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Teatri diversi

Il primo teatro

Nei tempi antichi non era in Sassari alcun edifizio destinato propriamente a Teatro. Abbiamo già detto che la Loggia del Palazzo Comunale (che comprendeva tutto il piano terreno) serviva ad usi diversi, compreso quello degli spettacoli teatrali, o dirò meglio, dei trattamenti comici per opera dei saltimbanchi o ballerini.

La prima notizia sul teatro, da me trovata nelle carte d’archivio del Comune, risale al 1557. Il locale s’improvvisava nella Loggia, ridotta a teatro per l’occasione – qualche volta col proposito di soccorrere qualche girovaga famiglia forestiera, ma più spesso per divertire i magnifici Giurati, i nobili cavalieri, i dottori ed i ricchi mercanti e proprietari. Per il popolino bastava la piazza, il più vasto e preferito dei palcoscenici.

Questa Loggia si concedeva facilmente a chi la domandava. Nel 1557 si parla di unu pannu dipinto dal pittore mastru Jaime pro su die de sas comedias.

In seduta del 23 Giugno 1634 il Giurato capo riferisce: «Es vinguda in questa città una compania de Comediants, e lo Autor (il capo comico) prega gli si conceda la loggia, come altre volte si è concessa ad altri, per rappresentarvi com-medie». E si delibera ad unanimità, che «siccome consta che ad altri commedianti venuti a Sassari en temps passat si è concessa la Loggia per recitare le commedie, così pure venga concessa al richiedente; e siccome l’Autor vuol dar subito principio alle rappresentazioni, così il Municipio farà lo intavolat (il palco scenico) prendendo a prestito le tavole e i travicelli che saranno necessari; e tutto quello che si romperà del detto legname verrà pagato al fornitore; e così pure si pagheranno i chiodi ed i maestri che lavoreranno».

In altro colloquio del Giugno 1641 si propone dai Magnifici Giurati di acquistare tre dozzene e mezza di tavole per fer lo entavolat al comedians, coll’obbligo di finire (?) le commedie, e a condizione di pagare il legname che si rompe o guasta.

Il tavolato era sempre provvisorio; tanto è vero che il 22 Settembre (tre mesi dopo la detta recita) venne deliberato di fare un palco di tavole nella loggia per riporvi il grano che sopravanzava nei magazzini della Frumentaria.

Così pure, in seduta del 2 Giugno 1698, il Consiglio concede l’uso della loggia ai saltimbancos che rappresentano comedias per divertimento de todo el pueblo. E si fa il tavolato!

Tre anni dopo – il 4 Marzo 1701, in occasione dell’incoronazione di Filippo V – la città delibera, tra le altre feste, di far pratiche per poter rappresentare comedias.

E così si continuò, di tempo in tempo, a concedere la benedetta loggia ai commedianti, o saltimbanchi, sotto il governo della Casa di Savoia. Questo teatro però non consisteva che in quel misero tavolato, che si montava e si smontava, con gioia e dolore delle dame e dei cavalieri sassaresi, a cui forse tornava caro quel geniale ritrovo!

Il secondo teatro

Non so dirvi il tempo preciso in cui la famosa loggia acquistò una certa stabilità; forse tra il 1765 e il 1775 – appena cioè si seppe che a Cagliari erasi stabilito un corso regolare di rappresentazioni, il quale provocò le ire delle dame cagliaritane per la gelosa questione del tiraggio dei palchi – causa di malumori e litigi in tutti i teatri dell’Isola… e del continente.

Nell’Agosto del 1779 fu chiesta la famosa Loggia di Sassari da due capo-comici: Andrea Bergè e Domenico Colpi – dei quali altra volta parleremo. – Domenico Colpi, tra le altre cose, dichiarava di sottostare alle condizioni solite a riguardo dei palchetti.

Il 12 Gennaio 1795 il vice Intendente Don Antonio Fois chiede al Viceré l’autorizzazione di dare una festa da ballo nel Teatro del Civico Palazzo, come altra volta si è fatto; e parla dell’impresario che vuole incaricarsene.

Due mesi dopo (nel Marzo) si pagano Ls. 60 al falegname Domenico Bertucci «per aver demolito l’ingresso del teatro esistente nel Portico di questo Palazzo Civico, e per aver rimessa a posto la ferrata». – Che cosa era avvenuto?

Da una lettera del 14 Aprile dello stesso anno rilevo, che per ordine del Governatore e ad istanza del Civico Magistrato erasi disfatto l’ingresso del Teatro, esistente al piano terreno del Civico Palazzo, avendo bisogno del Portico per ricovero delle panattiere che vendevano il pane di Città al popolo. Il Municipio si obbligava di ricostrurre a sue spese il detto ingresso, indennizzando così il proprietario del teatro Don Giovanni Maria Delitala. – Pare dunque che costui avesse provvisto tutto il materiale, e che la Città avesse gratuitamente concesso l’uso della Loggia per divertire il pubblico.

Altra lettera scrive il Municipio, il 9 Luglio 1796, ai Delegati del Viceré (venuti da Cagliari per i fatti di Angioi). In essa si parla del teatro disfatto per ordine superiore; e il Municipio dichiara di voler troncare ogni contrasto, pagando al cav. Don Gio. Maria Delitala quanto egli aveva sborsato al pittore Galassi bonificandogli anche le spese fatte per il Camerino. – I torbidi per i fatti di Angioi non erano estranei a questi provvedimenti, ma negli archivi non trovo altre notizie, perché le carte di quel tempo vennero sottratte.

Il teatro non era però disfatto – era semplicemente smontato, e forse si aspettavano tempi migliori per farlo risorgere. La nobiltà, padrona del teatro, era stata presa di mira dagli angioini, e dovette lasciar trascorrere il periodo delle impiccagioni per rimettere in piedi il tavolato, ed i palchetti!

Il terzo teatro

Forse dovrei chiamarlo il primo teatro; ma ho voluto considerare come teatro, tanto la loggia primitiva col tavolato, quanto quella dei palchetti per le donne. In siffatti teatri, come nei successivi, esercitavano dominio o influenza i Nobili, o spendendo del proprio, o facendo spendere alla Città, a cui appartenevano come consiglieri.

Il teatro disfatto ai tempi di Angioi dovette certamente risorgere con migliorata forma verso la fine del secolo – forse nel 1799, dopo l’arrivo a Cagliari della famiglia reale. Era sempre nello stesso sito: nel camerone a pianterreno, che aveva conservato l’antico nome di Loggia. Un progresso c’era: i famosi palchetti, i quali consistevano in una dozzina di berline – formate a mo’ di confessionali messi all’intorno, con sportelli che si aprivano al di fuori. Immagini il lettore il supplizio delle signore ivi rinchiuse, e l’incomodo degli spettatori della platea!

Quando fu costrutto questo teatrino, a cui si dava tanta importanza? – In una corrispondenza (a proposito delle feste da ballo che si volevano prolungate fino a giorno) il Municipio aveva assicurato il Viceré che siffatta consuetudine risaliva al tempo in cui la Città era governata dai due principi Duca di Monferrato e Conte di Moriana; ma il Governatore di Sassari (con lettera dell’11 Gennaio 1833) informava il Viceré che «soltanto nel 1809 o 1810 cominciò a formarsi in Sassari una specie di ridotto in forma di teatro, sotto il governo del Conte di Revell».

Io non credo bene informato codesto Governatore, poiché nella Loggia si ballava da tempo più antico. Ad ogni modo riterremo l’anno 1809 come iniziatore di un teatro stabile, con confessionili per le donne, e con un palcoscenico munito di attrezzi più completi. Spigolo alcuni dati da documenti.

Con atto del 3 Settembre 1812 un certo Vincenzo Antiseri eresse un teatro a proprie spese, con gradimento della Real Governazione, e del Municipio, il quale aveva concesso generosamente la famosa Loggia.

Questo teatro durò fino al 1815 – anno in cui passò ad una società di benemeriti e generosi cittadini, che volevano divertirsi divertendo gli altri. Il teatro aveva così acquistato una certa autonomia, ed i consiglieri lo protessero in ogni tempo, in grazia dell’ingresso gratuito loro concesso dagli impresari…e da sé stessi!

1816 (9 Luglio). – Il Governatore partecipa al Viceré, che il teatro non tarderà ad aprirsi, essendosi appianate certe piccole vertenze insorte tra il Magistrato Civico e li soci di questo teatro pubblico; egli fa notare le molte spese cui andò incontro la nuova compagnia qui arrivata.

Il sindaco di Sassari ed i soci del teatro partecipano a Sua Maestà il Re, con lettera del 19 Agosto (1816), che il 13 Luglio passato avevano sottoscritta una convenzione per il prolungo di un altro quinquennio nell’esercizio dello stesso teatro, secondo il parere del Supremo Real Consiglio di Sardegna sedente a Torino.

1819 (18 Settembre). – Il Governatore comunica al Viceré l’arrivo della Compagnia di comici; l’apertura del teatro lo stesso giorno, e l’estrazione effettuata delle undici loggie fra le diciassette Dame che si erano presentate per il tiraggio.

1821. Essendo spirato il termine quinquennale del teatro, ceduto ai Soci dal proprietario Vincenzo Antiseri, i Consiglieri lo concedono per un altro quinquennio al negoziante Pietro Nervi di Piemonte (dal 1821al 1826) coll’obbligo di rilasciare all’azienda Civica la sesta parte di tutti i lucri e proventi netti, di qualunque sorta.

Da questa notizia si rileva che il teatro aveva acquistato una certa importanza; che il Municipio ne traeva un lucro; che vi si eseguiva il tiraggio dei palchetti, o loggie, come a Torino ed a Cagliari; che si promettevano spettacoli in prosa e in musica; e che, infine, il genio teatrale cominciava a farsi largo nello spirito della cittadinanza. Delle peripezie delle imprese, degli spettacoli, del tiraggio, ecc. diremo a suo luogo.

Ma il negoziante piemontese non potè godere tranquillamente della concessione quinquennale, poiché il teatro doveva cadere nel 1825, per risorgere trionfante sotto una forma più moderna e più elegante.

Il vero Teatro civico

Ottenuto dalla munificenza del Re Carlo Felice un grazioso prestito di scudi 3.000 (contro un buon numero di Messe da celebrarsi in suffragio del Conte suo fratello) il Municipio si accinse subito a ricostrurre il nuovo Palazzo Civico, come altrove abbiamo notato. Col vecchio palazzo era pur caduto il teatro vecchio, ed i Consiglieri pensarono di sostituirlo con altro nuovo e più elegante. Non esiterei ad affermare, che la costruzione della nuova Casa Comunale era servita di pretesto per poter costrurre un nuovo centro di spettacoli, tanto cari alle dame ed ai cavalieri di quel tempo.

Carlo Felice – appassionatissimo degli spettacoli teatrali, tanto che gli venne dato il battesimo di re dei teatri – annuì subito alla domanda della Città. Solamente, invece delle 80.000 lire domandate, non ne accordò che 50.000, da versarsi al Municipio in due rate annuali: L. 30.000 nel 1828, e L. 20.000 nel 1829. Il Municipio, dal suo canto, si obbligò di restituire questa somma in tre rate annuali, dal 1830 al 1833.

Dovendosi ampliare l’area per il teatro, il Municipio acquistò da Donna Rosalia Sequi Bertolotti di Ozieri la casa adiacente al civico palazzo per il prezzo di Ls. 9000.

Su disegno dell’ingegnere Cominotti erasi dato principio alla costruzione del nuovo teatro, eseguito con buon gusto, eleganza e solidità. Qui noto, che, nel libro dei conti del 1824, trovo un pagamento fatto nell’ Agosto all’assistente ingegnere Marsaglia «per copia del Teatro e pianta del palazzo civico, secondo il progetto del signor Dervieux». – Era un progetto diverso?

Nel Luglio del 1825 fu proposto in Consiglio, e fu deliberato, di battezzare il tempio della commedia col nome di Teatro San Carlo, in onore del Re; ma il battesimo non fece presa, forse per non far torto al San Carlo di Napoli, o forse per non umiliare il teatro di Sassari, così microscopico!

Nel Febbraio del 1829 il marchese Boyl aveva supplicato Carlo Felice perché la restituzione delle L. 50.000, anziché in quattro, fosse effettuata in dieci rate. Il Re concesse la proroga, e il Ministro delle Finanze partecipò al Municipio la grazia sovrana. In seduta del 10 Febbraio il Municipio deliberò di archiviare la lettera del Ministro in eterna riconoscenza di sì alto favore. Beninteso, che la lettera fu gelosamente custodita – tanto bene, che non mi è riuscito di rintracciarla fra le carte dell’Archivio!

Il teatro venne inaugurato il 29 Dicembre 1829, con recita in prosa e con una Cantata di occasione. I vecchi frequentatori dell’antica Loggia, quella sera avranno pianto di consolazione!

Noterelle sul Civico

Dai conti del 1828 risulta, che le spese per la costruzione del teatro ascesero a Ls. 51.772, cioè: Ls. 30.866 per l’ossatura esterna, e Ls. 20.907 per i lavori dell’interno. A queste spese sono da aggiungere quelle rilevanti di abbellimento, posteriormente fatte.

Il teatro Civico è formato di quattro ordini, compreso il loggione. I tre ordini distinti contengono in complesso 56 palchetti.

La platea misura 10 metri di lunghezza massima e circa 9 di larghezza. Il palco scenico è largo metri 12,50, ed aveva in origine uno sfondo di soli metri 8,40, in seguito raddoppiato.

Il vestibolo, che misura due soli metri quadrati, è decorato di due erme coi busti di Alfieri e di Goldoni, pagate Ls. 1.155 ed eseguite a Genova nel 1829.

Il teatro non può contenere che 500 spettatori… e non troppo comodi. Venne decorato dai pittori Vacca e Bossi verso il 1830 e 1835. La platea era allora illuminata ad olio, mediante un grande lampadario a doppio giro di globi, tempestato di piccole mandorle di cristallo, al par di quelli delle chiese.

Come altrove notai, il Municipio fece apporre due lastre di marmo sulla parete dello scalone, in memoria del re Carlo Felice e del Marchese Boyl, i veri benemeriti del Palazzo e Teatro Civico. Ecco le due iscrizioni latine che vi si leggono, dettate da Pasquale Tola:

Consularibus Turris Libissonis Aedibus – Vetustate collapsis – Novas aedificandas ornatibus et forma elegantiores -Theatrum insuper civicum annectendum Urbemque populi frequentia divitem – Ne quid splendori eius et commoditati deesset – Accensis undique per noctem luminaribus lustrandam – Carolus Felix Sardiniae Rex gloria et nomine primus – Suo regio annuit descripto – Die februari XXI anni MDCCCXXIII – Quae omnia et quinquaginta librarum argenti millia – Operis causa et publico thesauro mutuo concessa  – Ab augustissimo Rege – Petiit pro patria et obtinuit – Excellentissimus Dominus Don Victorius Pilo Boyl  – ex Marchnionibus Putei Figarii – Vir egregius bonus optimus. Quod ne memoria pereat – Urbis proceres communia urbis vota – referentes – Anno R. S. MDCCCXXIX – Monumentum hoc decreverunt.

Nella seconda lapide sottostante è scritto:

Incepto praefuerunt operi – I. V. D. D. Gavinus Basso, Nicolaus Defraia et Franciscus Cossu – Primi ordinis -Georgius Pitalis, Gavinus Scano et Joannes Baptista Sisto – Secundi ordinis Consules – Inceptum vero perfici summo labore diligentia zeloque curavit – Nobilis Don Gaetanus Pes ex Marchionibus Victorianis – Qui regias partes in Municipii administratione gerens – In rebus tantis patria caritate peractis – Cum laude sibi acquisita – Perenne ad meliora incitamentum – posteris reliquit.

I suddetti consiglieri erano quelli dell’anno 1829 (tre di prima classe, e tre di seconda).

Per oltre mezzo secolo questo teatro aprì i suoi battenti alla popolazione per rappresentarvi spettacoli in musica ed in prosa.

Intanto nel 1878 il Municipio trasportò i suoi uffici nei locali del palazzo ducale, lasciando vuoti quelli dell’antica Casa Comunale, a cui il teatro era annesso.

L’apertura del nuovo Politeama nel Dicembre del 1884 segnò la morte del vecchio teatro; il quale, oltre ad essere troppo piccolo, mancava delle necessarie porte d’uscita in caso d’incendio, prescritte dalla nuova legge.

Da tempo erasi lamentato che il Civico più non rispondeva ai bisogni della popolazione; ed infatti, fin dal 1867, erasi proposto di costrurre un nuovo teatro (insieme alla nuova casa comunale) nella Carra Grande, adattando all’uopo il palazzo del Duca, ed occupando l’area delle vicine Carceri di San Leonardo.

Nel Settembre del 1897 il sindaco Mariotti accolse la proposta di alcuni cittadini, i quali volevano far rivivere l’antico Civico. Si trattava di aprire nuove porte di uscita; di far l’ingresso dal portone che dà sul Corso; di servirsi dei locali degli antichi uffici comunali per comodità del pubblico; d’incorporare nel fabbricato l’annessa caserma dei pompieri per ingrandire il palcoscenico; di sopprimere il mastodontico lampadario per impiantare il nuovo sistema d’illuminazione a luce elettrica. Insomma, una radicale riforma, che riscosse il plauso della maggioranza dei cittadini e specialmente di quelli che appartenevano alla generazione che tramontava.

Il sindaco Mariotti si accinse all’opera con tenacia e febbrile attività: convocò i palchettisti per risolvere il problema finanziario; accettò il progetto presentato dal pittore Marchisio, dell’ Accademia Albertina di Torino; trasformò in elegante foyer l’antica sala del Consiglio; impiantò il macchinario della luce elettrica; e il 1° Gennaio 1900 riuscì ad inaugurare sfarzosamente il teatro rinnovato, coll’opera in musica Bohème del maestro Puccini.

Il 16 Maggio dello stesso anno il sindaco Mariotti convocò il Consiglio per la sanatoria delle spese; le quali, dalle L. 16.000 preventivate nel 1898, erano salite ad oltre L. 40.000!

Gli stessi cittadini che avevano votato un plauso al sindaco Mariotti per la risurrezione del teatro, furono i primi a gridargli la croce addosso ad opera finita.

Dopo soli due anni di splendida vita, il Teatro Civico ricadde nell’obblio. Tutti riconobbero ch’era insufficiente a soddisfare le esigenze delle imprese, degli spettacoli e del pubblico. Oggi è abbandonato. Non si ricorre ad esso che per conferenze letterarie, per adunanze di Commissioni, per serate o balli di beneficenza. Da parecchi anni vi fu impiantato un cinematografo, dovuto all’attività del sassarese Zonini, e ad esso accorre numeroso il pubblico.

Ad ogni modo è bene che quel vecchio teatro siasi conservato; perché ad esso sono collegate tante care memorie, come diremo in apposito capitolo.

Il Politeama

Per la deliberazione del Consiglio del 17 Giugno 1878, il Municipio invitava il pubblico a presentare i progetti per l’erezione di un Politeama nell’area sopravanzata in Piazza castello, in seguito alla demolizione del vecchio edifizio aragonese.

Per impulso di alcuni cittadini che volevano far sorgere un teatro che rispondesse più del Civico ai bisogni del paese, furono indette diverse adunanze, e il 27 Aprile 1881 venne nominato un Comitato. I principali promotori furono Diego Brusco, il Conte d’Ittiri e Federico Costa.

Ottenute le adesioni, e sottoscritte un buon numero di azioni, si diè subito principio alla costruzione del Politeama. La prima pietra fu collocata il 27 Settembre 1883, con un discorso del presidente Diego Brusco. Si lavorò con attività, e l’edifizio fu portato a termine in un anno – tanto che potè inaugurarsi solennemente la sera del 18 Dicembre 1884 coll’opera-ballo Riccardo III del maestro sassarese Luigi Canepa, e poi col grandioso ballo Brahma. E da quel giorno fino ad oggi, per un quarto di secolo, il Politeama fu quasi sempre aperto con buonissimi spettacoli di musica e prosa.

Il teatro è elegantissimo, costò circa 200.000 lire, ed ha una capienza di oltre 2.000 persone. Il progetto è dell’ingegnere Cesare Sacuto, autore del Politeama di Livorno; la costruzione si deve all’impresa Sacuto e Rinaldi; le diverse fusioni in ghisa e la tettoia di ferro sono della fonderia Cerruti di Prato.

Teatri diurni

Il capo comico Cotten (che da qualche tempo scorrazzava da un punto all’altro dell’Isola per rappresentare nei principali paesi drammi e commedie) fu quello che il 25 Maggio 1842 chiese ed ottenne dal Municipio di Sassari il permesso di costrurre un teatro in legno a tergo della casa Bargone – nell’area oggi occupata dalla casa Basso-Saccomannu, in Piazza d’Italia. Fu questo il primo teatro diurno; e pare che abbia fatto discreti affari, perché nel successivo Agosto il capo comico Cotten vi recitava ancora.

Il secondo teatro diurno fu quello così detto dei Bagni. Il 2 Dicembre 1845 il Municipio concedeva a Prospero Besson un terreno nelle Appendici per uno stabilimento di Bagni. Questo fabbricato che sorgeva nell’area oggi occupata dalle case Demurtas e Boeri (in via Cavour e Largo Giardini) fu sospeso all’altezza del primo piano, forse perché al proprietario mancarono i danari per continuarlo. Verso il 1847 quel fabbricato mozzo era stato dal Besson ridotto a Teatro Diurno, ed il pubblico vi accorreva numeroso. Nel 1848 e 1849 il Municipio richiamò più volte il Besson agli obblighi assunti, minacciando di togliergli il locale se non continuava l’innalzamento. Pare però che il Besson facesse il sordo, cercando di trarre da quel monco edifizio tutto il lucro possibile. Nondimeno le recite continuarono per qualche anno, finché nel Marzo del 1850 il Municipio costrinse il Besson a ritirarsi, rimanendo proprietario dei locali, che più tardi vendette a privati.

Il terzo Teatro Diurno, il più importante, fu quello ch’ebbe il battesimo di Teatro Cherosu. Fin dal 1850 l’ingegnere Gio. Maria Cherosu, insieme a diversi altri soci, avevano acquistato nelle Appendici un’area per costruirvi un Teatro Diurno – forse lusingati dai buoni affari fatti dal Besson. Nel 1854 il Cherosu si liberò dai soci e divenne proprietario assoluto del teatro, migliorandolo notevolmente, ed aprendolo al pubblico il 23 Settembre.

Morto il Cherosu nel 1860, la sua vedova Maria Teresa volle riedificare il teatro in muratura; ma, per difetto di costruzione, l’edifizio minacciava rovina, ond’è che l’Autorità tutoria vi proibì le recite. Con dispendio e sagrifizio la vedova riedificò il teatro, e lo inaugurò per la seconda volta nel 1862.

Per rendere più attraenti gli spettacoli, e per soddisfare le esigenze del pubblico, la vedova Cherosu tornò a rimodernare il teatro, coprendolo con una tettoia per renderlo adatto anche alle recite notturne. L’apertura di questo nuovo teatro ebbe luogo la sera del 23 Luglio 1864.

E così si venne fino al 1869, anno in cui il Teatro Diurno fu ceduto dalla vedova Cherosu al negoziante Luigi Valdettaro. Anche sotto costui subì notevoli modificazioni, e fu molto frequentato fino al 1873, anno in cui il proprietario lo demolì per ridurlo a stabilimento di bagni, come lo è tuttora.

Questo teatro Cherosu-Valdettaro ebbe ventitré anni di prospera vita; vi recitarono ottime compagnie drammatiche, e in qualche anno vi si rappresentarono anche opere in musica.

Destino della pietra! I Bagni di Prospero Besson si erano trasformati nel 1847 in un Teatro Diurno – come il Teatro Diurno di Luigi Valdettaro si era trasformato in Bagni nel 1873!

Teatro Goldoni

Quando Antonio Andrea Tola costrusse per speculazione la casa oggi occupata dagli uffici della Banca d’Italia (in via Cavour e via Carlo Alberto) egli ridusse il cortile interno ad un teatrino elegante, eseguito con molto buon gusto. Era coperto con una tettoia a vetri, aveva una comoda Galleria, e non mancava di quanto era necessario per le recite che vi si davano. L’apertura di questo teatro ebbe luogo il 26 Dicembre 1881 con recita della Compagnia comica Razzoli.

Questo quarto ed ultimo Teatro Diurno (ed anche notturno) rimase in piedi per alcuni anni, finché il nuovo proprietario della casa lo demolì per comodità dei locali. La sua esistenza, d’altronde, sarebbe stata infruttuosa, massime dopo l’erezione del Politeama nel 1884.

Teatri provvisori

Altri teatri, arene, o baracconi vennero improvvísati in Sassari in diverse circostanze: o perché il teatro diurno fosse chiuso, o perché le pretese del proprietario sembrassero esagerate. Noto fra i principali:

Baraccone in legno, costrutto nel 1875 fra la torre del campanone e la muraglia del Castello. Fu inaugurato dalla Compagnia Pascali.

L’Arena, sorta nella piazza dell’Ospedale Civile, venne inaugurata nel Luglio del 1876 dalla Compagnia Meneghini; ricostrutta nell’anno seguente dalla Compagnia Giannuzzi; e fatta risorgere nel 1878 dalla Compagnia Paliero, che la destinò alle marionette.

Altro baraccone in legno, col titolo di Teatro d’estate, venne improvvisato nel 1880 dalla Compagnia Giannuzzi nell’area oggi occupata dal Politeama, la quale servì pure di Circolo equestre ad una Compagnia che inaugurò gli spettacoli nell’estate del 1881.

Teatri di dilettanti

Se ne aprirono parecchi in case private od in locali all’uopo concessi. Ne noterò due soli:

Il più importante fu quello costrutto vicino alla Porta Macello, nei locali oggi occupati dal Tribunale. Si cominciò a recitarvi verso il 1847, e le rappresentazioni durarono fino al 1854 – anno in cui il teatro venne disfatto per allargare i locali del tribunale.

Il secondo teatrino notevole fu quello costrutto in casa di Luigi Canepa verso il 1861, e al quale accorrevano numerosi invitati. Venne demolito due anni dopo.