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1714

Soldati. – «Il 29 Gennaio fuggirono da Sassari ad Oristano tutti i soldati Dragoni di lebrea (livrea) gialla; e non si ritirarono (?) se non che los asules (gli azzurri)».

Anche questo periodo non suona troppo bene.

Uccisione. – «Alle ore 7 di mattina del 2 Febbraio, uccisero a palla, entro città, Don Giovanni Gavino Salis Pio».

Morte improvvisa. – «La notte del 4 Febbraio morì l’arcivescovo Giuseppe Sicardo. Dicesi che fu trovato morto. Vi furono solenni funzioni, ecc., ecc.».

Questo povero Arcivescovo, che si era volontariamente esiliato, perché fatto segno a maligne insinuazioni, non era a Sassari che da soli tre mesi. Potrebbe anche darsi, che la sua morte non sia stata naturale!

Insulto. – «Il giorno 7 Febbraio Don Sebastiano Berlinguer, colla spada sguainata, diede una piattonata a Francesco Tomas Fundoni, nella scrivania del Palazzo Reale. Essendosi l’offensore rifugiato nella chiesa di Santa Catterina, gli furono posti alcuni soldati di guardia, fino a sera. Fu portato poi alla chiesa di Santa Croce».

Promozione. – «L’8 Febbraio, giovedì grasso, circolò la notizia che Don Giov. Battista Cugia era stato nominato, da S. M. Cesarea, Reggente di Giustizia del Supremo Consiglio di Aragona (?); e che il Conte di Monte Santo fosse Reggente di cappa e spada; cosicché i signori Lochi e Carnicer si erano lasciati…a bocca asciutta».

Dimostrazione. – «La notte dell’11 Febbraio si fecero fuochi, luminarie e repique (suono di campana) per la carica onorifica concessa al cav. Cugia, la cui nomina gli era pervenuta il giorno innanzi, per essere un buon patriotta».

Tumulto popolare. – «Sabato, 24 Febbraio, giorno del Glorioso San Mattia, verso l’imbrunire, si andava vociferando per la città: che il domani il popolo minuto si sarebbe alzato a tumulto; che recandosi al Palazzo di Città vi avrebbe scannato tutti i Consiglieri – e così altre, ed altre insolenze. La Governazione e la Città si riunirono nel Palazzo Reale, e tennero nella stessa notte una seduta che durò fino alle 8 del mattino seguente. Furono interrogati più di cinquanta individui come testimoni; e il domani se ne arrestarono sedici. Don Carlo Quesada fu detenuto tutto il giorno in Palazzo, e nella notte della domenica fu fatto partire per Alghero, scortato dalle guardie; e ciò, perché i tumultuanti lo designarono come loro Capo.

«Quella stessa domenica, nella mattina, uscì il governatore Don Ignazio Agostino de Medrano, con tutti i soldati armati, ed essendo entrato per la Porta de Carniceria (di macello) colla spada in pugno, andò così girando per tutta la città. Poi si trattenne nella Casa Comunale fino alle 10 o alle 11 di mattina.

«Il giorno seguente frustarono (açotarono) Baingio Micheli, perché faceva il caporione, e congregava la gente, tenendo una canna in mano. E tutti i giorni aumentavano gli arrestati; e si procedeva con molta attività, dando anche a taluno il tormento (la tortura) quando lo credevano conveniente.

«In questo tempo si aspettava il nuovo Viceré, e buena giustizia.

«Il grano valeva a cinque scudi e a tredici lire; però vi era molta scarsità di danaro.

«Fu ricevuta da Cagliari la notizia, che una donna siciliana, che dimorava nel quartiere della Marina, aveva partorito cinque porci (lecones) di diverso pelo e colore.

«In quest’anno si ebbe una cattiva annata di olio. Valeva a quattro soldi il Cartucho (misura; circa un terzo di litro). Mancò in Sassari anche il sale per esservi stata poca raccolta, e se ne aspettava un barco da Cagliari, dall’appaltatore Don Giov. Battista Boloña.

«Tutti i giorni si uccidevano uomini nella Nurra. Si stava proprio mal parati!».

Frustate. – «Il 2 Marzo frustarono anche un bracciante chiamato Giovanni Maria Pança, figlio dell’antico boia.

«Nella notte nevicò».

Farina. – «Il 4 Marzo si fece Pregone dal Governatore, coll’ordine che si vendesse la farina a sedici soldi la corbula, e non più.

«Si fece pattuglia di soldati per Sassari, guidati dal Governatore in persona».

Tortura. – «Il 4 Marzo si diede la tortura al detto Baingio Micheli – e fu crudelissima».

Trasporto. – «Il 5 o il 6 Marzo si trasportò da Alghero a Cagliari il detenuto Don Carlo Cugia, per ordine del Viceré».

Punizione. – «Il 12 Marzo si pubblicò ed eseguì la sentenza contro il Capo dei tumultuanti, Baingio Micheli. Fu condannato alla galera in vita, e gli fu fatto baciare il piede della forca. Fu grazia se non lo hanno impiccato.

«Pioggia e neve».

Arrivo. – «Il 23 Marzo, di notte, entrò in Cagliari il nuovo Viceré Conte dell’Hatalaya, portoghese; e, secondo la fama, grand’uomo. Dicono che venga Visitatore coll’autorità di Sua Maestà Cesarea Carlo III e VI».

Ecco, per esempio, un giudizio prematuro, ed una fama bugiarda!

Consiglio Maggiore. – «Il 5 Aprile, venerdì, vi fu Colloquio (Giunta) in Città, e nominarono segretario Giov. Battista Sori.

«Il Sabato si convocò il Consiglio Generale, nel quale il Sori fu confermato nella detta carica, senza mancargli un voto, quantunque vi fossero dispareri con Don Natalino, secondo giurato, il quale lo contrariava in tutte le maniere.

«In questo stesso Consiglio, assistendo io per uno, (l’Usai era uno dei Consiglieri) si concedette a Giuseppe Sarraio, Contador della Città venti scudi d’aumento sullo stipendio, che si portò così a L. 200 annue; e si assegnarono ad Antonio Bartolomey la metà delle paghe (?) e altri venti scudi – e non era contento.

«Si avverte, che il sabato, prima del Consiglio Generale, il Sori fece un memoriale rinunziando alla Segreteria, e supplicando che si sospendesse il Consiglio perché non voleva saperne. Con tutto ciò, la seduta ebbe luogo. Il lunedì, lo stesso Sori, fece altro memoriale chiedendo una dilazione di tempo; – però mi pareva che tutto ciò fosse uno stratagemma combinato!

«In questo mese eravamo disperati per mancanza di pioggie. Il grano correva a quattordici lire, né si poteva comprare a minor prezzo. Il vino valeva a soldo la pinta».

Una croce. – «Il 12 Aprile, coll’aiuto di quattro uomini, si collocò la croce in cima al portale della mia vigna, insieme alle torresitas (piccole torri) lavorate da mastro Domenico Martinetti».

Avverto il lettore, che lo scrupoloso Usai, a fianco di questa notizia, ha disegnato di sua mano la croce della sua vigna, per tramandarne la memoria ai posteri.

Arrivo. – «Il 16 Aprile, di ritorno da Cagliari, arrivò in Sassari il Marchese di Villarios in compagnia di Don Francesco Asquer, marito della sua figlia maggiore.

«Verso le orazioni di questo stesso giorno capitò il caso della pistolettata data da Michele Vargiu a mio cognato Francesco Capitta mentre questi era di ronda nell’angolo della casa di Nicolò Pinna nella Stretta Buiosa».

Processione. – «Il 22 detto mese uscì per la città la processione dei Serviti colla Vergine dei dolori; e ciò per ottenere la pioggia, da tutti desiderata».

Inquisitore. – «Il 22 detto arrivò a Sassari il nuovo inquisitore per nome Don Michele Ximenes de Urrios, cavaliere dell’Abito de Montresa; poiché siamo stati tant’anni senza Inquisitori in Sardegna, per nostra disgrazia!».

Altra processione, per provocare la pioggia, venne fatta il 23 Aprile dalla Confraria del Rosario, colla statua della Vergine.

«Alla sera i Consiglieri, i signori della Governazione e i Ministri della Curia e del Viguerio andarono in giro per la città per fare lo scrutinio del grano che si aveva. Ne trovarono ben poco; e si vendeva a sei scudi il rasiere. La farina costava a venti soldi la corbula, e aumentava sempre di prezzo. Si diceva che si sarebbe fatto venire grano da Cagliari mediante garanzia dell’Arciprete Don Giov. Antonio Martinez».

Di nuovo processione. – «Il 25 Aprile uscì un’altra processione dalla Cattedrale, per ottenere la pioggia; e fu esposta la statua di San Nicola nella cappella delle Anime del Purgatorio. Alle orazioni si fecero suonare per un’ora tutte le campane delle parrocchie a morto; ordinandosi dal Vicario, che tutte le messe fossero applicate alle dette anime.

«Nella notte ha piovuto, ma poco».

Per la pioggia! – «Il 29 Aprile i Trinitari portarono in giro la Vergine del Rimedio accompagnati dalla Confraria dei Serviti. La pioggia venne.

«In questo tempo l’olio si vendeva a cinque soldi il cartucho, la farina a cinque soldi la corbula, e il vino a soldo la pinta. La miseria era molta!».

Arrivo. – «Il 6 Maggio, sul tardi, entrò in Sassari, privatamente, Don Giov. Battista Cugia dentro di una galera (carro coperto) per prendere commiato dai figli e per imbarcarsi per Vienna, dovendo entrare in funzioni nella sua qualità di Reggente Supremo».

(Partì il 5 Giugno portando seco Don Venturoni come Segretario, Martino Galia come Maggiordomo, e Francesco Pedde come Paggio. Così scrisse, l’Usai sotto la rispettiva data).

Uccisione. – «Il 17 Maggio hanno ucciso a palla nella Nurra Quirico Panedda e Agostino Usai».

Nuovo Rettore. – «Il 19 detto mese arrivò da Roma il dottor Andrea Natalino, nuovo Rettore di S. Sisto». (Il vecchio era morto pochi mesi prima).

Richiamo. – «Il 25 detto fu chiamato a Cagliari Don Antonio Deliperi Manunta, citato dal Viceré, sotto pena di due mila scudi. Si diceva che era stato malignato da Don Pietro Nadalino e da Don Francesco Villino».

Licenziamento. – «9 Giugno. Entrò in Sassari Don Carlo Quesada, despachado».

Altri licenziamenti. – «Il 10 detto arrivarono a Sassari, dispacciati dal loro servizio, il barone di Sorso, Esgrecho, don Michele Fundoni, Don Antonio Farina, e Don Antonio Deliperi Manunta. Don Giovanni Battista Olives, anche esso despachado, se ne stava da qualche tempo in Alghero».

Luminarie. – «La notte del 10 vi furono fuochi e luminarie nella città per la pace fatta fra il nostro Re e Imperatore, e il Re di Francia. Nella mattina si era cantato il Tedeum a cui assisterono la Città e la Governazione. In questo tempo il Governatore se ne stava ritirato nel Castello, perché aspettava chi doveva surrogarlo.

«In questo stesso giorno arrivò da Cagliari un barco carico di mille starelli di grano, per conto del Comune. Altri cento starelli ne aveva fatto venire lo stesso Comune con altro barco. Tanto il primo quanto il secondo costarono a lire 13 e 10 il rasiere».

A proposito delle luminarie per la pace fra i due Re, leggo nel libro delle Sedute Comunali, che la Giunta nel 3 Giugno deliberò di regolare le spese all’exemplar praticado en las acione de gracias de la Victoria ottenuta in Terranova, quando aportaron los enemigos; con propine cioè di mezzo scudo ai Consiglieri ed Eletti, di un quarto di scudo agli altri ufficiali; dippiù fuegos, luminarie nella casa di Città, e quattro candele di mezza libbra alla cattedrale.

Nuovo Governatore. – «Il 13 Giugno, mercoledì mattina, giorno di Sant’Antonio di Padova, entrò in Sassari il nuovo Governatore, marchese Don Francesco Benites».

Partenza. – «Il 25 Giugno partì da Sassari per Vienna il vecchio Governatore Don Ignazio Agostino Medrano; e fu costretto fermarsi alcuni giorni a Portotorres, aspettando il buon tempo».

Ciò sarà accaduto assai di frequente ai nostri viaggiatori!

Nascita. – «Il 2 Agosto, alle ore 10 per le 11 della mattina (luna ultimo quarto) nacque un figlio a mio fratello…».

(Qui, al solito, risparmio al lettore il nome della padrina, del padrino, del parroco ecc., ecc., registrati con scrupolosa fedeltà dal nostro carissimo Notaio).

Arresto. – «Al mezzodì del 3 Agosto, fu preso in sua casa e tradotto in carcere (da Michele Cugia, ministri e soldati) Don Carlo Alivesi, per sospetto di dissidente. Si spedì subito dalla Governazione un corriere a Cagliari, per informarne il Viceré.

«Il grano si vendeva a undici lire; né si trovava pane né farina; tanto era pessima l’annata. Dio ci assista!!».

Il Viceré in Alghero. – «Il 19 Agosto, domenica, arrivò in Alghero il Conte de la Hatalaya, nostro Viceré. Egli, da Cagliari, volle venire a Sassari per mare, in goletta di corso e con una feluca. Non aveva seco che due paggi ed un aiutante reale, che era Don Giovanni Lacu. Questa notizia fece restare attoniti i Sassaresi e tutti quelli di questo capo, che non sapevano spiegare l’improvvisa risoluzione. Il Viceré si aspettava a Sassari la notte del lunedì».

Il Viceré in Sassari. – «Il 20 Agosto, verso le 11 di sera, entrò in Sassari il Viceré; il quale per la nostra disgrazia piombò come un demonio contro questa città, per mettere una gabella, e per estangar il tabacco. E ciò perché i nostri Consiglieri respinsero due Carte-ordini spedite da Cagliari; e non vollero consentire per non vulnerare i nostri privilegi. Precedettero ambasciate, ma invano: i nostri Consiglieri furono costanti nel rifiuto. Vedendo ciò, dopo alcuni giorni il Viceré mandò a chiamare ad uno ad uno i Giurati di Città nel Palazzo Reale, dov’egli stava, e cercò con buone e cattive parole, e in un colle minaccie, di persuaderli. Lo stesso fece cogli Eletti; ma tutti furono concordi e costanti, e risposero che meglio sarebbero morti, che acconsentire a violare i privilegi della Città. E come vide tanta fermezza e tanta costanza, il Viceré s’indignò.

«E il giovedì, 30 Agosto, alle 5 del mattino, entrarono in Sassari tutti i soldati di Alghero, che erano 180 infantes, con quattro tamburi ed un cannone di bon tiro che chiamano Sacre. Li avevano fatti marciare nella notte, e furono acquartierati in Piazza, nella casa della Marchesa di Vallecolçaza (?). Durante quel tempo pioveva disperatamente.

«La notte seguente furono fatti venire altri 25 o 30 soldati da Castellaragonese, i quali entrarono in Sassari il venerdì 31, trasportando due pezzi di cannoni con molta quantità di polvere, di palle e di granate.

«In questo giorno ci venne riferito che si era mandato un Ordine-circolare, per tutti i villaggi del nostro Capo, vietando a chicchessia, con pene rigorose, che si portasse a Sassari alimento di sorta, e specialmente da Osilo – in modo che non entrava nulla, neppure neve per uso del Regio Palazzo.

«Il sabato seguente, 1° Settembre, si fecero venire altri 15 soldati di cavalleria che si trovavano in Ozieri, oltre quelli che stavano qui di guarnigione (de assiento); 150 circa, in modo che eravamo disperati – e maggiormente perché avevamo molta carestia di grano e d’ogni genere di alimento, essendo questo un anno cattivo, come il 1680.

«Furono allo stesso tempo sorvegliati severamente tutti i porti, perché nessuno potesse imbarcarsi o spedire carte. Si mandarono sottomano ordini rigorosi per tutti i villaggi, perché tenessero pronte le cavallerie alla prima chiamata, volendo con esse ottenere il consentimento della Città per la detta Gabella e stanghos. Ci tiranneggiarono oltre quanto si può credere; e avendo la Città chiesto al Viceré un termine per poter consultare sua Maestà, non ci fu verso ch’egli l’accordasse.

«La sera di sabato si diceva per Sassari, che il Barone di Sorso era stato scelto (o si era offerto) come mediatore perché si venisse ad una conciliazione. Ed in Piazza si diceva pure, che si erano chiamati i molti soldati che erano in Cagliari ed in Tempio, perché avevano deciso di chiudere tutte le porte della città, e di circondarla al di fuori con tutte le cavallerie dei villaggi, rimanendo noi chiusi dentro. Intanto il Viceré con tutta la soldatesca si sarebbero fortificati nel castello, munito dei pezzi d’artiglieria, e ci avrebbero lasciati morir di fame e di sete, e nel caso di nuova resistenza ci avrebbero distrutti a fuoco e a sangue.

«E in vista di una risoluzione così energica, e del breve tempo di sei ore che furono concesse ai poveri Consiglieri per deliberare in proposito, questi finalmente, per non disertare il posto, risolvettero di acconsentire, firmando tutto ciò che voleva il Viceré.

«E si proibì assolutamente lo stango del tabacco, però con proroga di tre mesi, perché i tabaccai potessero smerciare i tabacchi che ancora avevano. I poveri Consiglieri erano soli, e non avevano altro che pochi Eletti dalla loro parte; perocché molti erano stati destituiti fin dal principio, e tutti i Signori e la Nobiltà di Sassari si erano schierati dalla parte del Viceré; motivo per cui i poveri Consiglieri non ebbero alcuno per consolarli, e sono degni di tutta la compassione!».

Cessano i rigori. – «Il 2 Novembre, domenica, vi fu editto nella chiesa di Santa Catterina.

«Alla sera di questo giorno il Viceré rimandò tutta la soldatesca ai rispettivi paesi; e il lunedì fu permesso di nuovo ai villani di poter portare in Sassari grano ed altro.

«Il grano vendevasi a 13 lire – la farina a 16 soldi la corbula, – la sevada a 5 lire e 10 soldi, e il vino a 10 cagliaresi. Le uve erano immature, e marcivano per le frequenti pioggie. L’olio valeva a 10 scudi il barile – a 5 soldi il cartucho. Infine, temevamo molte sventure. Dios nos assista!».

Partenza del Viceré. – «Il 3 Settembre, lunedì, il Viceré tentò di togliere alla Cattedrale, fra gli altri frutti, tutto il sale che il re aveva dato e dà alla Mitra ed al capitolo Turritano; e ne nacque una questione. Non potendo conseguire l’intento pigliò loro un donativo grazioso. Verso le ore cinque per le sei di sera del giorno 5, mercoledì, il Viceré partì per Alghero, dove si trovava la feluca e la goletta, pronte per ricondurlo a Cagliari. Non volle che vi fosse anima vivente ad accompagnarlo».

Festa. – «Il lunedì, 1° di Ottobre, si suonarono le campane della Città e di tutte le chiese per gli anni del Re; e la notte vi furono balli in Palazzo per cura del Governatore Marchese Benites. V’intervennero i Giurati e tutta la Noblesa. Si ebbe pioggia tutto il giorno e la notte».

I nostri Consiglieri avevano già dimenticato il tabacco e gli insulti d’Hatalaya!

Segretario. – «Il 22 di Ottobre il Rev. Don Angelo Berlinguer, sacerdote di questa città, entrò in possesso della carica di Segretario del Secreto della Inquisizione, dietro giubilazione del Nobile Don Gavino Mallano».

Uccisione. – «Ottobre 31. Leonardo e Luca, fratelli Mona, uccidevano nella propria vigna il Dott. Bachisio Farayo.

«Si ebbe un tempo bellissimo, e rose in quantità; pareva un Maggio, una primavera. Si ebbe anche abbondanza di vino, e di lentischio; talchè l’olio di lentischio si vendeva a 10 e 11 cagliaresi il Cartucho. E questo fu un grande aiuto, per la mancanza che si aveva d’olio d’oliva!».

Qui l’Usai ci fa sapere che dal suo predio ottenne cento carichi di vino: quantità (dice lui) da me mai veduta!

Pregone. – «Dicembre 4. Si fece Pregone, ordinando che il grano non si potesse vendere più di 11 lire il rasiere, e la farina non più di 14 soldi e mezzo la corbula. Ma sparvero subito e grano e farina, e noi non sapevamo come fare. Dios nos assista!

«In questo tempo era una meraviglia l’abbondanza che si aveva del lentischio. L’olio si macinava nei molini dell’olio d’oliva, e si vendeva a 8 cagliaresi il Cartucho. Fu un gran sollievo per la povera gente. Il tempo era una primavera!».

Pistolettata. – «Dicembre 27. Ignazio Cano e Tamboni diedero una pistolettata a Gerolamo Pirisino nella salita di San Nicola, verso Turritana».