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Fabbriche e industrie

Fabbrica di tessuti

Risulta che nel 1300, al tempo della Repubblica, si fabbricava in Sassari panno lombardiscu; si ha pur menzione di tela finissima, di fustagno rigato, e di orbace. Per questo genere di tessuto sono oggi rinomati alcuni paesi vicini, e specialmente Osilo.

Nel 1580 avevano preso incremento a Sassari alcune fabbriche di stoffe, impiantatevi dietro l’accresciuto numero di filatoi.

1595 (29 Maggio). – Si delibera di proporre in Consiglio Maggiore, che per far fronte all’onere di Ls. 4.000 imposto alla città (?) si metta un diritto sulla tela che dalla medesima si esporta, e così pure sulle pelli e cuoi conciati e senza conciare, come parrà meglio.

Il Cossu nel 1780 loda le tele di lino tessute a Sassari e le chiama le più compatte e fini di quante altre si fabbricassero in altre parti dell’Isola.

Nel 1834, per incitamento del Governatore Crotti, il Municipio prese in affitto un locale nella via dell’Università, per stabilirvi una fabbrica di tela a scacchi, che il tessitore Giacomo Raimondi aveva chiesto d’impiantare, obbligandosi di formare allievi. L’industria durò poco tempo, poiché non corrispose al risultato ripromesso.

Tegole e mattoni

Una delle fabbriche più antiche, di cui si fa menzione negli statuti del 1294, è quella delle tegole e mattoni, per i quali si ordinava che si dovessero vendere ben cotti, grandi e ben fatti, stabilendone anche il prezzo di vendita a 4 soldi il centinaio e più.

Nel 1595 il Municipio deliberò d’imporre il diritto di 2 soldi per lira su diversi generi di terraglie, fra cui sui congius (conche), discaspiattos, fabbricati in Sassari o nel suo distretto. Sovrastanti alla fabbrica delle teulas e mattones erano nel 1596 Agostino Cagnazu, Antonio Niolu, Gio. Antonio Tavera e Giovanni Niolu. Tra i principali tegolai, teulargius, erano allora Quirico Campu, Pedru Canazu e Francesco Zapinu, i quali vendettero al Municipio 6.000 mattoni.

1815 (Novembre). – Si parla nel Consiglio del privilegio che godeva la città di far esporre per tre giorni alla pubblica vendita tutta la terraglia che s’importava per essere esitata altrove. Nel Giugno dello stesso anno, il Municipio ricorse al Governatore, lamentando che la mancanza di tegole e mattoni era tale da rendere impossibile di fare le necessarie riparazioni alle case e da doversi lasciare incomplete le opere edilizie incominciate. Indetta una gara di produttori del genere, si presentò soltanto tale Giuseppe Luigi Fogu.

1831. – Supplica al Re per l’impianto di una fabbrica di terraglia fina e di cristalli. Giacinto Ferro di Savona afferma di aver trovato in Scala di Ciogga, in vicinanza di Osilo, terre argillose e calcaree per mattoni e tegole, migliori di quelle di Marsiglia (?); più altre terre alluminose presso Alghero e l’Argentiera; silice a Martis, quarzo presso le saline, quarzo cristallizzato presso Osilo, il tutto per stoviglie di prima qualità, di quella terra che si dice terra di pipe.

1852 (Dicembre). – I fratelli De Longiave offrono, come saggio al Municipio (dal quale ricevono elogi ed incoraggiamento), tubi e pianelle di una loro fabbrica impiantata a Portotorres.

Nel 1848 l’Angius scrive che in Sassari vi erano allora tre fabbriche di tegole e mattoni; una sul monte Rosello, altra alle Punte, verso Portotorres e la terza, temporanea, verso il Pozzo di Rena. Appartenevano ai fratelli Fogu, ai quali servivano per le costruzioni che facevano per conto proprio. I prodotti di tali fabbriche però (nota lo stesso scrittore) sono pessimi per la cattiva manipolazione e la mancanza di giusta cottura. Da ciò la necessità di ricorrere a Cagliari, a Livorno o a Marsiglia per questi laterizi.

Sono poche anche attualmente le fabbriche di buone tegole e di buoni mattoni a Sassari. Pochi anni or sono il Cav. Andrea Tola ne impiantò una di qualche importanza nella regione Latte dolce, ma non tardò a decadere per mancanza di capitali.

Concerie

Delle concerie esistenti in Sardegna nel 1300 non abbiamo particolari, sappiamo tuttavia che per conciare un cuoio grande di bue ci volevano 8 soldi, e per una pelle di cervo o di capriolo soldi 3. Non si poteva a quel tempo tener concia entro Sassari, né nelle vallate di Rosello, né altrove, oltre le due concie privilegiate entro città: quella di S. Nicola e di Mastru Olideu.

1560 (24 Maggio). – Il Capitolo autorizza che si faccia sa conza in Funtana de bidda da Mastru Tavera.

Fra i diritti del Municipio deliberati nel Novembre 1595, sono compresi quelli sui cuoi e sulle pelli di bue, di vacca, montoni, camosci ecc… conciati in città.

1610 (20 Aprile). – Il Capitolo affitta per un altro triennio all’ortolano Pedro Caxolo il suo orto della Conza e di S. Paolo.

Questa industria continuò modestamente fino al 1848, nel quale anno l’Angius scrive: «Sono in Sassari alcuni antichi lavoratori per conciar cuoi e pelli, e si contano in città quattro truogoli, dieci cuboni, sei lavatoi, due macine per il mirto; otto mastri con altrettanti calcinieri, e quattro così detti mirtajuoli».

Tra cuoi e pelli si potevano conciare ogni anno circa 5.700 pezzi e ciò che non si consumava nell’Isola era venduto facilmente fuori.

Nella concia si adoperava il mirto, essendo stato vietato l’uso della rusca (corteccia dell’elce). L’arte è però molto imperfetta (continua l’Angius): «le pelli dei vitelli sono lodate; ma le suole riescono pessime, talché se ne importano dall’estero circa 600 cantari». – La suola di Francia vendevasi allora a Ls. 1.30, quella sarda a Ls. 1.

Lo stesso Angius rileva, che nel 1825 fu impiantata una fabbrica di marocchino, nella regione Molafà, del Cav. Michele Delitala; ed alla manifattura delle pelli attendevano tre operai francesi, fra i quali certo Monsieur Hos. Fin dall’inizio della produzione i suoi prodotti vennero lodati a Torino, ed il Governo era disposto a favorire e incoraggiare la nuova industria; ma questa in seguito si dovette abbandonare non essendo i guadagni in relazione con le spese. Dopo il fallimento del Delitala la fabbrica fu riaperta e riattivata per cura del negoziante Valdettaro, che prescelse per capo fabbrica lo stesso Monsieur Hos. Nel 1848 lo stabilimento si reggeva ancora e con riputazione, ma non durò molti anni.

Dal 1848 in poi Sassari ebbe diverse concerie di qualche importanza, tra le quali primeggiò quella del francese Scipione Vielà, che per lunghissimi anni visse a Sassari ed il cui stabilimento finì per essere rilevato dalla ditta Francesco e Antonio fratelli Costa, i quali v’introdussero macchine a vapore e miglioramenti radicali, tanto è vero che i suoi prodotti furono ricercati anche all’estero. Oggi la conceria è tenuta e guidata dal Cav. Uff. Gervasio Costa, ed è certo uno degli stabilimenti più importanti di Sassari, perché risponde a tutte le esigenze della civiltà moderna.

Altro stabilimento che merita attenzione è quello del Cav. Salvatore Dau, cittadino sassarese ed operaio esperto e attivissimo, i cui prodotti fecero sempre concorrenza e superarono quelli del Vielà, acquistando rinomanza in Italia ed all’estero, tanto che vennero spesse volte premiati con medaglie d’oro alle principali esposizioni. E il premio fu ben meritato, poiché il Dau quasi dal nulla e con le proprie braccia, senza bisogno di alcuno, portò lo stabilimento al punto di prosperità in cui oggi trovasi. Ed il Governo ne lo rimunerava, creandolo recentemente Cavaliere del lavoro.

Candele di sevo

Le candele di sevo entrarono in uso sul principio del secolo XIX, ed essendo un genere di gran consumo, il Municipio favorì le fabbriche, curando soprattutto che fossero ben provviste. Ciò risulta infatti da molte lettere e deliberazioni concernenti questa industria. La maggior attività e la più grande cura notasi fra gli anni 1810 e 1830 – il ventennio in cui, per ragioni ignote, le candele di sevo avevano completamente sostituito per l’illuminazione l’olio di oliva.

Nel 1815 si concede ad Ambrogio Salis, mediante cauzione, di aprire una nuova fabbrica di candele.

Nel 1824 (Aprile) il numero dei candelai di Sassari era ridotto a soli quattro, cioè: Antonio Diana, Andrea Bene, Baingio Bino e Ambrogio Salis, ed il Municipio ne mosse lamento col Governatore.

La fabbricazione delle candele pare si facesse alla buona, motivo per cui i candelai si moltiplicarono in seguito, tanto che l’Angius, nel 1848, scrive che in quell’anno erano in gran numero, ma le candele che fornivano erano di pessima qualità, essendo ignoti ai fabbricanti i nuovi perfezionamenti praticati da più anni nel continente.

Le candele di sevo continuarono ad essere di uso comune fino al 1860, e più oltre; indi, diminuirono per dar posto alle candele steariche, delle quali oggi si fa ancora largo consumo.

Fabbrica di cappelli

Non se ne trova menzione nelle carte antiche. Trovo solamente che il 24 Giugno 1794 il Governo risponde per una supplica inoltrata da Filippo Campagna, negoziante di Sassari, il quale chiedeva la privativa di una fabbrica di cappelli. Sua Maestà incaricò il Viceré di verificare la utilità e la convenienza del progetto, e specialmente se la privativa dello smercio potesse tornare dannosa al pubblico.

Non so dire se questa fabbrica venisse o no impiantata.

L’Angius nota nel 1848 tre sole fabbriche di cappelli in Sassari, a cui ricorrevano i contadini e gli artigiani, mentre le persone civili si servivano di manifatture del continente, smerciate nei negozi che non mancavano in città.

Fabbrica di palle di piombo

Non mancavano neppure a Sassari i fabbricanti di palle di piombo, ed è ben naturale, dato che al fucile il sardo teneva molto, e le palle in certi tempi erano necessarie come il pane.

Ricercando tra i documenti del tempo, trovo che nel 1557 si pagano Ls. 2 a Gio. Francesco de Rampu per 27 libbre di piombo da ridurre in pilotas (palle), per uso dell’artiglieria di Monte Giradu. Altre 48 libbre di piombo si acquistano nel 1596, non so per quale uso. Queste ordinazioni sono fatte dal Municipio, ma è facile immaginare quelle fatte dai cittadini, dai villici… e dai banditi!

Distillerie

Stante l’abbondante produzione di vino, in quantità esuberante alle richieste, era naturale che si pensasse a distillarlo per farne dello spirito e dell’acquavite e che in conseguenza quasi tutti i proprietari di vigne avessero il loro lambicco.

Nell’Agosto del 1839 il negoziante Girolamo Lombardi di Genova chiedeva al Municipio il permesso d’impiantare, in Sassari e in Portotorres, quattro diversi grandi stabilimenti, cioè distillazione di liquori, lavatoio di sansa con sola acqua di mare (?), fabbrica di sapone e molino di farina.

Egli chiedeva la privativa per 25 anni e la libera introduzione, ed il Municipio appoggiò la sua proposta. Il primo stabilimento cominciò a fabbricarsi quasi di fronte a Porta Utzeri il 10 Aprile 1842, ma non senza contestazioni da parte del Municipio e del Viceré per questione del tracciamento.

Le distillerie principali di Sassari nel 1848 erano tre: questa del Lombardi, quella dello svizzero Nicolò Frazioli (in S. Biagio) ed altra dentro città, presso il Monastero delle Isabelline.

Fabbrica di sapone

Il grave dazio imposto dalla Francia all’olio fece sì che parecchi proprietari concepissero il progetto di destinarlo in parte ad altro uso.

La prima fabbrica di sapone fu quella del Cav. Michele Delitala (1822) nella regione di Molafà. In seguito vi fu quella dei fratelli Ardisson, in S. Biagio; quella del Lombardi fuori Porta Utzeri; una terza di Domenichino il guercio, in Pozzo di Rena, e la quarta dei fratelli Murtola, entro città.

Nel 1848 erano tutte in attività ed era così copiosa la loro produzione che, oltre bastare per il consumo dell’Isola, il sapone veniva esportato in continente e più specialmente in Corsica.

Eccellente sovra tutte si dimostrò ben presto la fabbrica degli Ardisson, i cui saponi potevano gareggiare con quelli di Genova e della Francia.

Industria del corallo

Abbiamo detto altrove che il Governo avrebbe voluto che questa industria fosse stata esercitata da sardi, anziché da napoletani e da genovesi, i soli che la sfruttavano verso il 1761.

Fin dal 1548 era stata edificata la torre di Monte Giradu, la quale serviva ai sassaresi (che in quel tempo coltivavano l’industria del corallo) per difendersi dall’assalto dei mori. Ma nel 1553 gli algheresi fecero istanze perché si demolisse detta torre, e si vietasse ai sassaresi la pesca del corallo.

Nell’archivio comunale esiste ancora un’Ordinazione con la quale si regola l’industria del corallo, esercitata poi sempre, anche in tempi recenti, da napoletani.

Cave di ardesia e gesso

Nel 1828 venne concessa al muratore Vittorio Fogu una cava di ardesia nella Nurra, ma non essendo di buona qualità, venne abbandonata verso il 1834.

Nel 1875 il Municipio concedeva alla Società Bettini l’esplorazione della stessa cava e di altra situata nella regione medesima; e pare con lo stesso risultato ottenuto dal Fogu.

Altro permesso di attivare una cava di gesso nella Nurra concedette il Municipio nel 1856 al genovese Giuseppe Goetta. La concessione fu fatta per cinque anni, a condizione che al Municipio si pagasse il tre per cento sul prodotto del minerale greggio che doveva vendersi al pubblico a 5 centesimi il chilogramma.

Nessuna delle due cave ebbe un risultato soddisfacente.

Industria delle tonnare

Nella punta dell’Asinara (al Trabucato) esisteva da tempi antichi una tonnara che dava una cospicua rendita al Governo. Nel 1630 la Spagna ne fece la concessione a certo Giovanni Nuseo. Altra concessione fu fatta, dopo oltre un secolo, dal Governo piemontese, al Conte Giacomo Musso, nel 1738. L’autorizzazione di calare la tonnara fu fatta pure nel 1768 ai fratelli Velixandre; e in seguito venne anche accordata a certo Agostino Rapallo, ultimo dei concessionari.

Finalmente la tonnara fu concessa, col possesso dell’isola, al Duca dell’Asinara nel 1775; ma questi la cedette nel 1852 a speculatori genovesi.

Fu abbandonata dopo due anni di cattiva pesca con danno anche della popolazione; ed in seguito riprese a funzionare ed è attiva tuttora.

Stabilimento di Santa Maria

È uno dei più importanti stabilimenti di Sassari. Era destinato da principio alla macinazione del grano e fornito di molte macchine a vapore, per tutte le operazioni preliminari e necessarie per la separazione della farina dalla semola e dalla crusca.

Fu impiantato in origine verso il 1864 da Don Gavino Passino, il quale dovette abbandonarlo perché la fortuna non lo soccorse. Passato ad Angelo Princivalle, questi vi apportò molti miglioramenti; ma anche lui non fu fortunato, e lo stabile col macchinario divenne proprietà della Banca Agricola Sarda.

In appresso fu fatta una nuova combinazione fra questa Banca, il Cav. Maurizio Pintus e l’ingegnere Fasoli, i quali ultimi assunsero la direzione dello stabilimento.

Il Fasoli vi trovò dopo alcun tempo la morte, trascinato per fatale disgrazia da uno degli ingranaggi della macchina, ma lo stabilimento continuò la sua attività sotto la ditta Francesco e Antonio fratelli Costa, e da questi passò al signor Azzena Mossa, il quale vi apportò ancora miglioramenti e v’introdusse altre industrie, fra le quali quella della fabbricazione del ghiaccio.

Fabbrica di pane e paste

Anche quest’industria ebbe uno sviluppo notevole in Sassari, né pochi furono gli industriali che vi dedicarono la loro attività e le loro fatiche. Fra i migliori sono degni di menzione il Sechi Mundula, tante volte premiato in diverse Esposizioni, e Bartolomeo Pesce, per la larga produzione che provvede ai bisogni di molti villaggi dell’interno.

Industrie diverse a spizzico

Segnalerò diverse domande per esercitare nuove industrie a Sassari, la maggior parte delle quali andarono però fallite.

1837. – Verso quest’anno s’introdusse a Sassari una fabbrica di turaccioli di sughero promossa o ispirata dall’industria del sughero introdotta a Putifigari dal Marchese Boyl.

1853 (Novembre). – Il Municipio concede all’avvocato Marcello Lucet la facoltà di cogliere il bulbo dell’asfodelo che cresceva nei terreni liberi e incolti di proprietà del Comune: e ciò per estrarne dello spirito. Si accorda il permesso per cinque anni, in vista dei capitali stranieri che la nuova industria attirerà in paese.

1858 (Marzo). – Si concede a Ignazio Merea la facoltà di potersi servire dell’acqua del Monastero di S. Maria, mediante tubazione, per l’impianto di un lambicco per l’estrazione del tartaro dalle feccie del vino.

1872 (Dicembre). – Francesco Bottero di Cuneo propone la fondazione nella Crucca di una fabbrica di vetro e di cristalli, mediante costituzione di una società, col capitale di un milione, ripartito in tante azioni di L. 250. Assicurando che il capitale era quasi tutto sottoscritto (?), invita il pubblico alla sottoscrizione. Promette come sicuro il trenta per cento di dividendo annuo, ma furono… cose di vetro!