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Un cronista sassarese

Il notaio Domenico Usai

Viveva in Sassari, in quei tempi, un certo Domenico Usai, notaio, il quale aveva la pazienza di notare in un suo libriccino tutto quanto accadeva nella sua patria, nonché tutti gli affari di sua famiglia e i suoi privati interessi. Un frammento di questo Diario era posseduto dallo storico Pasquale Tola, come rilevai da una nota apposta all’articolo Usai, nel Dizionario degli uomini illustri. Desideroso di conoscere il contenuto di questi frammenti, mi rivolsi al figlio dell’illustre storico – cav. Cosimo Tola, residente a Genova – il quale, con squisita cortesia, si affrettò a inviarmeli. Sono 96 pagine scritte in cattivo spagnuolo, con una scrittura microscopica e barbara, ricca di abbreviazioni, e fatta con inchiostro sbiadito. Armato di pazienza mi posi all’opera – e dopo una settimana pervenni a decifrare e a tradurre alla bella meglio le curiosissime note dell’accuratissimo notaio. Il frammento dell’Usai è un fascicolo intercalare: comincia col 3 Agosto 1710 (due anni dopo cominciato il dominio tedesco) e finisce col 7 Aprile 1715 (due anni e sette mesi prima che il detto dominio cessasse). Il periodo della signoria tedesca in Sardegna è molto oscuro e scarso di notizie. Quanto a Sassari, gli storici non fanno cenno che di un tumulto popolare accaduto per l’abolizione della libera coltura e fabbricazione del tabacco. Il Diario dell’Usai è dunque per noi un documento prezioso. Quantunque le notizie siano di poco rilievo, pure esse possono dare una chiara idea dello stato della nostra città a quei tempi: costumi, delitti, prezzi di grani ed olii, stato meteorologico, ecc., ecc. Ed è per questo motivo che io riporto una gran parte delle notizie, tacendo le meno importanti, e sopratutto quelle che vengono ripetute con troppa frequenza. Sotto alla data rispettiva (per non interrompere l’ordine cronologico da me tenuto finora) farò seguire le altre notizie che mi fu dato spigolare nell’Archivio Comunale. Riportando le memorie dell’Usai, non ho avuto altra mira, che quella di esilarare alquanto i miei benevoli lettori. E se con tutta la buona volontà non sarò riuscito nell’intento, incolpatene pure il paziente Notaio del secolo XVIII. Egli è morto, e non potrà lamentarsene.