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Piazza Castello

Risalendo il corso Vittorio Emanuele da Porta Sant’Antonio, si arriva in Piazza Azuni. Lì il Corso si divide in due vie: largo Cavallotti sulla sinistra della piazza, e via Luzzatti, sulla destra. Entrambe portano a piazza Castello, così chiamata perché sino al 1878, quando venne demolito, sorgeva il Castello Aragonese. Di questa piazza, e dei nomi via via attribuitigli, parleremo più avanti. Via Luzzatti si chiamava prima via Finanze; è dedicata all’economista Luigi Luzzatti che nel 1910 fu restauratore delle finanze dello Stato e di quelle comunali; per questa ragione, Sassari gli conferì la cittadinanza onoraria. Largo Cavallotti, invece, è intitolata allo scrittore e deputato Felice Cavallotti, il quale difese in Parlamento gli interessi della Sardegna, da lui ripetutamente visitata. Cavallotti fu ucciso in duello dal giornalista Macola e a Sassari, per sottoscrizione popolare, fu scolpita una lapide murata sulla facciata di piazza Azuni. Tempo dopo, lo scultore Ettore Ferrari modellò il busto che si trova al centro dell’aiuola di fronte al grattacielo (rimosso in epoca fascista insieme alla lapide di piazza Azuni e ricollocato dopo la seconda guerra mondiale). Il monumento venne inaugurato il 29 aprile del 1900. Anche Largo Cavallotti cambiò denominazione durante il fascismo, chiamandosi Largo XXVIII Ottobre in memoria della marcia su Roma, ma nel 1943 riprese l’antica denominazione. Si diceva di piazza Castello: si tentò di ribattezzarla innumerevoli volte, ma con forza l’antica denominazione tornò sempre. Così ci fu chi dopo la Prima guerra mondiale tentò di chiamarla piazza Plebiscito, a ricordo del plebiscito fascista che aveva sostituito le libere elezioni. Dopo la Seconda guerra mondiale si tentò ancora di denominarla piazza Costituzione, e poi ancora piazza Repubblica. La piazza, poi, era conosciuta dai sassaresi come Lu Pianu, cioè il “Pian di Castello”, lo spazio largo davanti al Castello Aragonese, dove i facchini (carriaggi), la manovalanza dei trasporti urbani, la mattina aspettavano il lavoro. Erano conosciute come persone arroganti e per la loro cafoneria venne coniato il detto popolare “Sei maraduccaddu cumenti un carriaggiu di lu Pianu”.