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Sassari Comune sotto la protezione di Pisa

Una lapide importante (1210 ?)

Il Lamarmora pubblicò una iscrizione tolta da un manoscritto di Michele Gilj, capitato nelle sue mani; il qual Gilj, che s’intendeva di antichità, era in relazione con Giovanni Virde, antiquario sassarese, che gli somministrava le notizie. Dalla detta iscrizione latina risulta, che Sassari nel 1213 già si reggeva a Comune ed aveva i suoi Uffiziali per l’Amministrazione, (tra i quali un certo Pietro De-Pilo che esercitava l’ufficio d’edile) ed un tesoro proprio, dal quale il Camerlingo traeva i danari per ristaurare il magazzino del sale per gli appaltatori che provvedevano la città e Provincia. Questa Iscrizione esisteva nel 1417 presso Francesco Marongiu di Sassari, da cui la copiò il Virde – come dice il Lamarmora. Noti il lettore per sua regola, che il Virde, copiando la lapide, scrisse per errore l’anno MCCXCII (1292) – il Martini, consultato dal Lamarmora, afferma con serie ragioni che il C doveva essere un I, e legge MCCXIII (1213); – il Lamarmora finalmente, per dire anche la sua, è di parere che il C doveva essere un V, e legge MCCXVII (1217). – E tutto ciò per mostrarvi quante variazioni può subire un’iscrizione antica passando sotto sei occhi! – Il maggior male è, che la lapide oggi non c’è più, e che lo scienziato tedesco Mommsen ha voluto mettere in dubbio anche la buona fede del notaio Gilj e del suo amico Virde!

Morte di Barisone III (1236)

In quest’anno morì il giovine principe figlio di Mariano II che nel 1233 era succeduto a suo padre nel governo turritano. Non avendo l’età prescritta per regnare gli fu costituito un Consiglio di Reggenza, a capo del quale era Adelasia, sua sorella. Appena asceso al trono, per rendere più stabile il suo dominio, egli confermò alla Repubblica di Genova le concessioni fattele da Mariano, e da Comita II suo avo, collo scopo di cattivarsi favori ed aiuti d’armi. Dopo tre anni, però, di regno, scoppiò una rivoluzione in Sassari, dove allora, a quanto suppone l’Angius, risiedevano forse i Giudici turritani. Pare che i cittadini irritati del mal governo, o sedotti da chi aveva interesse alla caduta di quella dinastia, lo perseguitassero fuggente, insieme ai suoi ufficiali, fino a Sorso, dove lo trucidarono. Così il Tola e l’Angius; ma dopo la scoperta della lapide che accerta l’esistenza della repubblica Sassarese alleata coi Pisani prima del 1213, è luogo a credere che il giovine Barisone co’ suoi abbia tentato d’impadronirsi di Sassari, e che i sassaresi lo abbiano punito della sua temerità coll’ucciderlo. – Si sa di positivo che Barisone fu seppellito a Sorso nella Chiesa di S. Pantaleo; ed era anzi antica tradizione degli archeologi Sardi, che una lapide esistesse colà con apposita iscrizione. Il Tola la riporta nel suo Dizionario Biografico, ma fa osservare, che dalle poche parole che vi si leggono risulta trattarsi di tutt’altri che di Barisone. E il Tola ha ragione; di fatto, quindici anni dopo, Lamarmora ci presenta un nuovo documento (tratto dal solito taccuino del Gilj) il quale reca un po’ di luce. In esso è riportato un frammento di lapide, la cui iscrizione fu decifrata dal Pillito. Vi si legge dell’uccisione di Barisone sepolto a Sorso nel 1236 – di più si fa cenno di un sicario P. (Pietro) sassarese, il quale con molti suoi scellerati compagni operò quella sedizione, spinti dall’ambizioso Ubaldo, primo marito d’Adelasia e cognato del giovine principe assassinato. Fatte ricerche dal Lamarmora, ecco quanto gli risultò: verso l’anno 1837, nella demolizione che si fece della vecchia chiesa di S. Pantaleone, col proposito di erigerne una nuova, fu trovata la lapide senza senso (di cui parla Tola) sovrapposta ad una tomba che conteneva uno scheletro umano collocato appiè dell’Altare Maggiore. In quanto al frammento della vera lapide, fu trovato invece a Sassari, o nei dintorni; ed ecco la ragione che ne dà il Lamarmora: «Negli scorsi anni, tra il 1236 (anno della morte di Barisone) e il 1497 (anno in cui esisteva il Gilj) e più probabilmente nel tempo in cui Sassari erettasi a repubblica era prepotente co’ suoi vicini, i Sassaresi, mal soffrendo in Sorso l’esistenza di un monumento destinato a tramandare ai posteri l’obbrobrio che ricadeva sopra uno o più dei loro concittadini, tolsero a viva forza quella lapide,  ne collocarono un’altra con un’iscrizione estranea al caso, e portarono la prima a Sassari, dove fu copiata dal Virde in uno stato deplorevole di mutilazione. – I Sassaresi, però, colla lapide non giunsero a distruggere la tradizione popolare del tremendo e barbaro assassinio». Mi perdoni l’anima del Lamarmora, ma questa storiella del rapimento a viva forza della lapide di Barisone da Sorso, la sostituzione di un altro marmo insignificante, e più ancora quel darsi il fastidio di trasportare quel monumento a Sassari, senza pensare a farlo in frantumi e a distruggerlo in Sorso, mi pare una trovata infelice per un archeologo ed uno storico! – Se è vero che i Sorsinci si lasciarono togliere una lapide colla violenza; se è vero che se ne stettero colle mani in tasca lasciando che si profanasse in tal modo la loro chiesa, non è ragione a credere che abbiano lasciato sulla tomba dell’infelice Barisone quel marmo mentitore, conservato fino al 1837. Di più, la tradizione della violenza usata al loro paese, si sarebbe tramandata insieme alla tradizione dell’assassinio. I Sorsinci ci avrebbero più facilmente perdonato l’uccisione di un principe in una rivoluzione, che la violenza usata nel violare una tomba dentro la loro chiesa. Il ragionamento del Lamarmora sarà un bel lavoro, ma non è finito: ha bisogno di un piedistallo per reggersi in piedi. Il certo è, che il Papa Gregorio IX, commosso dalle querele di Adelasia, sorella di Barisone, commetteva all’Arcivescovo di Pisa di fulminare le Censure contro gli autori del misfatto – e gli scomunicati furono i Sassaresi! Sappia intanto il lettore per pura curiosità, che prima di trovare la detta iscrizione nel taccuino del Gilj, il Raynaldi parlando degli autori della ribellione li chiama Sazarenses; il Mattei per abbaglio corregge Sarzanenses; il Gattola copiando il Mattei scrive addirittura che Barisone fu assassinato dalle truppe di Sarzana (!); il Padre Napoli lo fa uccidere nel 1221 (quindici anni prima) dai soldati Sarzanesi; l’Angius dice che Sazarenses viene da Sazeri (chiamata così Sassari anche tuttora dai Sardi meridionali). Il Martini dice puramente che Barisone fu fatto uccidere da Ubaldo suo cognato per ambizione di governo. Fidatevi poi degli storici! A chi dobbiamo credere? – la maggior parte di essi parla sempre di truppe e di soldati – dunque trattavasi di una rivoluzione, non d’un assassinio; i Giudici non risiedevano a Sassari – dunque Sassari si reggeva a comune; Ubaldo non aveva bisogno di odiare Barisone in Torres, di farlo ammazzare in Sassari, e di farlo seppellire in Sorso – dunque, fino a prova contraria, ne sappiamo meno di prima!

Sassari luogo sicuro (1257)

Allorché i Genovesi, dopo aver combattuto a Sant’Igia, dovettero cedere questa fortezza ai Pisani, capitanati dal conte Guglielmo di Capraia, nei patti della resa Sassari fu designata come luogo sicuro, nel quale dovevano ritirarsi e rimanere liberamente i duci supremi, la soldatesca e gli abitanti della fortezza. L’indipendenza del Comune di Sassari era principalmente dovuta all’autorità della protezione pontificia, sotto la quale si era successivamente ingrandito e governato. Siccome Sassari era compresa nel Regno Turritano, il quale (dopo la morte di Adelasia che ne avea ricevuta l’investitura nel 1237) era stato usurpato da Michele Zanche, Vicario d’Enzo in Sardegna, i Papi mettevano maggior impegno e sollecitudine onde preservarlo da qualunque assalto ed invasione. Però non vi riuscirono, e il loro diritto, la voce e le proteste furono alcun tempo soverchiati dalla forza.

Spedizione genovese (1262)

Precivalle (secondo altri chiamato Princivalle) e Nicolò Doria preparano una spedizione di 200 cavalieri e 350 fanti, (parte assoldati coi danari tolti a prestanza dal Comune di Genova, e parte promessili da Manfredi re di Sicilia) per ricuperare tutti, o la maggior parte dei beni (com’essi dicevano) che per dritto gli appartenevano nel Giudicato di Torres.

Il Conte Ugolino a Sassari (1267)

Il famoso Conte Ugolino della Gherardesca, per speciale mandato del Comune di Pisa, accompagnato da Tuscio Ruffo e da altri suoi fidi e consorti, invade con valida mano di gente d’armi il Giudicato, e spintosi fino a Sassari ne infesta gli abitanti e vi cagiona gravissimi danni. Saputosi ciò dal papa Clemente IV, cercò modo d’indurre la Repubblica di Pisa a richiamare immediatamente da Torres e da Sassari il Conte Ugolino e i suoi aderenti e fautori. I Pisani però e il detto Conte, che erano Ghibellini ed avevano interesse a dominare e far traffichi in Sardegna, continuarono per parecchi anni ad occupare Sassari ed una parte del Regno Turritano. Quando il detto Ugolino si presentò coll’esercito a Sassari, è probabile (nota il Tola) che con una carta di clientela questa città si avvassallasse alla Repubblica di Pisa; motivo per cui, quando con Zanche cadde il Regno di Logudoro, Sassari non si trovò indipendente. Anche secondo l’Angius, è questo l’anno in cui Sassari potè sottrarsi all’autorità di Zanche, e stipulati dei patti coi Pisani, si resse a libero Comune sotto la protezione di Pisa. Più tardi però lo stesso Angius modifica la sua opinione, dietro la comparsa della lapide illustrata dal Lamarmora, dalla quale risulta che prima del 1213 Sassari era libero Comune sotto ai Pisani. Chi lo sa? Anche i preti avranno favorito la Repubblica di Sassari. Scrisse il Martini, che seme di grandi discordie era a quei tempi l’influenza dei Chierici pisani nella chiesa sarda, risvegliando nel popolo sardo la guerra e la discordia, onde assoggettarlo intieramente alla pisana dominazione.

Arrigo da Caprona (1272)

Il Comune di Sassari si reggeva già da tempo con ordini popolari, e la Repubblica di Pisa vi mandava annualmente un Podestà. Il Tronci negli Annali Pisani dice, che in quest’anno Pisa affidò questo supremo ufficio al novello Podestà Arrigo da Caprona. La parola novello è chiara abbastanza per dinotare che altri Podestà vi aveva già mandati. In questo stesso anno moriva a Bologna Enzo, marito di Adelasia di Torres, dopo 22 anni di prigionia. La madre di Enzo, che era stata la concubina di Federico II, era pur concubina di Michele Zanche. Che fece questo barattiere? – fece in modo che questa donna fosse riconosciuta erede del figlio e nominata Giudicessa di Torres; quindi la sposava, beccandosi così il titolo di Giudice Turritano.

Il Papa e i Pisani (1273)

Gregorio X scrisse una veemente epistola, e quasi un monitorio, ai Pisani acciò abbandonassero nel perentorio termine di tre mesi il Giudicato Turritano che apparteneva, colla Sardegna, alla Sede Apostolica – e, in particolare, la insigne città di Sassari, la quale n’era come a dire il centro ed il capo (Sassarum locum insignem et quasi caput Judicatus ipsius). Si ricava da documenti, che Gregorio X fulminò la scomunica contro al Comune di Pisa perché continuava sempre ad occupare il Giudicato di Torres e di Sassari che ne era la capitale, con pregiudizio dei diritti della Sede Apostolica. Si vede da ciò che Sassari fioriva, e stava a cuore del Papa; ma i Pisani erano sordi alla voce del Pontefice, e per non abbandonare Sassari si rassegnavano anche alla scomunica.

Morte di Zanche (1275)

Brancadoria, genero di Michele Zanche, ultimo Regolo di Torres, diventato signore di Sardegna, per togliere la corona al suocero lo invitò a pranzo, e quando erano alle frutta lo fece pugnalare a tradimento al fianco della propria figlia. Brancadoria faceva con Zanche, ciò che Ubaldo aveva fatto un giorno con Barisone III! – Il Padre Napoli fa morir Zanche nel 1271 – e ciò potrebbe favorire coloro che dicono Sassari retta a Comune colla morte dell’ultimo Regolo di Torres; diffatti in questo caso, il novello Podestà Arrigo di Caprona, spedito a Sassari nel 1272, potrebb’essere il secondo Podestà. E’ questo il tempo in cui Sassari viene fuori, addirittura ragguardevole città e Capo di quel Regno Turritano, che in mille guise si disputavano colle armi alcuni dinasti sardi e forestieri, cioè: – Brancadoria, l’assassino di Zanche -Mariano II – Guelfo del Conte Ugolino – e infine le due Repubbliche di Genova e di Pisa, le quali per ambizione di potere e per interessi di commercio erano costantemente rivali. Sassari allora acquistò il nome di Civitas turritana. La Repubblica di Genova era però più attiva di quella di Pisa, e in certo modo anche più potente, perché da gran tempo vi commerciava e vi aveva molte famiglie. La città si divise in due grandi fazioni, la Genovese e la Pisana, ed ambe avevano dalla loro parte un forte partito di Sassaresi.

Le cinque Parrocchie (1278)

Dorgodorio, Arcivescovo Turritano, fu il primo che abbandonò in quest’anno la Sede di Torres, già quasi deserta di abitanti, per fissare la sua residenza in Sassari, sua patria. Con atto del 24 Settembre divise la città nelle attuali cinque Parrocchie: San Nicola (che fino a quest’anno si chiamava Nostra Signora del Popolo, di cui era pievano Pietro Fara) – Santa Caterina – San Sisto – San Donato – e Sant’Appolinare. Edificò pure a sue spese il Palazzo Arcivescovile.

Tregue

I Sassaresi segnano atto di tregua con Barisone Doria (nipote dell’uccisore di Zanche) il quale per tre anni li aveva continuamente osteggiati. Si liberarono pure, e non furono più molestati, dalle pretese del Conte Guelfo, figlio del Conte Ugolino.

Due Vescovi poco corretti (1283)

Convenzione della Repubblica di Genova coi Vescovi di Bisarcio e di Ampurias, i quali promettevano il loro aiuto e quello dei loro dipendenti e aderenti per far cadere in suo potere la villa e terra di Sassari. I Sassaresi però non volevano sapere di Genovesi; scacciarono anzi il loro concittadino Pietro Rimenato perché amico di quelli. Il Rimenato per vendicarsi de’ suoi compatriotti e dei Pisani, si fe’ capo di numerosa soldatesca composta la maggior parte di Genovesi, assaltò le terre di Torres e quindi di Sassari, e devastò tutto quanto cadde sotto le sue mani.

Benedetto Zaccaria (1284 – Agosto)

Famosa battaglia della Meloria in cui le forze navali di Genova prostrano per sempre la potenza pisana. Fanno prigioniero il Conte Ugolino. Benedetto Zaccaria parte da Genova con 30 triremi, coll’animo di espugnare la città di Sassari; ma i venti contrari confinano la sua flotta in un porto di Corsica, dove Benedetto matura il suo disegno. Intanto gli giunge la nuova della spedizione del famoso Alberto Mauroceno di Venezia, che si era mosso per assaltare Genova; e quindi, abbandonato il pensiero dell’espugnazione di Sassari, ritorna sollecito in patria, dopo aver riflettuto, che prima di accendere il fuoco in casa d’altri, conviene meglio spegnere quello acceso in casa propria.

Seconda Convenzione di Genova (1287)

Venne stipulata coi discendenti di Andrea Doria, marito a Susanna di Lacon, figlia di Barisone II re di Torres, per la cessione dei loro diritti su varie terre e castella e sul porto turritano, nel caso in cui venisse in sua potestà la città di Sassari. La quale convenzione, per patto esplicito, doveva effettuarsi, volendo Genova possedere il Comune di Sassari (postquam Comune Janue habere ceperit villam de Sassaro). Parole testuali della Convenzione.

Altra Convenzione di Genova (1288)

Stipulata coi prigionieri pisani e col Comune di Pisa, il quale si obbliga di cederle e consegnarle, oltre varie castella del Logudoro, villam de Sassaro cum districtu, territoriis et pertinentiis Sassari et cum omni iurisdictione, cum villis et hominibus de Romagna et omnibus villis aliis ecc., ecc. Gli uomini di Sassari però non erano disposti a cedere alle pretese del comune di Genova, come cedeva Pisa vinta e Ghibellina; anzi guerreggiavano coraggiosamente per sostenere la propria indipendenza. I Pisani avevano cercato di stabilirsi a Sassari nell’intento di scemare l’influenza dei rivali che avevano nel Logudoro molte possessioni. Ma anche i Genovesi lavoravano, ed avevano per loro molti cittadini che odiavano i Pisani per ragioni pubbliche e private – e fra i quali il sassarese Pietro Rimenato, di cui facemmo menzione. Parecchi autori sono concordi nell’asserire che Pisa voleva comandare Sassari per semplice orgoglio di dominio, mentre Genova non era mossa che dall’ingordigia del guadagno. Pisa voleva essere signora – Genova voleva sfruttare.

Antichità di Sassari

Dalle diverse raccolte qua e là da diversi documenti storici, risulta chiaramente, che Sassari non apparì improvvisamente città dopo la morte di Michele Zanche, come affermano la maggior parte degli storici, fra cui il Tola; ma essa era già una città importantissima mezzo secolo addietro; anzi, se dobbiamo credere all’antica lapide riportata dal Lamarmora, Sassari era già città libera e indipendente fin dal 1213 – cioè, 62 anni prima che Brancadoria invitasse a pranzo suo suocero per farlo sgozzare fra un piatto di lenticchie ed un arrosto di capretto. Una città che ci si presenta come la vedremo nel 1294, non doveva avere meno di due secoli di vita; e da questo lato io sarei pienamente d’accordo con Roncioni, storico pisano, che la disse città forte nel 1012 – due secoli e mezzo prima della caduta del Giudicato Turritano. – Vero è che, qua e là, viene fuori di tanto in tanto qualche notizia che sparge un po’ di dubbio sull’asserzione dell’iscrizione lapidaria del Lamarmora, ma, che farvi? Bisogna contentarsi del poco che ci fu dato raccogliere di quest’epoca; sono le sole notizie che finora esistono, e le abbiamo tutte esposte al lettore perché egli possa farsene una Storia tutta sua; è l’unico modo di soddisfare tutti, risparmiando a noi l’inutile fatica di fabbricare sulla sabbia.

I Genovesi acquistano terreno

I sei anni che seguirono al 1288 non furono cosi turbati dalle fazioni guerresche. Non mancarono forse le insidie e le segrete macchinazioni, e si è veduto che Genova nutriva sempre la speranza di assoggettare il Comune di Sassari, postquam Comune Janue habere ceperit villam de Sassaro. La Storia però non ci serba documenti positivi dei mezzi adoperati da quell’ ambiziosa Repubblica per ottenere coi maneggi politici ciò che non avevano potuto conseguire colla forza delle armi. Dai fatti posteriori – dice il Tola – si può soltanto argomentare, che essa, a forza di pratiche e perseveranza, riuscì finalmente a far prevalere fra i Sassaresi il partito Ghibellino, il quale, insinuandosi poco per volta nei Consigli del Comune, fattosi preponderante nelle risoluzioni degli Anziani del popolo, abbassò prima e poscia ridusse all’impotenza la parte guelfa che per lo innanzi aveva esclusivamente dominato con favore e cogli aiuti pisani. «Caduto in mano dei Ghibellini il governo della Repubblica, i Capitani del Comune prestarono più facilmente orecchio alle proposizioni di concordia e di amícizia fatte dai Genovesi. Imperocché costoro, ammaestrati dall’esperienza, né più volendosi cimentare alla conquista di un paese che aveva sempre combattuto per la propria indipendenza e mostravasi parato a respingere qualunque aggressione straniera, trovarono più sicuro un accordo fra le due Repubbliche, anziché una guerra nuova ed incerta, la quale poteva compromettere, e forse anche distruggere i vantaggi commerciali e politici da essi già ottenuti nel lungo giro di quattro lustri». I Pisani (dice saggiamente l’Angius) avevano cercato di stabilirsi in Sassari nell’intento di scemare la influenza della rivale Genova, e di accrescere la propria in quella parte dell’Isola, sperando d’impedire che i Genovesi, i quali avevano nel Logudoro grandi stati, giungessero a dominarvi senza contradizione, e che indeboliti da una perenne guerra sarebbero costretti a lasciare il luogo. – Ma quanto essi studiavano a danno dei Genovesi, tanto questi si adoperavano a danno degli emuli, ed erano in questo favoriti da molti cittadini che odiavano i Pisani per ragioni private e pubbliche, tra i quali si trova nominato Pietro Rimenato». E da qui ebbe origine la Convenzione tra il Comune di Genova e quello di Sassari, che trattata prima dalle due parti per mezzo dei loro Sindaci e ambasciatori, fu poi ridotta ad effetto nel 24 Marzo 1294.

Leggi e Consuetudini

Ci resterebbe ora a parlare dello stato della città di Sassari sotto la protezione di Pisa, ma ciò si rileverà dalla parte quarta, dove, parlando di Sassari retta a Comune e alleata con Genova, riporteremo l’intera Convenzione del 1294, e daremo un cenno degli Statuti promulgati nel 1316; – i quali possono darci una giusta idea dello stato in cui si trovava la nostra città sotto la dominazione pisana.

Possiamo però premettere, che dalla Convenzione con Genova si ricava, che gli Statuti ed ordinamenti della Repubblica sassarese pubblicati nel 1316 erano già in osservanza ed avevano forza di legge nel Comune. Si chiamavano Consuetudini perché fino al 1316 non furono scritti né promulgati. – Queste Consuetudini nella Convenzione sono chiamate antiche, lo che significa che esistevano fin dal tempo dei Regoli Turritani, o meglio, fin dal primo tempo in cui Sassari fu Repubblica, alleata coi Pisani; e pare che allora fosse retta da Capitani di Giustizia; e diffatti all’Articolo 86, Libro I, degli Statuti è detto: al tempo dei Capitani. Certo è, che una Convenzione colla Repubblica di Pisa, nonché speciali Statuti per Sassari, dovevano esistere; le invasioni, però, e le rivoluzioni d’ogni genere che tribolarono in ogni tempo la nostra città, li dispersero.

Lingua

Ai Pisani dobbiamo anche il nostro dialetto, che per la maggior parte è quasi lo stesso che vi si parla oggi – una specie di toscano del secolo XIII – corrotto più tardi da un po’ di corso e da molto spagnuolo. Si noti che, siccome Sassari fu la sola città dell’Isola la quale si resse a Comune sotto la protezione pisana, così pare che abbia mantenuto il proprio linguaggio, che si parla unicamente a Sassari, e, con qualche variante, nel vicino villaggio di Sorso.

Fortificazioni

Pare che nel secolo XII, e per un tratto del seguente. la terra di Sassari fosse aperta; non aveva che il semplice Castello di cui abbiamo parlato; il quale si crede esistesse nel posto dove è oggi la Caserma, cioè a dire nello stesso punto dove sorgeva l’altro, demolito parecchi anni or sono. Si cominciò a circondare Sassari di mura verso la metà del secolo XIII; e quando sottentrarono i Genovesi, questi continuarono l’opera incominciata dai Pisani, inalzando all’intorno le mura.

Riassunto

Da quanto abbiamo finora esposto ci risulta, che Sassari fu libero Comune fin da tempi remoti; quanto poi all’anno preciso della fondazione della sua libertà, lo sa Iddio! Se crediamo al Roncioni, fu nel 1012; se alle Carte di Arborea, fu nel 1205; se al Lamarmora, prima del 1213; se al Gilj, al tempo di Barisone, nel 1236; se al Tola, colla venuta del Conte Ugolino, nel 1267; se al Tronci, verso il 1270; se poi vogliamo credere a tutti ed a nessuno, fu dopo la morte di Michele Zanche, nel 1275. Prima d’inoltrarmi nei periodi positivi della Storia Sassarese, sento il dovere di dare un buon consiglio ai miei lettori. Volete istruirvi nella storia patria? – Scegliete il vostro Storico Cubicolare, e abbiate cieca fede nel suo libro. Ché se voi, per disgrazia, ne consulterete più d’uno, in verità vi dico, che non capirete più niente. Per vivere sani di corpo e d’intelletto bisogna consultare un solo medico e un solo storico!