Sassari Piemontese

• 1856. Carnevale

Il Carnevale del 1856 fu uno dei più animati e chiassosi di Sassari. I superstiti del cholera pareva volessero soffocare nei febbrili divertimenti i ricordi dell’orribile strage. Il Municipio aveva con manifesto raccomandato ai cittadini di non vestire il lutto per i trapassati; fu misura saggia, perocché non vi era in Sassari famiglia che non avesse perduto strettissimi parenti. Il 10 febbraio vi fu in Teatro una festa da ballo a totale benefizio degli orfani dei cholerosi; il concorso fu grande, e l’introito ascese a 1.250 lire. 

• Ancora del cholera

Tutto quest’anno il Municipio non si preoccupò che di rimborsare le spese fatte per l’epidemia del 1855. Si pagano con stenti e sagrifizi i medici cagliaritani, il cui onorario ascese a circa 10.000 lire. Il 31 marzo si supplica il Ministro dell’Interno, per ottenere dal Governo un sussidio. «Se non valesse la generale desolazione del paese (si dice) valgano almeno ad accordarlo i lamenti di tanti orfani e di tante vedove derelitte». Si scrive continuamente ai comuni (fra i quali Macomer, Nuoro, Bosa, Ozieri, S. Lussurgiu, ecc.) per il rimborso di spese anticipate per medicinali e medici colà spediti; le somme dovute dai comuni ascendono a L. 40.169. 16. Si fa osservare al Governo che fu troppo doloroso dover gravare i poveri cittadini del ruolo straordinario di 112.000 lire – mentre invece il Governo aveva risentito notevoli vantaggi dall’epidemia, per l’incasso considerevole e straordinario avuto dai dritti di successione, in conseguenza delle avvenute stragi.
Più tardi in seduta del 18 giugno, fu deliberato di erigere nel Cimitero un monumento in memoria dei morti di cholera in servizio del paese.

• Ricorso

Oltre sessanta cittadini presentarono un libello nanti il Tribunale della Provincia, chiedendo la condanna del Direttore del Censimento per i molti danni cagionati per gli errori nella formazione del Catasto del territorio di Sassari. Il Consiglio, in seduta del 4 marzo, nomina una commissione d’inchiesta.

• Cava di gesso

Goetta Giuseppe, genovese, chiede al Municipio il permesso di coltivare una cava di gesso, esistente nella Nurra, più il taglio delle piante ivi esistenti per alimentare le fornaci. Gli si concede per cinque anni: con la condizione che paghi al Municipio il 3 per cento sul prodotto del minerale greggio, e che lo metta in vendita a 5 centesimi il chilogrammo.

• Passeggiata e forche

Il Consiglio, volendo allargare la passeggiata del giardino pubblico, delibera di far pratiche perché non abbiano più luogo colà le esecuzioni capitali; e ciò, non solo per lo spiacevole senso delle esecuzioni, ma per garantire le piante, sempre danneggiate dal considerevole concorso a quei crudeli spettacoli. Si era proposto, fin dall’11 febbraio, di piantar le forche dinanzi alla chiesa di S. Paolo; ma l’Ufficio Fiscale non volle saperne, per essere quel campo lontano dal Convento di S. Agostino, presso il quale era il cimitero degli appiccati. Il Consiglio torna a proporre S. Paolo, chiedendo di poter dar sepoltura ai giustiziati nel  Camposanto.

• Per la Storia

Dietro proposta del Consigliere Carlo Rugiu, il Consiglio, in seduta del 18 giugno, delibera di raccogliere una cronaca scrupolosa di tutti i fatti di Sassari, per facilitare nell’avvenire chi volesse scrivere una storia del nostro paese. Fu nominata a tale scopo una Commissione, che venne composta dei consiglieri Prof. Maninchedda, e dei medici Pasquale Umana, Achille De Vita e Antonio Sechi – Come vedesi, si era sempre sentito il bisogno di raccogliere i fatti notevoli di Sassari, non esistendo alcun libro che li registrasse.
Inutile dire che la Commissione non fece nulla; perocché il compito era più gravoso di quello che si credesse, per la difficoltà di raccogliere i documenti, la maggior parte dei quali non esistevano a Sassari. E postocchè mi torna qui acconcio, devo dichiarare, che le notizie di cronaca da me raccolte dal 1848 al 1880 mi costarono quasi maggior fatica di quelle antiche, poiché dovetti trarle da opuscoli pubblicati, da processi, dagli atti della Camera, e da corrispondenze. La nostra Biblioteca non ha mai usato raccogliere i giornali locali, che pure sono tanto importanti perla Storia; ond’io dovetti bene spesso ricorrere alle corrispondenze mandate ai giornali di Cagliari, i quali vengono tenuti in quella Biblioteca con un ordine ammirabile, e rilegati in volumi.

• Un famoso bandito

Nel pomeriggio del 23 giugno (vigilia di S. Giovanni) fu ucciso dai carabinieri nelle vicinanze di Sassari (in Logulentu) il famigerato bandito Pietro Cambilargiu d’Osilo. Il Municipio di Sassari, l’indomani, fa rapporto del fatto al Ministro dell’Interno, dicendo che il Cambilargiu fu ucciso dopo viva resistenza, sebbene i carabinieri fossero in piccolo numero. Raccomanda vivamente al Ministro il Maresciallo d’alloggio Efisio Scaniglia, capo della spedizione, composta dei carabinieri Usai, Vargiu, Porqueddu, Pugioni e Catte. «Alla energia e scaltrezza del primo, ed all’ardire entusiasta dei secondi (si scrive) dovrà Sassari e il Logudoro la tranquillità desiderata, per la mancata esistenza d’un fuoruscito che infestò per ogni sorta di malfare, era pernicioso altresì col solo prestigio del temuto suo nome». – Lo Scaniglia, infatti, ed i carabinieri, ebbero attestati di benemerenza.
Senza menomare la bravura dello Scaniglia (più volte encomiato per atti di coraggio) non posso qui tacere della voce tuttora insistente e della credenza popolare che il Cambilargiu fosse stato ucciso a tradimento da un falso amico comprato, e che prima delle palle dei carabinieri altra palla lo avesse freddato.

• Timori di cholera / 1

Le stragi fatte dal cholera nel 1855, di troppa fresca memoria, resero più impressionabili il Municipio e i cittadini sassaresi, i quali: alla notizia che il cholera infieriva qua e là nel continente, pensarono subito a misure preservative – troppo scottati dall’indolenza in cui erano caduti nello scorso anno.
Si comincia deliberando diverse aperture alla cinta, coll’atterrare cioè diverse porte, come quella di S. Antonio e d’Utzeri; si pensa all’ampliamento del camposanto; nel luglio si delibera la costruzione di tomboni che si vogliono costrurre in Baddimanna, servendosi di una cava abbandonata; si stabilisce una visita alle farmacie, per verificare se sono abbastanza provviste nel caso di una nuova epidemia; si delibera e si fa autorizzare un Prestito di 50.000 lire per far fronte alle spese per l’attuazione di alcune misure sanitarie preventive e il Municipio invita il pubblico, con manifesto del 12 luglio, a volervi contribuire con azioni da L. 100.
Insomma, si pensa a tutto, con quell’attività e zelo, che sventuratamente sogliono dimostrarsi pochi mesi dopo che l’epidemia è cessata tornando magari a dormire nell’ora del pericolo, come purtroppo accade di frequente!

• Idrofobia e cani

Nell’agosto, dopo un caso d’idrofobia accaduto in campagna, per cui dovette morire il contadino Sechi Antonio Gavino, si prendono serie misure contro i cani perché più non si ripetano simili disgrazie.
Due anni dopo – nel ‘58 – dopo altro caso d’idrofobia, il Municipio pubblica un manifesto, col quale si avverte che i cani vaganti saranno ritirati, e dopo 24 ore uccisi.

• Guerra in Crimea

Il 19 agosto si ricevono dal Governo L. 465 perché dalla Sotto Commissione Provinciale vengano ripartite fra le famiglie povere dei soldati che presero parte o decedettero nella Guerra d’Oriente. Nei primi dell’anno – all’incontro – si erano spedite dal Municipio L. 270. 65, prodotto d’una colletta per concorrere ad un Ricordo della Nazione alle truppe sarde combattenti in Crimea.

• Guardia Nazionale

Il 3 settembre si risponde al Governo, che stante il cholera e i molti disturbi capitati in otto mesi, la Guardia Nazionale non aveva potuto organizzarsi; ma che nella Sessione autunnale il Consiglio avrebbe pensato a ristabilirla, essendosi mantenuta la spesa in Bilancio.

• Levatrici

Il Dottor Col Bene, incaricato delle lezioni d’ostetricia e del servizio necroscopico, riferisce all’Intendente, che l’imperizia delle Levatrici è somma, né si vuole mai ricorrere ad un pratico; talché in due mesi soccombettero tre puerpere e cinque feti.

• Prestito

Il 15 dicembre, mentre il Municipio ringrazia il Governo del concessogli prestito di L.200.000, e dell’ordine di versarsene la prima rata (la metà) nella cassa civica, dice che è addolorato per l’ordine ricevuto di versare nella R. Tesoreria L. 29.234 in isconto degli arretrati del Canone Gabellano 1853-54 – e L. 59.230 in rimborso di ugual somma sovvenuta al Municipio nel tempo del cholera – quindi quasi tutta la prima rata del Prestito. Scrive che il Prestito lo ha chiesto per urgenti opere pubbliche; che è disposto a pagare gli arretrati del Canone Gabellano, ma quanto alle spese del cholera domanda poterlo pagare dal prodotto del Ruolo straordinario. Come vedesi, la città di Sassari fu ben poco aiutata nel tempo del cholera. Già, si capisce: lontano dagli occhi, lontano dal cuore! Invece, nel 1884, non solo si aiutò Napoli con danaro, ma si pensò generosamente a sventrarla!

• Sicurezza pubblica

Quest’anno fu notevole per lo scuoprimento di quell’accolta di assassini che da lungo tempo gettarono lo sgomento nella città di Sassari. La maggior parte dei delitti che funestarono il paese fin dal 1835, e che aumentarono sensibilmente dal 1848, non avevano che un’unica fonte: essi si tramavano misteriosamente nei silenziosi laberinti dello Stabilimento delle sanse, attivato dai successori dell’Uxel. 
Nell’anno 1856 – in cui si scuoprirono le fila – si erano lamentati molti delitti. Furono assassinati un Nicolò Siri genovese; un Gavino Mura carpentiere di Sassari; un Pietro Dessì preposto delle R. Gabelle; un Salvatore Fadda Seli; un Efisio Sbressa. Di più, un uomo mascherato era penetrato in una camera dello Stabilimento delle sanse, e vi aveva barbaramente assassinato uno dei proprietari: Antonio Ardisson e sua moglie.
Sui particolari di questi assassini io sorvolo; e li avrei ben volentieri tacciuti, se un francese – Gustavo Jourdan – in un opuscolo pubblicato a Parigi nel 1861, non avesse gettato un’orribile accusa sui sassaresi, dicendo che essi avevano assassinato diversi forestieri, fra cui i due Ardisson, solamente perché questi vollero impiantare in Sassari un molino a vapore. Qual mano avesse versato il sangue di uno dei due fratelli, non posso qui dire né lo voglio!
Dirò soltanto, che furono tratti in arresto venti accusati, di cui due come capi, e gli altri come facenti parte d’un’associazione formatasi in Sassari dopo il 1848, e che durò fino al 1856 circa, ad oggetto di delinquere e contro le proprietà e contro le persone.
Il dibattimento cominciò il 6 febbraio e terminò il 12 aprile del 1860, nanti la Corte d’Appello di Cagliari. Vi furono condannati tre alla pena di morte da eseguirsi a Sassari; uno alla galera in vita; due a quindici, e uno a dodici anni di lavori forzati; e quattro alla reclusione per 3, 4 e 10 anni.
Erano a difenderli dodici avvocati, fra i quali il celebre Stanislao Mancini chiamato appositamente in Sardegna.
Fatto è che, dal 1856 in poi, i delitti divennero molto rari nella città di Sassari – e ai cittadini fu facile indovinarne il motivo. Il nerbo dei malfattori era stato colto nella rete, ed il cholera l’anno prima aveva contribuito ad assottigliarne il numero.
I tristi casi dello Stabilimento delle sanse divennero celebri, perché in poco tempo fecero il giro dell’Italia e dell’estero; ond’è che molti dovettero occuparsene, fra cui il Jourdan, il Vivanet, il Siotto Pintor ed altri.

• 1857. Ospiti illustri

Il 5 febbraio arrivò a Sassari S.A. il Duca d’Orleans Conte di Parigi. Prese alloggio nella Locanda d’Italia, e visitò tutte le chiese e gli stabilimenti del paese. All’indomani si recò a caccia alla Cruca, e fu colà alloggiato dal Cav. Simplicio Maffei, al quale, più tardi, mandò in dono alcuni preziosi oggetti d’arte.
Nel 24 maggio, dopo tre mesi di soggiorno a Sassari, partì il Dottor J.G. Bornemann, distinto naturalista prussiano. Egli visitò molte miniere dell’isola e fece l’analisi di molti prodotti minerari.
II 21 novembre arrivò a Sassari il celebre improvvisatore poeta Avv. Antonio Bindocci. Il lunedì, 23, nel Teatro Civico, improvvisò alcuni componimenti, fra i quali uno sul monumento  da erigersi ad Azuni, ed altro su Don Margotti, eletto deputato ad Oristano. Queste due poesie ottennero il plauso generale.

• Esecuzione

Fin dalle prime ore del mattino del giorno 19 maggio, un’insolita moltitudine ingombrava la piazza Castello ed il Corso.
Alle ore 5, un carro tirato da un cavallo usciva dalle gran porta del vecchio Castello; su quel carro scorgevasi un giovane di 32 anni con le braccia legate, al fianco di un prete che gli mormorava all’orecchio misteriose parole. Quel giovane dal volto pallido, dai baffetti neri, e dai capelli lunghissimi che gli ondeggiavano sulle spalle, era il Cav. Michele Delitala – l’uccisore dell’amante Minnia Quesada, e feritore della di lei famiglia. Erano già trascorsi due anni, otto mesi e sedici giorni dal giorno del delitto, ed egli andava a scontare la pena sul campo di S. Paolo.
Al poveretto si era fatta sperare la grazia; e difatti gli stessi parenti si erano impegnati a fargliela ottenere, per risparmiare ad una famiglia patrizia la vergogna di un patibolo – di una forca.
Il valente avvocato Mancini chiese anch’egli la grazia sovrana; la quale venne persino pubblicata nel giornale Il Diritto. Tutto però fu inutile; la Costituzione aveva scritto sul nuovo codice: la legge è uguale per tutti – e giustizia doveva esser fatta coi mezzi usati per gli altri mortali.
Scoccando le ore sei il povero giovane pendeva dal patibolo, e il carnefice ballava sulle sue spalle la trista danza. Venne sepolto nel camposanto: fu questa l’unica grazia ottenuta da quel disgraziato!

• Fiera

Il Consiglio comunale deliberava l’istituzione di una fiera in Sassari nei giorni 12, 13 e 14 agosto, precedenti la festa dell’Assunta; e venne approvata con R. Decreto 23 maggio. 1858.

• Tartaro

Il 13 gennaio si concede a Ignazio Merea la facoltà di potersi servire delle acque del Convento di S. Maria, mediante tubazione, per l’impianto di un lambico per estrarre il tartaro dalle feccie del vino.

• A Lamarmora

In seduta del 13 gennaio il Consiglio comunale, dietro invito del Municipio di Cagliari, concorre per L. 100 alla coniazione di una medaglia d’argento e di rame in onore del senatore Alberto Lamarmora.

• Corte d’Appello

Nei primi di febbraio la Società Operaia di mutuo soccorso di Cagliari, aderendo all’invito di quella di Sassari, delibera ad unanimità l’invio di una petizione al Parlamento per il mantenimento della nostra Corte d’Appello.
Il Municipio di Genova, in seduta del 18 gennaio, accoglieva con dimostrazioni di viva simpatia il ricorso dei negozianti di Sassari, i quali chiedevano d’essere coadiuvati nelle rimostranze al Parlamento contro il progetto della soppressione della Corte d’Appello in Sassari. Fu votata a gran maggioranza la proposta di trasmettere un ricorso al Presidente del Senato, per farlo pervenire alla Commissione che doveva riferire sul progetto.

• Timori di cholera / 2

Durante il mese di giugno, dietro notizie di diversi casi di cholera avvenuti nel continente, tornano in campo le solite misure preventive, che poi, al solito, rimangono allo stato di semplici promesse.

• Asilo infantile

Si costituisce a Sassari, in una casa privata, la Società di S. Vincenzo di Paoli, eretta più tardi in ente morale con R. Decreto 29 novembre 1863.

• Tiro al bersaglio

Il 5 di Novembre il Municipio accoglie la domanda del francese Collombert, il quale voleva fondare in Sassari uno stabilimento pubblico per il tiro al Bersaglio. Questo venne impiantato nel Giardino Pubblico, ed ebbe molto concorso di tiratori. 

• 1859. Diverse

Il 16 di gennaio partiva da Sassari il 6° Fanteria. Gli studenti dell’Università lo accompagnarono fuori le mura della città al grido di Viva l’Italia! Viva il re!
Nel settembre il Sindaco di Sassari mandò un indirizzo al Podestà di Milano, per l’annessione della Lombardia agli Stati Sardi.
Nel 2 di ottobre ebbe luogo la benedizione della bandiera della Guardia Nazionale; vi accorsero 500 militi.

• Università

Dietro la notizia pervenuta, che la Commissione incaricata per il riordinamento della pubblica istruzione nello Stato aveva proposto al Governo la solita soppressione dell’Università di Sassari, il Consiglio, in seduta del 27 agosto, deliberava di mandare una petizione firmata dal Municipio e dai cittadini, nonché una Deputazione di persone influenti. Furono designati all’uopo: Don Pasquale Tola, i deputati Ferracciu e Sineo, e il medico chirurgo Carlo Domenico Mari.

• Dimissioni

Il 9 dicembre la Giunta telegrafava al Ministro chiedendo se fosse vera, o no, la voce sparsa della soppressione della Corte d’appello in Sassari.
Il Consiglio fu convocato in seduta straordinaria per il 12 stesso mese, ed il Sindaco lesse la risposta pervenuta dal Ministro il 10, la quale confermò la voce sparsa.
Il Consiglio allora formulò la seguente proposta:
«Attesoché colle nuove riforme legislative si tolsero da Sassari le direzioni di Vaccino, l’Uditorato di Guerra, l’Università degli studi e la Classe della Corte d’appello;
Sapendo quale e quanto sia lo sconforto ed il lutto di questa popolazione all’annunzio di siffatte misure;
Non avendo potuto coi suoi richiami e colle energiche rimostranze fermare il corso a tali divisamenti che sono fatali non meno alla Città di Sassari che a tutto il Capo Settentrionale dell’Isola;
Il Consiglio rassegna il mandato ond’era investito, lasciando che l’Autorità Governativa provveda al caso in conformità della legge».
La proposta è approvata dai Consiglieri all’unanimità, ad eccezione del Consigliere Ferracciu, il quale dichiara non prendere parte ad una deliberazione illegale, non essendo il Consiglio stato autorizzato a discutere e deliberare sull’oggetto del quale si è occupato.
Il Consiglio diffatti venne sciolto con R. Decreto 18 gennaio 1860. A Commissario regio fu nominato il Cav. Delitala.

• 1860. Mancini a Sassari

 Nel mese di marzo fu di passaggio a Sassari, dove fermossi alcuni giorni, 1’Avvocato Stanislao Mancini, venuto nell’isola per il processo Ardisson. Il 15 dello stesso mese partì per Cagliari, dov’ebbe luogo il dibattimento.
A Sassari visitò l’Università – e gli studenti gli presentarono un indirizzo. Il Mancini si attirò le simpatie dei sassaresi, tanto che, più tardi, lo elessero a proprio rappresentante nel Parlamento.

• Nuova petizione

Il 13 aprile si deliberò un nuovo indirizzo al Governo per la revoca delle misure concernenti la soppressione dell’Università e Corte d’Appello. Il 24 si deliberò inviare una Deputazione, che venne composta dei signori Monsignor Arcivescovo Varesini, Cav. Simone Manca, Prof. F. Cossu, Prof. Diego Marongiu, e Cristoforo Quesada di S. Saturnino.

• Sempre Università!

Il Ministro d’Istruzione Pubblica invita il Municipio a proporre la somma di concorso che intende bilanciare per la conservazione dell’Università. Il Consiglio non crede conveniente stabilire somme; e in seduta del 26 luglio nomina altra Deputazioneda spedirsi a Torino, in persona dei signori Diego Marongiu – F. Cossu – P. Umana – Pisano Marras – G. Sotgiu – Soro Murittu e Maninchedda. L’Università venne finalmente conservata – ma la corte d’Appello fu soppressa.

• 1861. A Garibaldi

Lo sbarco di Garibaldi a Marsala coi suoi Mille, l’unione degli stati meridionali all’Italia sotto Vittorio Emanuele, avevano entusiasmato tutti gli italiani. Il nome di Garibaldi era sul labbro di tutti, né Sassari poteva esser l’ultima ad esternare la sua riconoscenza all’Eroe dei due mondi.
Il 30 gennaio fu convocato il Consiglio in seduta straordinaria, a solo oggetto di decretare la cittadinanza sassarese al Generale Giuseppe Garibaldi.
Aprì la seduta il Sindaco, Don Simone Manca, con un bellissimo discorso in omaggio al grande italiano. Ne riporto alcuni brani:
«… Dopo aver riunito sotto una stessa bandiera undici milioni d’italiani, a un tant’Uomo, per uno dei più strani capricci di avversa sorte, fu tolta la propria patria – la bella ed amata sua Nizza, ceduta allo straniero.
« Con l’animo amareggiato pel destino della medesima, tuttocchè privo della diletta sua terra, volle rimanersi italiano, ed altra patria si elesse, ove poter riposare dalle durate fatiche, e nuova lena riprendere per poter infrancato condurre a compimento quanto tuttora l’Italia da lui richiede ed attende; e guidato dall’indole sua indipendente, scelto il più nudo e sterile scoglio del nostro litorale, pose sua stanza nella vicina isola di Caprera; ed ivi si collocò, sentinella avanzata di quel popolo che forma l’unico oggetto de’ suoi affetti, generosamente rifiutando le regali dimore e le splendidi offerte di cui la gratitudine d’ una nazione magnanima e riconoscente gli faceva omaggio – sordo ed insensibile serbandosi ad ogni solletico di fasto e di vana grandezza, non confacentesi alla maschia tempra del fiero ed indipendente suo animo. Ed è in conseguenza di ciò, che la vostra Giunta, udito il divisamento del Consiglio della nostra Provincia d’inviare a Caprera un’ufficiosa Deputazione ad onorare quel prode, esprimeva il desiderio che io, Membro di quel Consiglio, curassi con uno dei Membri della Giunta comunale di rappresentare in modo particolare il nostro Comune, facendo parte di quella Deputazione.
« Si decreti dunque a Giuseppe Garibaldi la Cittadinanza di questa nostra antica e nobile Città, capoluogo di quella Provincia nel cui lembo gli piacque scegliersi una nuova patria di adozione… ».
Il Consigliere Soro Pirino sorge a plaudire le belle parole di Don Simone Manca, a cui si unisce nell’affettuoso pensiero. E tutti, ad unanimità, acclamarono Giuseppe Garibaldi cittadino sassarese.

Ecco la lettera del Municipio di Sassari, con la quale partecipava al Generale la deliberazione del Consiglio.
« Generale,
« Quando una pace malaugurata minacciava troncare a Villafranca le speranze della Nazione, l’antico vostro genio patriottico si accese di nuova favilla, e maturando i portenti di valore, che segnarono Voi ed i prodi vostri a Milazzo, a Calatafimi, a Maddaloni, restituiste ancor una volta patria e libertà a undici milioni d’Italiani.
« Quasi presso al colmo dei vostri trionfi, vergognosi raggiri di gabinetto attraversavano la gloriosa vostra carriera, e si cercava offuscare la vostra stella, che splendida rifulgeva del sorriso del cielo partenopeo.
« Disdegnando dall’ignobile lotta piegaste all’impero delle circostanze, ed abbandonando la palestra politica, compreso dal solo Uomo che meritasse di tener mano alla vostra impresa, il Re Galantuomo, sceglieste a luogo di riposo la Caprera, al nostro lido vicina.
« Salve, Ospite illustre! la vostra scelta ricolmò di giubilo l’animo nostro, e ci inspirò il pensiero di crearvi nostro cittadino.
« Noi ci affrettiamo a spedirvene 1’atto consolare sanzionato dall’Autorità che rappresenta il Governo in questa Provincia, mentre col postale del 17 una nostra Deputazione avrà l’onore di presentarvene personalmente il Diploma relativo.
« Vogliate, Generale, accettare l’omaggio, che ammirazione e riconoscenza ci spingono a tributarvi, troppo fortunati se la nostra offerta potrà in parte compensarvi della perduta patria, della bella e ridente Nizza, che tanto a questa Città rassomiglia ».
Sassari 8 febbraio 1861.
Per la Giunta Municipale, Il Sindaco S. Manca.

***
Il Generale rispondeva da Caprera il 14 febbraio con la seguente lettera.
« Signor Sindaco,
« Sono molto sensibile alla distinta dimostrazione d’affetto, motivata da tante lusinghiere considerazioni a mio riguardo, con cui codesta Giunta Municipale volle onorarmi con la cittadinanza sassarese che io accetto ben di cuore.
« La prego essere l’interprete presso gli illustri Consiglieri che unanimi aderirono a tale proposta, fatta da Lei, dei miei sentimenti di riconoscenza, e di gradire anch’Ella, signor Sindaco, i miei ringraziamenti ed i sensi di stima ed ossequio coi quali mi protesto,
Suo Devotissimo G. Garibaldi».

• Diploma

Il Diploma di cittadinanza per Giuseppe Garibaldi fu concepito nei termini seguenti:
Il Sindaco e la Giunta Municipale di Sassari.
« La Provvidenza, nel giro dei secoli, fe’ sorgere a ristoro dei dritti conculcati dei popoli, Uomini generosi ardenti d’amor patrio, e gelosi della causa della giustizia, i quali, pronti ad ogni sbaraglio, operano portenti di valore, per abbattere il nemico che minacciava, o aveva tolto la libertà e l’indipendenza alla patria.
« La più tarda posterità celebra ancora le gesta eroiche di un Temistocle Ateniese; Roma antica salutò Camillo col glorioso titolo di Salvatore della Patria; i monti elvetici inneggiano ancora al nome di Guglielmo Tell; e il nuovo mondo, con la città di Washington, ha consacrato e reso immortale il Vindice dell’indipendenza Americana.
« Sulle tracce luminose, segnate da que’ campioni dell’umana dignità, camminò ai giorni nostri il Generale Giuseppe Garibaldi di Nizza, che votatosi alla redenzione politica d’Italia, col senno e con la mano liberava i popoli delle due Sicilie, con un pugno di uomini, da una servitù secolare, per farli entrare nel seno della famiglia Italiana, libera, indipendente, e quando che sia una sotto gli auspici del Re Vittorio Emanuele.
« Il maraviglioso e straordinario spettacolo di un prode Capitano che, sconfìtte appena le file nemiche, si ritrae in una deserta e piccola isola per sottrarsi alla gloria dei meritati allori, se eccitò lo stupore dell’intiera Europa, non poteva che profondamente commuovere la città di Sassari, culla antica di libertà, madre di figli che sparsero il loro sangue per l’italico riscatto, e alla cui provincia appartiene il romitaggio prescelto dall’illustre Guerriero.
« A significare pertanto l’ammirazione che in quest’isola italiana destarono le doti sublimi dell’animo e le imprese da lui prodigiosamente eseguite per la liberazione d’Italia.
Il Sindaco e la Giunta Municipale di Sassari,
Vista la deliberazione del Consiglio Comunale in data 30 gennaio precorso;
Vista l’approvazione del Governatore della Provincia in data delli 5 corrente febbraio, in esecuzione della medesima;
Proclama il Generale Giuseppe Garibaldi Cittadino del Comune di Sassari, accordandogli le prerogative e i diritti alla cittadinanza annessi.
Dato a Sassari dal Civico Palazzo li 15 febbraio 1861.
Simone Manca, Sindaco – Paolino Pompeiana, Assessore – Usai Stefano, Id. – Pisano Gio. Maria, Id. – Achenza Francesco, Id. – Cristoforo S. Saturnino, Id. – Tealdi Antonio, Id. – Salvatore Sechi, Segretario.

• Gita a Caprera

La mattina del 17 febbraio, sul piroscafo San Giorgio, la Deputazione sassarese, composta delle rappresentanze del Municipio, del Comitato del Consiglio Provinciale, della Guardia Nazionale, del Ginnasio e della Società operaia, salpava da Portotorres alla volta di Caprera, onde presentare il diploma di cittadinanza sassarese e complimentare il Generale Garibaldi.
Dopo sei ore di viaggio la Deputazione arrivò all’isola della Maddalena, dove ebbe dalla popolazione un entusiastico ricevimento, con relativo pranzo e festa da ballo. Il giorno seguente – 18 – a un’ora dopo mezzogiorno, accompagnati dal Sindaco della Maddalena e dagli amici, i componenti la Commissione si diressero con le barche a Caprera, dove arrivarono dopo un’ora di tragitto.
Il Generale Garibaldi venne loro incontro. Il Sindaco di Sassari si avanzò per il primo, e dopo un breve discorso, gli presentò il diploma. Ecco le parole del Generale, raccolte fedelmente da uno della Commissione, e riportate nel N. 9 del Popolano, e nel N. 7 della Costituzione:
« – Accetto di cuore l’offerta che la Comune di Sassari mi fa; tanto più perché quella Città è la mia patria di vocazione. Io sono profondamente commosso dalle dimostrazioni che mi vengono da questi rappresentanti dell’Autorità e del popolo, a cui io appartengo; né ho parole che valgano ad esprimere la mia gratitudine. Alcuni giornali parlano, è vero, d’un indecoroso baratto dell’Isola di Sardegna allo straniero, non altrimenti che toccò alla Savoia ed all’amata e sventurata mia Nizza. Non posso credere a tanta disgrazia; non è possibile che una nuova sventura si aggravi sull’Italia,- e questa sarebbe la massima, poiché a mio credere la Sardegna è il punto più importante e strategico del Mediterraneo, e guai all’Italia se se ne lasciasse privare! Ho fiducia in Vittorio Emanuele, il quale non usurpa certamente il titolo di Galantuomo, e credo che non acconsentirà giammai a nuove cessioni, a nuovi smembramenti di questa Italia che tutti vogliamo Una… Io, che ho consacrato la mia vita sull’altare della patria, farei volentieri qualunque sagrifizio a prò specialmente di quest’isola, di cui mi dico cittadino per vocazione ed elezione, e credo che i sardi non mi lascierebbero solo in tale emergenza, giacché tutto dipende principalmente dalla loro volontà e risolutezza Desidero dunque, signori, vogliate attestare ai vostri rappresentati la viva gratitudine ond’io sono compreso, e dir loro che la Sardegna ha un posto speciale nel mio cuore, e che prima d’oggi io presi ad amare la Città di Sassari; e fra i miei desideri entra quello di poter essere utile in qualunque tempo, in qualsiasi modo alla mia patria elettiva, ai buoni Sassaresi che mi vollero onorare della loro cittadinanza, della quale vi dichiaro di andare superbo».
Offrì quindi alla comitiva caffè e sigari, ed invitò tutti a visitare il suo giardino, dove le piante d’aranci e d’ulivi, arrivate il dì prima da Sassari, erano state già affidate alla terra.
Strinse in ultimo la mano a tutti e li accompagnò alla spiaggia, non senza la speranza di rivederli; e così fu.
La sera del 21 – mercoledì— lasciata la Maddalena (dove venne offerto agli ospiti un nuovo trattenimento) ritornarono tutti a Caprera per salutare Garibaldi. I naviganti cantarono dei versi, appositamente improvvisati da G. Balestreri, Direttore del Ginnasio, e più tardi pubblicati.
II Generale venne di nuovo incontro agli ospiti graditi, li accolse nella sua casetta, e presentò loro la sua cara Teresita, la quale sedette al pianoforte e suonò un pezzo del Trovatore. Dietro il desiderio espresso da taluno, il Generale fece vedere la bellissima stella dei Mille, e il prezioso monile regalato dal Re alla Teresita. Verso l’imbrunire, posto fine all’allegro conversare, gli ospiti presero congedo da Garibaldi; che li colmò di cortesie, e tornarono alla Maddalena.
Il 23 presero imbarco sul Virgilio e si restituirono a Sassari. Con lo stesso piroscafo fu spedito un magnifico mazzo di fiori, in precedenza ordinato a Genova, dono speciale del Sindaco Don Simone Manca, offerto alla signorina Teresita Garibaldi, quale omaggio particolare di ammirazione e gratitudine. Il gentile pensiero del Cav. Manca fu gradito al Generale.
Reduce a Sassari, il Sindaco pubblicò un manifesto, facendo conoscere ai cittadini l’esito della visita e le energiche parole pronunciate da Garibaldi a riguardo della Sardegna, che sempre avrebbe difeso, e per la quale avrebbe offerto anche il braccio. Il Manifesto chiude così:
« Con la soddisfazione d’aver con tal atto compiuto quanto era nel desiderio di tutti, e di avere adempito la più grata incombenza, quale si è quella di riportarvi i sensi di simpatica stima dell’illustre Generale, ora nostro amato Cittadino, non dubita la Deputazione che simil fatto, coll’accrescere la considerazione della Città nostra, aumenta in pari tempo in noi quella civile dignità che si prova da chi onorando il merito e mostrandosi grato al benefizio, sente d’onorare sé stesso».
II Sindaco – S. Manca. 

• Indietro e avanti

Con la Sassari Piemontese io chiudo la mia cronaca particolareggiata. Nella Sassari Italiana non farò che accennare brevemente alle principali notizie riferentisi a ciascun anno, mettendo solo in rilievo, con rubrica speciale, quelle di maggior importanza.
L’anno 1818 aveva dato a Sassari l’annunzio d’un’èra rigeneratrice. E fu come un secondo battesimo che le si dava nella sua nuova vita politica e civile.
Sassari, presentendo la sua libertà, sentì pure il bisogno di respirar meglio – e pensò difatti ad atterrare le vecchie muraglie che la soffocavano, stringendola in un cerchio di ferro. Quella corrente d’aria pura ringagliardì il sangue nelle vene dei cittadini.
Ma, se la luce delle Riforme, irrompendo fra le tenebre del dispotismo, valse a suscitare nuove aspirazioni nell’animo dei sassaresi, è vero altresì che quella luce improvvisa dovette acciecare molti intelletti, turbare molti spiriti, sgomentare molte coscienze. Il verbo, solennemente annunziato, non per tutti doveva suonare nuova èra di redenzione. Se vi erano i buoni che ne gioivano, non mancarono i tristi che ne fremettero, osteggiando le nuove instituzioni, con una guerra sorda, sleale, rugiadosa.
La reazione non tardò a dichiararsi; e, per una città nervosa come Sassari, la reazione non poteva essere di poco momento. Sassari ebbe i suoi fremiti, i suoi deliri, le sue lotte. La luce del ‘48, per penetrare pienamente nelle viscere della città, dovette impiegare non meno di sette, se non tredici anni; – essa cominciò a irradiare il paese, non appenale vecchie mura, al grido delle Riforme, crollarono dalle fondamenta, come quelle di Gèrico. Ed era giusto: l’aria e la luce hanno bisogno di spazio per poter apportare i benefizi della libertà!
Intanto gli anni e gli eventi si succedettero con alterna vicenda. La corsa dal 1848 al 1880 fu sfrenata, vertiginosa, e diè luogo a trasformazioni improvvise, sorprendenti. Fra le schiere dei due partiti che si disputavano palmo a palmo il terreno, impegnate in lotte non sempre oneste né leali, apparvero uomini la cui professione di fede era problematica; ben difficilmente, se richiesti, avrebbero saputo definire l’ideale che vagheggiavano.
D’ambe le parti non mancarono certo gli uomini di buona fede, ciechi credenti nel nuovo, o nel vecchio testamento; – come pure non fecero difetto gli scaltri e gli astuti, che cercavano trar partito dalle lotte intestine, per soddisfare personali ambizioni. Molti coraggiosi si facevano innanzi col solito strascico delle ruggini e dei rancori, che non seppero mai sagrificare sull’altare della patria; – molti timidi credettero invece prudenza tirarsi indietro, aspettando, novelli ebrei, un nuovo Messia. La libertà, come la Religione, ebbe sempre i suoi falsi sacerdoti: e da ciò i dubbi, le diffidenze, i tentennamenti.
Nacque la confusione nelle cose e negli uomini. L’incostanza nelle idee, l’instabilità nei principi caratterizzarono questo febbrile periodo.
Molti parvero quello che non erano; altri erano quello che non parvero. Vi furono liberali ardenti che finirono per essere segnalati come codini; vi furono retrogradi paolotti che vennero salutati come ardenti progressisti. Da una parte democratici arricchiti che si schieravano fra i cavalieri; dall’altra cavalieri decaduti che parteggiavano per i democratici. Taluni combatterono arditamente le libere aspirazioni, soltanto per non tradire la fede degli avi; altri preferirono congiurare nell’Ombra, per non compromettere i propri interessi; molti seppero barcollare destramente fra gli uni e gli altri, per trovarsi sempre a posto nei mutamenti di governo.
In quanto ai popolani seguivano le orme dei loro alti aderenti. I contadini e gli artieri, di cui è composta una gran parte della popolazione, capirono di leggeri che trattavasi di soddisfare le altrui vanità, e che quindi bisognava schierarsi con chi dava loro pane e lavoro. Essi ben spesso corsero all’urna, sicuri di non vendere la loro coscienza; perocché lo spirito di libertà e d’indipendenza è innato nel popolo sassarese, il quale sdegna le umiliazioni e le cortigianerie, sotto qualunque forma od aspetto gli si presentino. Sarcastico e satirico per natura, esso diffida sempre – tanto dei democratici cavalieri, quanto dei cavalieri democratici.
Le lotte accanite fra i due partiti, il cui silenzio fu sempre tregua e non morte, continuarono dopo il ‘49, dopo il ‘64, dopo il ‘76, dopo l’80 – e continuano ancora, e continueranno sempre, sotto qualunque governo, sotto qualunque bandiera: monarchica, o repubblicana… Forse esse risalgono al 1795, ai tempi degli Angioini; forse al 1323, ai tempi dei Catoni e dei Pala; forse più in là, quando Sassari gettò le spoglie di Guelfa per farsi Ghibellina. Nella storia di cinque secoli queste lotte ebbero lunghe tregue, ma esse apparvero di tanto in tanto terribili, per rompere la monotonia della vita sassarese, la quale era poco diversa di quella degli altri paesi della Sardegna. Tutta la storia sarda – lo abbiamo rilevato – potrebbe definirsi in poche parole: sotto agli spagnuoli, sino a Filippo V., processioni e forche; sotto ai reali di Savoia, sino a Carlo Felice, forche e processioni – alternate sempre con gare municipali, con preminenze nei cerimoniali d’uso, con ansia febbrile d’impieghi, o di fuochi pirotecnici.
Queste lotte giunsero sino a noi, ma subirono molte trasformazioni nel lungo cammino di cinque secoli; esse molto perdettero della prisca dignità – e ciò si capisce: l’obbietto era più vaporoso, meno incalzante. Il cozzo eterno tra il vecchio ed il nuovo venne celato dentro una trista nube d’odi implacabili, di rancori antichi, d’ambizioni smodate: ben sovente fu guerra di persone, più che di principi; e il giornalismo, che raccolse i fasti delle ingenerose battaglie, conserva ancora nel suo seno le tracce delle più basse polemiche, per affidarle agli storici dell’avvenire! – A convalidar l’opera si aggiunse l’intrigo, che innalzato a sistema penetrò sovrano nelle sfere ufficiali; a compierla bastò l’affarismo, che, nato con la nuova Italia, è forse destinato ad essere la filossera d’ogni aspirazione patriottica!
Fortunati gli storici dell’avvenire che sapranno con mente serena rilevare il carattere che informa il periodo della Sassari Italiana, dal 1861, al 1884! Fortunati, perché sapranno creare una storia, tratta dal caos delle molteplici aspirazioni che distinguono quel caleidoscopio d’opinioni politico-sociali, onde poi vennero le denominazioni di moderati, di progressisti, di pentarchici, di trasformisti – immensa scala cromatica fra il governo assoluto ed il repubblicano, fra i clericali ed i socialisti!
Fortunati, ma non invidiabili!

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Io, dunque, nella parte successiva, Sassari Italiana, continuerò a registrare le notizie di ventitré anni, ma con tutta brevità, senza giudizi di sorta – e le ragioni si comprenderanno di leggieri: trattasi di viventi, fra i quali non posso tacerne due: l’onesto gentiluomo Don Simone Manca, che aprì quei tempi – e l’onesto avvocato Soro Pirino, che forse li chiuse. Qualunque sia il giudizio che pronuncerà la Storia su questi due personaggi ch’ebbero larga parte negli ultimi avvenimenti, certo è che nessuno potrà loro negare la saldezza del carattere e l’immenso amore al paese. Si potran loro rimproverare gli errori, non mai la perversità dell’intenzione.
La Civiltà, trascinata dalle libere idee, cammina – cammina serenamente, non a sbalzi, a dispetto dei rossi e dei neri. Gli stessi errori e le stesse improntitudini non sono che ammaestramenti nella scuola dell’umanità.