Dopo la rivoluzione popolare del 1780

• Orologio e campana

Il Governatore, spaventato dalla sommossa popolare e dal suono della campana di Città, già in potere dei tumultuanti, ordinò a Mastro Antonio Castiglia, (ferraio, orologiaio e regolatore dell’orologio del Comune) di togliere il martello dalla campana.
«Il quale ordine importante – (dice una supplica che ho sott’occhi, di cui parlerò in seguito) – che da nessun altro potè eseguirsi in quelle critiche circostanze per la folla del popolo che attorno a quella Casa civica era sempre, l’effettuò il Castiglia, esponendosi al ben noto pericolo; onde lì fu duopo munirsi di arme difensiva e dell’aiuto dei suoi più stretti parenti; per i quali mezzi riuscì, non senza qualche contrasto e resistenza, siccome è pubblico in tutto il paese, di togliere il detto martello che portò in Palazzo e consegnò allo stesso Signor Governatore; e quindi salvare l’orologio, che disfece e si condusse in casa, e che poi a suo tempo ricondusse al suo posto».
La detta supplica fu distesa in data 14 Gennaio 1784 dal detto fabbro Castiglia al Governatore di Sassari contro il Municipio, domandando di essere reintegrato nell’impiego di Orologiaio di Città, che aveva occupato, e da cui era stato rimosso per l’odio del Consigliere comunale Dott. Sanna Salis, il quale, volendo dare un impiego al suo protetto Stefano Viglino, fece mandar via il Castiglia, accusandolo che il dì della festa di Maggio di San Gavino non aveva ripicato tutto il giorno, ma solamente d’ora in ora !
Il Governatore scrisse sotto questa supplica che si provvedesse alla domanda – e il Castiglia riprese il suo posto di Orologiaio ma dietro il decesso di Stefano Viglino, il qual dovette ad un ripico di campana il suo impiego. Questo dica al lettore di quali futili mezzi si serviva un onesto Consigliere per favorire un protetto, e per rovinare un povero diavolo!
Più tardi furono riparati orologio e campana – e a ciò pensò con premura il Duca dell’Asinara, il quale, a quanto pare, era tenerissimo del suo campanile. Infatti il 19 Maggio 1780, egli scrisse una memoria ai Consiglieri, dicendo: che dei sessanta scudi che aveva graziosamente consegnati al Capo Giurato Don Antonio Quesada Nurra, egli voleva accomodata la campana del Palazzo Civico, nonché la torre dove la medesima era collocata. – La spesa del fabbro ammontò a scudi 5, e 12 soldi.

• Un vivo morto

In quella memorabile giornata del 23 Aprile, prima che il popolo svaligiasse il Magazzino del Municipio, i facinorosi si erano portati ai magazzeni militari di frumento; ma bastò la voce: grano del Re! per contenerli e farli dare addietro – dice il Manno.
Pochi giorni dopo, quando si trasportavano i ritratti della Real Corte, dal Palazzo Civico saccheggiato al Palazzo Governativo, lungo la Piazza il popolo salutava con rumorosi viva il re la tela in cui era efigiato. II Manno, anzi aggiunge, che il popolo voleva toccare la cornice e baciarla; io ciò non credo, perché questi trasporti eccessivi non sono mai stati nell’indole della nostra popolazione, eminentemente satirica.
La stessa scena succedeva ad ogni quadro che si trasportava; ora, siccome il maggior numero di quei re era naturalmente fra i trapassati, accadde che mentre si facevano le solite carezze affettuose ad uno dei quadri, credendolo il ritratto del sovrano vivente, qualcuno gridò:
– Quello non è il Re nostro!
– Chi è dunque?
– È il re morto.
Viva il re morto! – si gridò allora dagli entusiasti; e la cosa finì nelle risate come ordinariamente finiscono in Sassari le cose più serie.

• Le sedie di Denegri

Fra i molti mobili rubati alla Casa Comunale nel giorno della sommossa erano, pur comprese tutte le belle sedie di noce, coperte di damasco, che servivano per le Congreghe e per i Consigli Doppi che solevano tenersi nella Sala di Congresso dai Giurati, Deputati dei Creditori ed altri Matricolati – Motivo per cui i poveri Consiglieri, non sapendo come sedere, sdegnavano di discutere in piedi, ed avevano ragione: come si può fare una Seduta stando in piedi?
Che fare in simile frangente? – Si riunisce il Consiglio, e si delibera di pregare un mercante della Piazza, certo Denegri, perché voglia prestare due dozzine di sedie al Municipio per poter fare le Congreghe e i Consigli Doppi.
Il Mercante presta gentilmente le sedie, e i Padri Coscritti della Città sono soddisfatti perché possono sedere.
Fatto è però, che i Consiglieri sedettero troppo a lungo, e il Denegri, quantunque mercante, non volle fare le orecchie da mercante; anzi passati tre o quattro mesi, domandò la restituzione delle sedie, dicendo che ne aveva bisogno. Il Municipio chiede un’altra proroga, che gli viene accordata.
Passano altri due mesi. Altra domanda di Denegri – ed altra proroga del Municipio.
Infastidito il Denegri propone al Municipio che acquisti le dette sedie. La proposta non dispiace; il Consiglio Comunale si convoca in seduta il 26 Marzo 1781, e manda una lettera al Viceré in Cagliari, esponendo il fatto e chiedendo l’autorizzazione di comprare quelle sedie, a tenore del Capo terzo, § 25 del Regio Regolamento.
Il Viceré, senz’essere mercante, fa orecchie da mercante… e lascia cantare i Consiglieri.
Il Denegri continua con più insistenza a tormentare il Municipio per la restituzione delle sue sedie – e il Municipio torna ad implorare le benigne provvidenze del Viceré, perché gli permetta di comprare le due dozzine di cadreghe, che ascendono alla tenue somma di 27 scudi sardi, cioè a 12 reali caduna cadrega, mentre quelle rubate nel nolo tumulto costavano al prezzo di 14 scudi sardi caduna (!!)
Non trovo più parola, nei processi verbali di quel tempo, delle cadreghe di Denegri, né alcuna lettera del Viceré in proposito. Non sono però lontano dal credere, che il Viceré abbia negato recisamente ai Consiglieri di Sassari il permesso di sedere!
Una domanda nascerà spontanea nella mente dei lettori, come nacque nella mia: – Che cosa ha fatto il popolo dei 24 grandi seggioloni imbottiti, del costo di 70 lire caduna? – Mah!! Qualche maligno di quel tempo osò mormorare che le preziose cadreghe esistevano in casa degli stessi Consiglieri, i quali se l’avevano divise fra loro! Ad ogni modo è certo, che il Governo sospettava sulla buona fede dei Consiglieri, come rilevo negli Archivi di Stato, da una memoria confidenziale del Ministro al Governatore di Sassari, in data 12 Agosto 1781 – un mese dopo cioè che i detti Consiglieri furono reintegrati in carica dal, Re per essergli risultato non essere imputabili di alcuna colpa o dolosa negligenza nell’amministrazione civica al tempo dell’emozione popolare.

• Giudizi sui Consiglieri

Ecco la memoria, di cui nell’articoletto qui sopra.
« – Sua Maestà con Biglietto dell’11 ha stabilito a Sassari una Regia Giunta per vegliare su tutti gli affari civici e rami d’amministrazione…»
« Dopo di ciò gli accennerò: che, siccome l’origine dei detti abusi si crede derivata dall’essere compresi nelle classi di Città, e quindi stati tempo a tempo per Consiglieri, Soggetti bisognosi, inetti, di poca o niuna sperienza nel maneggio degli affari pubblici, e più zelanti del proprio che del pubblico interesse; così volendo S.M. che vengano purgate le classi da sì fatta gente con tutta imparzialità, e senza alcun riguardo o contemplazione per essere riempite da persone altrettanto idonee, è sua Regale intenzione che il Governatore, tosto giunto a Sassari, facendosi rimettere dal Segretario di Città un’esatta e distinta nota di tutti i matricolati, prenda le più esatte e segrete informazioni da personaggi di credito… Fra i surrogati sarà bene ve ne sia alcuno di Ceto Nobile, dei più rispettabili e zelanti per la patria, anzi si procuri sicure notizie su Don G. B. Valentino Manca, il quale, dopo essere sul principio del 1775 stato espulso dal posto di Consigliere Capo e dalle Classi, come autore di varie rappresentanze sporte dall’intero Consiglio contro l’allora Governatore, e come uomo torbido, ed inquieto, si suppone ora emendato, e che possa quindi meritare d’essere riammesso nelle dette classi, come ha recentemente supplicato. Ciò fatto rassegnerà una dettagliata informativa di tutto a S.E. il Viceré, acciò la faccia esaminare in Cagliari da soggetti pratici delle cose di Sassari… »
Seguono gli abusi menzionati, che io accennerò in succinto: – 1° Nell’Azienda Frumentaria, dove dai clavari si mette in luogo umido il grano per farlo crescere, e vendere l’eccedenza; – 2° Nella Dogana per essersi, contro le regole, deputato come Amministratore un negoziante finissimo che fa e dispone tutto a suo modo, rende a stento i conti e disgusta con frequenti soverchierie gli altri negozianti; – 3° Nei territori della Nurra, dove si lascia entrare una quantità di bestiame esigendo un dritto di pascolo, e si lascia tagliare un’eccessiva quantità di legna, di cui si fanno clandestine estrazioni fuori Regno; – 4° Sui pesi e misure dei particolari, e massime dei negozianti; le quali misure e pesi si credono alterati, e molti doppi; cioè, gli uni scarsi per valersene nella compra, e gli altri eccedenti per farne uso nella vendita… »
E mi pare che basti per darvi un’idea della moralità dei tempi che descrivo!

• Miserie del Consiglio

Ho parlato dell’opinione che aveva il Governo dei Consiglieri di Sassari: opinione a dire il vero esagerata dall’asprezza dei rivali meridionali, come il lettore ha veduto nell’articolo precedente, dove il Ministro del Re fa giudicare i cittadini sassaresi dai soggetti cagliaritani pratici delle cose di Sassari! È giustizia ora che accenni, che i Consiglieri sassaresi dovevano chiedere a Cagliari, o al Governatore, l’autorizzazione della più piccola spesa –  ciò che doveva maggiormente inasprire gli animi, e ciò che doveva tornare ben noioso al nostro Consiglio Comunale.
Accennerò brevemente alcune deliberazioni comunali, o domande di autorizzazione, che io tolgo a caso nelle carte dei mesi di Agosto e Settembre 1781, di cui parliamo.
Il 14 Agosto il Consiglio Civico delibera ad unanimità (?) di bilanciare uno scudo a favore del corpo dei Mazzieri, per comprare scope per scopare la Casa Comunale tutto l’anno.
Il 17 stesso mese si fa una seduta per vedere se è il caso di accordare al Segretario Avv. Domenico Salis una seggiola per sedere ed un tavolino per scrivere le deliberazioni in presenza dei Consiglieri. Trovano giusta la domanda, e tutti unanimemente aderiscono. Il verbale è firmato da 12 Consiglieri – Sfido io! – Il Segretario doveva forse scrivere in piedi e senza tavolino?
Il 22 stesso mese, radunatisi i Consiglieri ecc. ecc. il Capo Giurato Fontana espone: «che dovendosi molte volte trattenere il Civico Consiglio nella Camera di Congresso anche di notte tempo, fosse duopo provvedersi di due candelieri e di qualche candela per non restare al buio e potersi leggere e sottoscrivere le lettere, o qualunque altra scrittura occorrente. E tutti all’unanimità acconsentono! – Si pretendeva forse di scrivere la notte, senza candela?
Nella stessa seduta si deliberava all’unanimità di mettere nella cisterna di Città 100 carichi d’acqua, come fu solito farsi anche in maggior quantità. Son certo che quest’ultima espressione fu scritta, per paura che il Governatore non osservasse che la quantità d’acqua era troppa! –
Il 26 Settembre si scrive una lettera sottoscritta da ben sei Consiglieri, i quali supplicano umilmente d’essere entrati nel sentimento di comprare a spese dell’Azienda Frumentaria una risma di carta ordinaria da scrivere, del costo di tre lire, per formare il manuale del grano di scrutinio. E il Governatore Cav. Balbiano scrive a calce della supplica, di proprio pugno: – fatta parola in Magistrato, si accorda la domanda!
Ne volete una più marchiana? Il 12 Aprile dell’anno seguente i Consiglieri fanno una supplica umilissima al Governatore, pregandolo che permettesse loro di far dare il bianco alla Sala del Consiglio, dalla quale fu rubata la tappezzeria nell’occasione del popolare tumulto!
Queste deliberazioni sono scritte con tanta umiltà e in modo tale, che io credo fermamente siano fatte il più delle volte ad arte, collo scopo di mettere in caricatura le sciocche pretese dell’autorità tutoria.

• I guasti della sommossa

La sera del 23 Aprile 1780, penetrato nelle sale della Casa del Comune, il popolo si era accinto di gusto a rovinare, e a distruggere, quanto capitava sotto l’unghie, senza nulla rispettare, ad eccezione del quadro del Re, come scrive Manno. –
Dai libri dell’Archivio Comunale posso rilevare i danni cagionati da quella sommossa.
Si rubarono dai Magazzini della Frumentaria circa 339 rasieri di grano, per cui l’Azienda fu costretta a mendicare alcune somme ad imprestito da qualche patrizio (Lett. 9 Aprile 81).
Si rubano i registri di Tesoreria, per cui il nuovo Contadore Ruggio dichiara di non poter rendere i conti senza i lumi del vecchio tesoriere sospeso, Giuseppe Sini. (Aprile 81).
Si rubano carte alla Segreteria, per cui i Consiglieri dichiarano essere tenuti sempre nell’incertezza di molte pratiche riguardanti l’amministrazione della Città.
Il Consiglio si convoca il 3 Luglio 1780, e delibera: «che vengano assicurati gli uffici del Segretario e del Contatore, che essendo stati svaligiati e rotte le rispettive loro porte e scanzie, coll’essersi levate eziandio le serrature, non possono lavorare, né pure raccogliervi i libri, carte e scritture che disperse si trovano presso di alcuni particolari di questa città; i quali animati dal zelo del pubblico vantaggio s’interessarono, e fecero ogni premura per salvarle dalle fiamme, e le  ritirarono nelle loro case, affinchè non venissero abbruciate o lacerate per mani della furibonda plebe…»
Si ruba la bandiera di San Gavino, che usavasi portare dal Capo Giurato a Portotorres nei mesi di Maggio ed Agosto; motivo per cui il Consiglio, in seduta del 30 Agosto 1781, delibera di farne una nuova da alcuni panni di damasco derubato e poi restituito; e da quello che sopravanza far cuscini per le cadreghe delli Consiglieri. (Quali cadreghe? quelle del Denegri?)
Si rubano le tappezzerie dal muro, 24 seggioloni, molti mobili, e oggetti diversi, fra i quali il Sigillo di ottone del Comune, per rifare il quale si spendono Lire sarde 8. 15 –
Si rompono panche, vetrine, tiretti, 24 assi, travicelli, il soffitto (!), 24 serrature, 30 cardini, ecc., ecc. – Per i soli accomodamenti s’impiegano 16 giornate dai fabbri e dai falegnami, i quali presentano note per Ls. 131 – di cui Ls. 51 per la Segreteria e L. 80 per la Tesoreria –
Durante la giornata del 23 non fu possibile frenare la moltitudine che era ubbriaca d’ira e di rapina; alla sera, stanca più che pentita, si sbandò da sé stessa.
Il giorno seguente, 24 l’Arcivescovo e i notabili del paese ridussero a calma il popolo colle prediche morali e colle largizioni, alle quali si unì un nerbo di soldatesca spedita da Alghero.
Il Viceré contribuì pure alla calma, mandando un rinforzo di cavalleria e un carico di frumento. Poteva risparmiare il primo, che si rendeva inutile coll’arrivo del secondo.
Il Governatore fece sì, che le lettere al Viceré non provenissero che da lui; anzi una volta, avendo saputo che il Municipio aveva scritto una lettera al Viceré informandolo del tumulto, aveva fatto aprire alla mezzanotte l’Ufficio della Posta per trarne quella lettera.
Dopo la calma tornò di nuovo la tempesta, cioè gli arresti e le forche, ed è inutile che io ne faccia parola, poiché il lettore ne è stato minuziosamente informato dal Padre Sisco nella Relazione da noi pubblicata.
E con ciò chiudo le notizie sulla famosa Sommossa popolare del 1780.

• 1781. Lutto

Il Ministro scrive al Viceré il 22 Agosto: « – Dopo lunga malattia morì, la notte del 14 al 15 Agosto, la principessa Eleonora Maria Teresa di Savoia, sorella del Re. Sua Maestà desidera che anche dalla Nobiltà e Cavalieri del Regno si prenda lo scorruccio per portarlo pendente tre mesi, cioè la metà di tal tempo in lana, ed il restante in seta -»
La nobiltà di Sassari fu molto sollecita a vestire il lutto. Si tenevano gli abiti sempre pronti, perché questi inviti si rinnovavano con una certa qual frequenza.

• 1783. Certificato

I consiglieri di Sassari certificano in data del 27 Gennaio, « come il fu Gio. Antonio Delrio e i suoi figli, nella sommossa del 1780, riuscirono a liberare dal fuoco, che vi aveva appicato il popolo, la casa del mercante piemontese Filippo Rovello e le vicine case, togliendovi un deposito di polveri le quali avrebbero potuto far saltare in aria le case – »
Do questa notizia, che tolgo dai libri del comune, unicamente per dimostrare la scrupolosa esattezza del Padre Sisco nelle notizie da lui raccolte e da noi pubblicate.

• Progetto di una statua

Si destina dagli stamenti, col beneplacito del re, una somma per le strade ed i ponti mediante l’annuo contributo di15 scudi. Grati i sardi volevano erigere una statua al Re.
« Anche Sassari – scrivevano i Consiglieri nostri al Viceré, in data del 3 Marzo – non cedendo a tutte le altre città in fedeltà ed attaccamento al suo re, vuole contribuire per erigere in una di queste piazze una Statua al Re, affinchè questi sudditi cittadini, quanto fedeli altrettanto grati, per la distanza del luogo, non hanno la sorte di rispettare da vicino l’augusta Sua presenza, possano almeno con questo perpetuo monumento rendere immortale nei loro animi la memoria di un tanto benefattore – ».
Il re però, uomo di buon senso, spaventato all’idea dello spreco di tanto marmo in senapi di carestia, rispondeva saggiamente, che desiderava per monumento l’affezione dei suoi sudditi. Noti il lettore, che i sassaresi volevano, bensì, contribuire nella spesa, ma col patto che la statua si erigesse in una delle piazze di Sassari!

• 1785. Un Vescovo morto

L’8 Gennaio la Città fa suonare le campane, e va ad accompagnare il cadavere del Monsignore di Bosa Don G.B. Quasina. Un Consigliere si oppose dicendo che ciò non fu mai usato; un altro Consigliere dice, che allo stesso Monsignore il Consiglio aveva fatto feste, fuochi e luminarie quando fu nominato Vescovo – e meritare questi onori perché trattarsi di un patrizio.

• 1786. Timori di peste

« Il Governatore di Sassari Cav. Rovero da Pica ordina le Guardie per i littorali dei nostri mari, essendosi divulgato esservi pericolo di peste – provvedimento che soleva prendersi in tali casi. S’impose un balzello, e lo stesso Governatore obbligò al pagamento anche gli ecclesiastici, con loro sommo dispiacere, e dopo replicate lettere. » (Da Sisco.)

• Un cane

« Il 22 Ottobre un cane del Convento di S. Maria morsicò alla mano il laico Fra Antonio Gavino Manunta, sassarese. Il frate fu medicato, guarì dalla morsicatura, ma fu messo in sepoltura dal vino e dall’acquavite che beveva, e che lo bruciò internamente. Il cane era otto anni in convento. Il Governatore e l’Arcivescovo fecero carico al Guardiano del Convento di quel cane, e di non aver dato avviso della morsicatura. Se ne scrisse al Viceré in Cagliari, e… »
Così il Sisco, ed io taccio tutte le peripezie del lagrimevole caso, perché dovrei riportare cinque fitte pagine di roba! – 
Per semplice curiosità (e sarà l’ultima volta, veh?) faccio sapere al lettore, per incarico del Sisco, che il 6 Marzo morì a Sassari il calzolaio Mastro Nicola Petretto dell’età di 103 anni e 2 giorni, essendosi conservato sempre sanissimo, all’infuori di un po’ di durezza d’orecchio, che soffriva.

• 1787. Vendetta

« Il 31 Luglio, festa di S. Ignazio, a 7 ore di sera, mentre tornando dal passeggio il padre Scolopio Raimondo Gallisai passava dinanzi la chiesa di S. Chiara, uscì un uomo incappottato con un fazzoletto in faccia, e gli scaricò addosso una pistola.
Lo ferì, ma non mortalmente.
Il feritore era un calzolaio che voleva vendicarsi perché due nipotini del suddetto scolopio, i quali egli teneva a pensione, gli erano stati tolti di casa dal zio – » (Da Sisco)

• 1788. Banditi

Dopo la caduta del Conte Bogino, 1 malfattori continuarono a scorrere per la Sardegna, divisi in bande. Il Viceré Conte Thaon mosse loro nuova guerra; e del prospero successo, scrive il Martini, piena lode gli darebbe la Storia, se non avesse tal volta violato le forme legali, e troppo oltre non si fosse spinto nelle scandalose contese della magistratura –
Tutti i mezzi erano buoni per estirpare i banditi. Trovo nei R. Archivi di Stato una lettera del Ministro al Viceré, in data del 23 Gennaio 1782, in cui si accorda a certi banditi fratelli Musciga, complicati nella sommossa popolare di Sassari, l’impunità da essi implorata in premio di aver arrestato due altri imputati di omicidio proditorio e di grassazione.
Curiosa è la ragione per cui si accorda la detta impunità. Ecco le precise parole: – non s’ignora che va pur troppo crescendo nel Regno il numero dei Banditi, e comple perciò animarli (?) a distruggersi fra di loro. »
E ai banditi sardi si univano i banditi corsi. L’ambasciatore di Francia scriveva al Viceré in data 9 Dicembre 1782, pregandolo di procurare l’estradizione di 12 banditi che scorazzavano nei dintorni di Castelsardo. Ces scelerats (dice la lettera) ne pouvant que nuire egalement aux deux états – Ed ecco il nome dei banditi: – Matteo, Giovanni e Pietro Maria Volpi; – Giovanni, Saverio, e Girolamo Ransioni; Simone Leonati detto il Nero; Labicone; Gio. Bonelli; Anton Matteo, Paolo Antonio, e Gio. Battista Giovannoni.

• La felicità in Sassari

I Consiglieri, in data 5 Maggio 1788, inviano al re la seguente supplica, perché non tolga da Sassari il Comandante Generale Raiberti che godeva la stima di tutti i Sassaresi.
« Dopo la partenza del Governatore Conte Rovero di Pica, seppe il Cav. Raiberti talmente corrispondere alle benefiche mire e rettissime intenzioni di chi lo ha destinato a tale impiego, che ogni ceto di persone, ogni famiglia, e quasi ogni individuo, ravvisano in lui un’immagine dell’amabilissimo loro Sovrano. Godono infatti sotto un così placido vigilante Governo quei felici cittadini d’un ilare tranquillità; vi si scorge l’abbondanza d’ogni sorta di viveri; vedonsi repressi i monopolî, castigato l’ozio, estirpati i giochi illeciti, lastricate e pulite le strade, riparate le case e le muraglie minaccianti rovina; non vi ha oggetto che sfugga alle di lui sollecitudini; non vi ha occupazione dei Cittadini che non entri in alcuna maniera nelle sue vedute e nel piano del Governo. Il buon ordine insomma presiede a ogni cosa, e tutti i ministri subalterni, imitando il lodevole esempio dell’illuminato attivo Superiore, cospirano a rendere più commendevole il Governo adempiendo ai loro doveri. Provano perciò quei fortunati Cittadini una somma consolazione nel vedersi con tale imparzialità e patriottica sollecitudine dal suddetto Comandante accolti e trattati. Se leggesi nel loro volto una sincera ilarità, una sincera confidenza nell’attuale Governo, quale non dev’essere la gratitudine loro per l’amabilissimo Sovrano, che ben sanno essere il solo benefico fonte di tali contentezze, essendo pienamente istrutti della provvida amorevole cura con cui la M.V. riguarda i cittadini sassaresi?» Perché il Municipio di Sassari mandò questa apologia al Sovrano, in un tempo tutt’altro che tranquillo? – Mistero! Forse fu consiglio dello stesso Raiberti! –

• 1789. Tre funzionari

In quest’anno fu creato Ministro per gli affari sardi il Conte Granieri; l’anno dopo fu nominato Viceré il Balbiano e Segretario di Stato il Valsecchi. A questi tre personaggi si ascrivono gran parte dei commovimenti politici da cui l’isola fu agitata negli anni seguenti – commovimenti resi più tempestosi dalla Rivoluzione di Francia.
Il Ministro Conte Granieri aveva sposato una Manca, di famiglia sassarese. La moglie faceva da Ministra, e il ministro faceva da moglie lasciandosi menare per il naso. Costui accese la discordia fra le matrone cagliaritane, e sapete perché? – Per il tiraggio a sorte dei palchetti del teatro di Cagliari. Se ne menò tanto rumore che la cosa prese quasi un’importanza politica.
Il Balbiano Viceré era già stato a Sassari come Governatore, quando se n’era allontanato quel certo Maccarani, causa della sommossa popolare dell’80 – Egli teneva molto per Sassari – debolezza che gli venne rimproverata dal Manno. Chiamava i sardi popolo affettuoso e devoto al re, e si doleva di vederli esclusi dal maneggio delle cose maggiori del Governo, sdegnandosi dell’accresciuto numero degli stipendiati stranieri. Lamentava la lentezza e le ambagi dell’amministrazione della giustizia; e proponeva, rimedio a ciò, la creazione di un magistrato indipendente in Sassari, e l’aumento dei Birri nell’isola – E tanto s’invaghì di questi due progetti – scrive il Manno – che non eravi occasione in cui dovesse ragionare sopra le sorti future della Sardegna, senza che v’intercalasse necessariamente la Reale Udienza di Sassari, le prefetture, e i Birri».

• 1790-91. Strettezze

I Consiglieri di Sassari, poco tempo prima, avevano informato il re del florido stato in cui trovavasi il Municipio e la città, per i meriti del suo Governatore Raiberti. E se i Consiglieri dicevano la verità lo vedremo.
Durante l’anno 1790 si scrive con insistenza alla Città di Sassari perché paghi il Regio Donativo; e i Consiglieri rispondono sempre al Viceré, che abbia pazienza, perché danari non ve ne sono.
Nel gennaio del 1791 lamentasi la decadenza delle dogane e la miseria del commercio, ascrivendo a causa la vicinanza della città di Alghero, in cui, per antico privilegio, si pagano la metà dei diritti della Dogana di Sassari – Nel Marzo l’Azienda non può pagare alla Regia Cassa Ls. 786, perché non ha fondi; e si risponde al Viceré di pazientare finché i morosi paghino. Nell’Aprile si riduce a mezzo Battaglione la forza della truppa di guarnigione a Sassari; quindi, furti, malviventi, insolenze, disordine della gioventù che va in giro la notte sparando armi da fuoco, tirando sassate alle finestre, rubando fazzoletti alle donne, e insultando i passanti. » Presentemente – (continua la lettera dei Consiglieri da cui tolgo questi dati) si comandano 18 paesani per il servizio della notte; e scemando la truppa bisognerà aumentare il numero di essi – togliendo così le braccia alla campagna, diggià tanto scarse per il tempo delle messi e del raccolto dei frutti. »
Continuano, durante tutto l’anno 1791, le pratiche del Governatore perché si versino danari nella R. Cassa; i Consiglieri chiedono sempre un breve respiro, il quale, viceversa, diventa un respiro lunghissimo. Nell’Agosto, sollecitati a pagare L. 6.532 per la tassa Ponti e Strade, rispondono che non si trovano neppure in grado di pagare i quartali (trimestri) dovuti agli impiegati regi e civici. E dire che la paga di un trimestre non era poi troppo grassa! Figuratevi che il Segretario percepiva L. 81. 5 – Il Tesoriere L. 37. 10 – il Sindaco L. 37. 10 – i Mazzieri L.22. 10 – il Direttore delle R. Poste L. 22. 10 – e il Giudice Criminale L. 312. 10, che era il più grasso stipendio.
In quell’anno stesso, per poter continuare le riparazioni del porto, si domanda un’anticipazione al Re – E aggiungete, che il Municipio era in debito di L. 15.546 verso privati cittadini, che avevano gentilmente offerto danari alla Città!
E nel far poi la relazione al re dei meriti del Governatore si diceva che la Città era un paradiso terrestre!

• 1792. Un prete assassino

Riporto un fatto che tolgo dalle Memorie del Padre Sisco. « – La notte del 27 Aprile, alle ore 9 di giorno, in Venerdì, rientrava in casa, con una sua figlia nubile (di ritorno da visitare un’altra sua figlia maritata coll’Avvocato Sasso) il medico Gavino Campus. Ivi era aspettato dalla consorte – Chiuso il portone, il medico salì in casa ed entrò nel suo studiolo per ispogliarsi.
Là dentro era nascosto il prete Antonio Cossu, il quale, sull’imbrunire con chiave falsa, era penetrato nello studio.
« Appena entrato il Campus, il vile aggressore gli si gettò sopra e lo ferì con quattro colpi di pugnale al petto ed alla gola. Alle grida della vittima accorsero la moglie e la figlia col lume; il prete però smorzò quel lume, diede una coltellata alla moglie, ed afferrò la figlia per i capelli, col proposito di fare una generale carneficina. La figlia però riuscì a fuggire.
« Il prete allora gettò a terra il coltello e il cappello a tricorno, e saltò in strada dalla finestra, lasciando sul davanzale le impronte delle mani insanguinate. Si fermò in una casetta sita nella contrada detta Li sproni, annessa ad una torre, che è la seconda, uscendo da Porta Macello.
« Il Medico Campus era universalmente amato, e per la sua valentia nell’arte, e per il suo carattere docile, mite, caritatevole. Egli, morendo, raccomandò alla moglie ed alla figlia di perdonare quel prete, com’egli gli avea perdonato.
« Il motivo che indusse il Prete all’assassino fu, perché il Campus lo aveva congedato dalla sua casa, dove soleva di frequente recarsi e ciò scorgendo i suoi diportamenti differenti dal suo sacerdotale carattere, perché aveva un cattivo nome in tutta la città» – Così scrive il Sisco con riguardo, ma può immaginarsi di che si trattava.
« Il sabato, a mezzogiorno, il prete Cossu fu calato, per mezzo di corde, da quella torre, dai suoi amici abitanti nella casetta in cui si era rifugiato; ma passando per caso in quel momento un certo Gio. Antonio Brandino, conciatore, lo fermò e fu condotto nelle R. Carceri; precisamente nell’ora stessa in cui si trasportava il cadavere del medico, che fu seppellito nel Duomo, nella sepoltura dei medici, che era nella cappella dei Santi Cosimo e Damiano.
« Sparsasi la voce dell’arresto del prete, e che doveva entrare da Porta S. Antonio, si spopolò la città.
« Rimase in carcere fino al 1798. Nel 1799 fu tradotto in Alghero, e venne compreso nell’indulto di Carlo Emanuele IV, quando arrivò in Sardegna. Fu allora scarcerato, ed esiliato da Sassari – ».

• La Rivoluzione francese

Prima di continuare i fatti accaduti nell’isola, e specialmente a Sassari, dal 1793 al 1796, credo conveniente presentare un breve riassunto degli avvenimenti accaduti in Francia durante gli anni, di cui stiamo riportando le notizie – Per dare un’idea della Francia primi dell’89, riporto le parole d’introduzione al Periodo contemporaneo del Compendio di Cronologia del Sonzogno, come quelle che brevemente la descrivono.
« – Alla fine del secolo XVIII la Francia versava in tristi condizioni. Privilegi odiosi separavano ceto da ceto, città da città, provincia da provincia. Le magistrature principali e le più alte cariche, nonché i migliori posti e gradi della milizia di terra e di mare, erano riservati alla nobiltà, e molti, come beni immobili, passavano trasmessi di padre in figlio. I pesi dello Stato invece gravavano esclusivamente il popolo. I Nobili d’ogni gradazione ed il Clero, la maggior parte dei quali, presi tutti insieme, possedevano circa due terzi del suolo, andavano esenti dalle contribuzioni: il popolo minuto, e quel che ora chiameremmo medio ceto, pagava le imposte al re, i tributi feudali alla nobiltà, e le decime al clero. In alcuni luoghi vedevasi ancora amministrarsi dai feudatari la giustizia, in altri da magistrati che avevano comperate le proprie cariche, per poi rivenderle a buona occasione.
Dappertutto poi la procedura era lenta e rovinosa. Le finanze dello Stato erano agli estremi. Questi mali erano poi stati fatti palesi, e l’opinione pubblica era stata aizzata contro le cause che li avevano creati, e mantenuti, e portati al grado da essere intollerabili, la mercé di insigni filosofi, quali furono in generale gli Enciclopedisti, e specialmente gli immortali Rousseau, Voltaire ed altri – ».

Veniamo ora, in succinto, ai diversi avvenimenti.

1789. Nel Maggio, a Versaille, i Deputati della Nobiltà non si vogliono riunire ai Deputati del popolino e della borghesia, e questi si costituiscono Rappresentanti della Francia, proclamandosi riuniti in Assemblea Nazionale – Nel Giugno si riuniscono definitivamente in Assemblea i tre ordini – nobili, clero e borghesia; il popolo di Parigi prende la Bastiglia; principi e molte notevoli persone della Corte emigrano. – Nell’Agosto il Clero e l’Aristocrazia fanno al bene pubblico il sagrifizio dei loro privilegi; è decretata la libertà religiosa – Nell’Ottobre il re accetta la famosa dichiarazione dei Diritti dell’uomo; il popolo commette eccessi; prima seduta dell’Assemblea a Parigi – Nel Novembre abolizione della distinzione di ordini fra cittadini.

1790. Nel Febbraio soppressione dei voti monastici in Francia; e nel Giugno abolizione della nobiltà ereditaria dei titoli e degli ordini cavallereschi.

1791. Nell’Aprile muore Mirabeau – Nel Giugno il re fugge travestito da Parigi, ma è arrestato; – Nel Luglio festa della Federazione; nell’Ottobre prima seduta dell’Assemblea Legislativa.

1792. Nell’Agosto assalto del palazzo della Tuileries; il re Luigi XVI e la sua famiglia si rifugiano in seno all’Assemblea, la quale sospende il re dalle sue funzioni e lo fa rinchiudere insieme alla regina, nella prigione del Tempie – Nel Settembre carneficina nelle prigioni, e apertura della Convenzione che abolisce la Monarchia e proclama la Repubblica.

1793. Nel Gennaio il re Luigi XVI è condannato a morte e sottoposto alla Ghigliottina, inventata l’anno precedente dal medico Guillotin; nel Marzo istituzione del Tribunale rivoluzionario, e principio del regno del Terrore; – nell’Aprile creazione del Comitato di salute pubblica – assassinio di Marat per mano di Carlotta Corday – e condanna a morte della regina Maria Antonietta moglie di Luigi XVI.

1794. Caduta e supplizio di Robespierre.

1795. Soppressione del Tribunale rivoluzionario – nomina di Bonaparte a Generale dell’esercito interno – chiusura della Convenzione Nazionale, e creazione del Direttorio.

1796. Bonaparte Generale in capo dell’esercito d’Italia – Trattato pel quale si cedono alla Francia Nizza, Savoia ed altre terre, e le si concede il libero passo per recarsi in Lombardia.