, che il Macello e la Beccheria vennero costrutti nel 1617 – un anno prima che si allargasse la Porta Rosello. Certo è che nel 1294 esisteva vicino a questa Porta, la quale ne conservava il nome anche tre secoli dopo. Il Fara nel 1580 scrisse: «porta Uruselli, etiam Macelli appellata». Il Macello, formato di riparti in muratura, venne pur chiamato Carnaceria, e più tardi Beccheria.

Notizie a spizzico

Il Consiglio Maggiore, il 1° Settembre 1613, deliberò di fare il Macello nel Torrione grande.

1629 (Giugno). – I consiglieri raccomandano di appaltare les casetes (ca-sette, o riparti) della Carnaceria.

1637 (7 Novembre). – «Si rifacciano sos porchos (porticali o portici) che sono crollati nella Carnaceria, e si riparino gli altri che minacciano rovina. Si fabbrichino pure le porte di fuori della Duana, poiché di là si reca molto danno ai macellai». (Questo prova, che il Macello comunicava colla vecchia Dogana, ch’era vicinissima alla Frumentaria).

1675 (9 Agosto). – «Si propone in Giunta di accomodare la Carneceria, e di coprire le tiendas iscubertas (le botteghe, o banchi, ch’erano senza tettoia).

1695 (Aprile). – Si ordina di accomodare el portal (portone) della Carneceria, poiché i macellai si lamentano che la porta è sfasciata. Essi dicono che pagano il fitto delle tiendas, mentre sono costretti a tenere uomini di guardia durante la notte, per impedire che i ladri rubino la carne. Queste tiendas si ripararono nel 1702.

1781 (Agosto). – Si fanno riparazioni alla casa della Beccheria ed alla muraglia, a cui è addossata la prigione dei cavalli, verso l’interno della città. Altri restauri d’importanza si fanno dal 1700 al 1808.

1823 (6 Luglio). – Stromento per la nuova Beccheria col muratore Eugenio Somazzi, continentale, per 6.370 scudi. Si obbliga di darla collaudata al 31 Dicembre 1824. Il progetto è dell’Ingegnere Dervieus. -Volendo ampliare i locali, si acquista nell’Agosto un palazzotto, di proprietà di un beneficiato, per costrurre il nuovo Macello, dopo demolito il vecchio.

Continuano per quattro anni i lavori del Nuovo Macello, attorno al quale nel 1825 si pratica uno scavo, con la spesa di Ls. 880. Nello stesso anno si fanno i rastelli alle botteghe (Ls. 543). Dal 1824 al 1826 si pagano per i lavori fatti oltre Ls. 17.000 all’impresario Somazzi, e Ls. 339 per un Peso grande. S’incarica il falegname Tola di disfare il Macello provvisorio, e si ordina di eseguire una tettoia.

1831. – Si stanziano in Bilancio L. 4.475 per la costruzione di un grande magazzino sul terrazzo del Macello, allo scopo di evitare che le pioggie danneggino le volte delle sottostanti botteghe della Beccheria. Per riparare il terrazzo costrutto sul Macello, nel 1844 si pagano Ls. 2.878 al muratore Proto Olia.

Nel Giugno del 1840 si fa un progetto per l’ingrandimento del Deposito del bestiame; nel 1851 si propone l’allargamento del Mercato e della Beccheria; nel 1863 si apre il Nuovo Mercato, in cui sono comprese le botteghe per la vendita della carne.

Macellai e carne

Negli Statuti del 1294 era vietato ai macellai di gon-fiare, o far gonfiare la carne a sufflu (col soffio per mezzo di un cannello). I macellai erano obbligati di gettare fuori di porta, nei posti indicati, la bruttura, le corna, e gli altri avanzi delle bestie ammazzate. Era loro proibito di vendere le carni nelle domeniche e nelle altre feste solenni.

1506. – In quest’anno la carne di vacca non si poteva vendere più di cinque centesimi la libbra; quella di montone non si pesava mai, ma si vendeva a quarti, precisamente come nel secolo XIV.

1550 (Aprile). – Stante la carestia dei montoni, il Viceré ordinò che i villaggi del Logudoro ne mandassero a Sassari 4.000, incaricando gli ufficiali delle singole giurisdizioni di fare il riparto tra i vassalli, ai quali si pagavano al prezzo fissato dalle Reali Prammatiche.

1596. –  I macelli di Sassari erano due: uno tenuto dal Municipio, l’altro dipendente dalla Santa Inquisizione, nel quale si vendeva la carne migliore (!).

1596 (8 Gennaio). Il Viceré Conte d’Elda scrive al Governatore di Sassari di aver provveduto alla mancanza della carne, ordinando ai villaggi la spedizione di 200 vacche ogni anno, così ripartite: – da Osilo 2 – dall’Anglona 5 – da Ploaghe 5 – dal Meilogu 3 – da Oppia 3 – da Siligo 6 – da Monteacuto 34 – da Bitti 20 – dal Goceano 25 – da Nuoro 25 – da Orani 20 – da Costavalle 20 – da Giave e Cossoine 10 – da Ittiri e Uri 6 – da Monteleone 6. – Queste vacche (pagate a Ls. 7 cadauna) dovevano esser buone, come quelle che solevano somministrarsi al Macello del Santo Ufficio ed ai Consiglieri del comune (?!).

1642. – l sindaco di Sassari fa instanza in Parlamento, perché sia permesso a chiunque di macellare e vendere bestiame in Sassari, abolendo in proposito qualunque privilegio.

1660 (5 Giugno). – I Consiglieri si recano in corpo alla Carneceria per appaltare le botteghe al miglior offerente. Le botteghe erano diciotto, di vario prezzo. Quella del Baluardo di fuori, la privilegiata, venne concessa a Tomaso Andrioli per Ls. 252 annue. Le altre diciassette, in complesso, si appaltarono per Ls. 326. – Per l’appalto di queste botteghe i Consiglieri si riunivano spesso nella Loggia di città, come trovo anche nel 1714.

1700 (23 Giugno). – Lamenti e proteste contro un cierto cavallero, perché si era impadronito di un banco di vendita, non permettendo ad altri di occuparlo. Il Municipio ordinò, che il banco speciale, lasciato a disposizione dei cittadini, fosse tenuto a turno per una sola settimana. (Le carte tacciono il nome di quel cavaliere macellaio!).

1705 (Coll. 6 Febbraio). – I ministri della Curia ed i Seminaristi pretendono si venda loro la carne a un cagliarese in meno la libbra. Si delibera di ricorrere al Governatore.

1717 (Agosto). – I macellai chiedono al Governatore il porto d’armi (già vietato con Pregone) perché dovevano recarsi nei villaggi per la provvista del bestiame.

1718 (26 Aprile). – Per evitare le frodi frequenti, il Municipio ordina di vendere la carne agli ecclesiastici, mediante buoni firmati dai medesimi. Il Vicario Generale si oppone, e lancia la scomunica ai macellai. Il Consiglio delibera di mantenere in vigore il decreto emanato. – A questo proposito risulta, da carte del 1514 e 1528, che gli ecclesiastici, da tempo antico, erano immuni dalla gabella della carne. Bastava dichiarare semplicemente che la carne introdotta apparteneva ad un ecclesiastico, perché non pagasse (così venne deliberato nel 1526). – Verso il 1636 si pensò di togliere questo diritto con parere favorevole dei Gesuiti (1635), ma la Sacra Congregazione (1663) ordinò che si continuasse il privilegio.

1753. – In quest’anno trovo diverse Commissioni Municipali, incaricate di esaminare le carni che si vendono dai macellai, ai quali applicano numerose contravvenzioni. E così nel 1770.

1781 (23 Novembre). – Il negoziante di carne Antonio Carboni si obbliga di somministrare ogni venerdì e sabato la carne bovina agli ammalati a un soldo la libbra, e la carne di montone a otto cagliaresi. Pretende però la privativa.

1789. – L’articolo 12 della Castalderia obbliga i macellai a pulire ogni giorno i propri banchi ed a spazzare il Macello ogni giorno festivo.

1789 (12 Giugno). – Per risarcire il danno della mancanza della carne, dovuta alla mortalità del bestiame, da Cagliari si consiglia di sopprimere con Regia Provvidenza la eccessiva consumazione che di essa si fa nelle feste rurali, tanto più che quella carne è pressoché tutta rubata.

1812. – Il Governatore scrive al Viceré: «Per occorrere agli urgenti bisogni della classe miserabile e famelica, e per diminuire la distribuzione del pane (?), si delibera d’invitare i benestanti a contribuire con L. 6, all’apertura di cinque macelli a benefizio dei poveri, negli stessi luoghi dove si vende il pane, fissando la carne al prezzo più basso possibile. Il compratore dovrà esser munito di un biglietto del Rettore di ogni parrocchia». – (Era l’anno della fame, e il pane costava molto più della carne).

1816-1817. – Moltissimi proprietari di Ozieri portano a macellare centinaia di capi bovini e vaccini alla Beccheria di Sassari, obbligandosi di vendere la carne al prezzo di dieci cagliaresi la libbra. Fra essi sono il notaio Borra, Antonio Campus e Giovanni Bua. In media si macellavano da 9 a 14 buoi al giorno.

1821. – Era proibito di ammazzare alcuna bestia, senza la presenza del Mazziere municipale di settimana.

1823 (Maggio). – I macellai si lamentano che loro manca lo smercio, e protestano contro l’impresario del Macello, il quale faceva ammazzare per la truppa un numero di buoi maggiore del bisogno.

1824 (5 Novembre). – Stromento di appalto per l’abbasto della carne nella nuova Beccheria al negoziante Matteo Salis del villaggio di Ozieri – con privativa di tutti i Banchi, eccettuati quelli denominati dell’Agricoltore e del Proprietario, a disposizione del Municipio, senza che l’appaltatore vi avesse alcun diritto.

1837 (Maggio). – Si chiede l’autorizzazione di prelevare dalla Cassa Civica 2.000 scudi, da tenere in riserva per acquisto di bestiame, stante il mancato appalto del Macello.

1848. – In quest’anno il prezzo della carne grossa era da 15 a 20 centesimi la libbra. Scrive l’Angius che nel Macello erano quattordici banchi, e bastavano, perché le famiglie delle classi povere non mangiavano carne. Si consumavano allora circa 4.100 capi fra bovini e vaccini all’anno. E dire che oggi, con una popolazione quasi duplicata, non si macellano che circa 2.800 capi all’anno! Dunque i sassaresi, mezzo secolo fa, consumavano maggior quantità di carne! Oggi (1909) la carne di bue non si vende a 10 né a 20 centesimi la libbra, ma a 70; e quella di agnello, che un tempo si vendeva a quarti, oggi costa a 50 centesimi la libbra.

Ammazzatoio

Anticamente i buoi si ammazzavano all’aperto, sotto gli occhi dei curiosi che accorrevano a quello spettacolo sanguinoso. Ordinariamente il punto preferito era il ciglione di Baddimanna, verso Rosello. Un vecchio mi riferì di aver veduto sgozzare i buoi dinanzi il vecchio Castello, dove stanziava la truppa, a cui la carne era destinata.

1826 (Aprile). – Si pagano Ls. 15 all’ortolano Luca Sanna Masala, quale compenso per l’uso che si fa del suo orto per ammazzarvi il bestiame che si porta al Mercato provvisorio.

1827 (Febbraio). – Ls. 25 all’ortolano Perantoni, per il danno sofferto nel suo orto, prescelto dalla Città per ammazzatoio, poiché in parte non può coltivarlo. – Nell’Aprile dello stesso anno si costrusse una loggia per ammazzare i montoni, spendendo Ls. 15.

1838 (20 Settembre). – Si dà l’appalto dell’Ammazzadoggiu nell’orto di Rosello all’ortolano Giovanni Pinna, per un triennio o sesennio, al prezzo di Ls. 195 all’anno.

1850. – Per la prima volta, nella seduta del 18 Settembre il Consiglio deplora la mancanza di un Ammazzatoio per il bestiame, in ogni tempo raccomandato dal Governo, non solo per l’igiene pubblica e per la sicurezza degli abitanti (non di rado inseguiti dai buoi o vacche che sfuggono alla scure) ma anche «per togliere alla vista del pubblico uno spettacolo che disponeva gli animi al barbarismo, alla immoralità, ed alla indecenza, oltre il cattivo gusto che produceva nella carne degli animali, morti con tanta persecuzione e violenza». – Si discute in seguito il progetto presentato da una Società di azionisti, i quali si obbligavano di costrurre un macello con annessa mandra e casolari, a condizione che il Municipio concedesse loro il diritto di 20 centesimi per ogni bovino, e di 5 centesimi per il bestiame minuto macellato. Dello studio viene incaricato l’ingegnere civico.

1851 (16 Gennaio). – Si esamina in Consiglio il progetto per l’Ammazzatoio da costrursi sulle falde di Baddimanna, in continuità all’abbeveratoio di Palmavera (strada in mezzo) fino al portone del giardino della Contessa di San Placido. La spesa è di L. 9.000; e dopo alcune sedute si delibera di costrurlo per conto della Città, facendo a meno degli azionisti.

1854 (Luglio). – Proponesi la demolizione delle arcate ad uso Ammazzatoio del bestiame minuto, esistenti di fronte alla chiesa della Trinità; e si delibera di abbatterle «perché ormai quel sito è uno dei migliori di Sassari, e si vuole allontanare dal popolato persino le vestigia di un pubblico ammazzatoio».

1858. – Dopo quattro anni di silenzio, l’Intendente, nel Luglio, scrive una lettera al Municipio, eccitandolo a costrurre l’acquedotto ed un ammazzatoio fuori dell’abitato. Ma il progetto si lascia dormire per un altro decennio.

1868 (Novembre). – Si propone di risparmiare il fitto di L. 250 che si pagava al Cav. Enna per il terreno adibito alla macellazione e si delibera di costrurre un Ammazzatoio in Baddimanna, con la spesa di L. 3.000, servendosi del materiale delle tettoie, già demolite di fronte alla Trinità.

1869 (Febbraio). – Approvazione del calcolo e capitolato d’appalto per un Ammazzatoio del bestiame e mandria di Baddimanna, con spesa di L. 2.200. Il terreno, lungo circa 41 metri e largo 24, conteneva una tettoia sorretta da pilastri, due riparti per la mandria, ed una casetta per il custode. (Opera veramente grandiosa!).

Trascorsero così dieci anni; ma l’Ammazzatoio non rispondeva ai bisogni né alla decenza. Nel 1879 l’architetto Agnesa presentò un nuovo progetto; altro ne presentò l’ingegnere Senatori; ma il Consiglio li respinse entrambi nel Giugno del 1885, incaricando l’ufficio tecnico di compilarne un terzo.

1892 (Aprile). – Si nomina una Commissione per studiare un progetto dell’ingegnere Solinas con la spesa di L. 150.000. Nel Luglio dell’anno seguente (1893) Maurizio Pintus presenta una proposta di costruzione dell’ Ammazzatoio.

1895 (Febbraio). – Il Municipio fa compilare un progetto dall’ufficio tecnico, che si discute nel Marzo, rivedendo i precedenti progetti di Agnesa, Senatori, Righi, Frassetto e Pintus. Quest’ultimo, a cui si dà la precedenza, dichiara che la spesa non oltrepasserà le L. 125.000. L’Ammazzatoio doveva farsi nella Crocetta, verso il Molino a vento; alcuni lo vorrebbero in Baddimanna, altri nel Balsamo. Nel Luglio, intanto, si bandisce l’asta sulla base di L. 81.444, ed è concesso a Gavino Pilo.

1897 (Febbraio). – L’Ammazzatoio è terminato; ma se ne sospende la inaugurazione per contestazioni sorte. Il 25 Luglio 1898 si fanno le prove della mattazione di due bovini. La inaugurazione ebbe luogo nel Gennaio del 1899, ed il collaudo nel Marzo del 1901.

L’edifizio comprende: tre Macelli per bovini, ovini e suini; una pelanda ed una tripperia; i riparti per le caldaie a vapore e per gli attrezzi, ed i locali del Direttore, del Veterinario e del Custode. – Contiene pure le stalle per i buoi e per i suini, e quelle di osservazione; la scuderia per i cavalli; i magazzini per deposito di pelli e del grasso; la fienaia e la concimeria. Lo stabilimento è provvisto di canali e tombini a sifone, e di abbondanti getti di acqua per la pulizia e per l’igiene. Il disegno e progetto dell’edifizio sono dell’ingegnere Canalis; l’assistenza tecnica dei lavori fu affidata al geometra Antonio Satta; l’assuntore dell’opera fu Baingio Pilo. Il costo del Mattatoio ascese a circa L. 95.000.