Sassari Piemontese

• 1841. Marghinotti

Saputo che il pittore cagliaritano Marghinotti provvedeva le altre città dell’isola del ritratto di Carlo Alberto, il Municipio deliberò di dargli commissione di una copia per Sassari, compiacendosi posseder meglio un ritratto di un nazionale che di un estero. Si combinò il prezzo col Marghinotti per la somma di Ls. 230 compresa la cornice, rimanendo a carico della città la cassa e l’imballaggio. Il Viceré, in data del 6 Gennaio, rimproverò il Municipio di Sassari per aver dato la commissione del ritratto senza permesso dei superiori!

• Appendici – 1

Il 13 Febbraio i proprietari delle case delle Appendici ricorrono tutti al Governatore contro il Municipio di Sassari implorando che si facciano le aperture. Il municipio espone i sagrifizi che ha fatto, avendo già erogata la vistosa somma di oltre 25mila lire sarde; dice che ha già ottenuto di tener aperte nella notte le porte della città, e di aver già iniziato le pratiche col R. Patrimonio per l’apertura di Porta Castello e la demolizione delle annesse casupole; sta meditando il modo di ottenere le altre due aperture di Turritana e di Torre Turondola; che le indennità per le case da demolirsi ascendono a Ls. 7886. 3. «E dopo ciò si declama e si mormora contro l’Azienda! E fossero almeno i ricorrenti fra i puntuali! Ma non fu che dopo molti eccitamenti e citazioni giuridiche che si giunse a riscuotere, dalla metà appena dei concessionari, l’importo dovuto! ».

• Il Re in Sardegna

Il re Carlo Alberto, e il principe ereditario Vittorio Emanuele, arrivarono a Cagliari verso le ore dieci di mattina del 17 Aprile, col R. piroscafo Tripoli, parato a festa. I cannoni lo salutarono; e tutti i legni ch’erano nel golfo issarono le bandiere. Intanto il Conte De Asarta, incaricato delle funzioni per Carlo Alberto, ne annunziò l’arrivo alla Sardegna con un caldo proclama. A Cagliari fu fatto oggetto di entusiastiche acclamazioni e di dimostrazioni indicibili – Il 19 si recò al villaggio di Quarto; il 22 visitò la villa d’Orri; il 23 andò a caccia alla villa della Maddalena; il 24 si recò a Sanluri, e da Sanluri in Oristano, dove arrivò alle otto di sera.
« Il 25 si fermò ad Oristano; il 26 visitò Milis e la peschiera di Pontis. La mattina del 27, verso le sei, si recò alla marina, e s’imbarcò sul vapore Tripoli, diretto per Alghero. Toccò la spiaggia di S. Giovanni per visitare le rovine di Tarros e per assistere all’apertura di sette tombe antiche. Alle due di sera sbarcò in Alghero. Il 28, alla mattina, visitò la famosa grotta di Nettuno, stupendamente illuminata; il 29 assistette a una partita di caccia e ad una pesca. Il 30 alle 9 di mattina si mosse alla volta di Sassari.

• Il Re a Sassari

Il 18 Aprile il Viceré annunziò alla Sardegna che Carlo Alberto e il principe reale erano arrivati a Cagliari. Il nostro Municipio ringraziò il Viceré della partecipazione, augurando che la famiglia reale visitasse pur Sassari; ma intanto non mancò di far preparativi per riceverlo degnamente. Si ordinò la riparazione di trenta fra le principali strade di Sassari, che importò la spesa di Lire sarde 4490. 13.3; essendo sprovviste le niviere d’Osilo, si fece venire con sollecitudine da Arizzo sei cavalli carichi di neve, per offrire i sorbetti a S. M. e al seguito.
Il 27 il Governatore partecipa al Municipio che ha ricevuto un espresso da Cagliari annunziante l’arrivo di S. M. Si preparano sei carrozze per visitare i dintorni di Sassari e per recarsi a Portotorres. Si fa sapere che S. M. prenderà alloggio nel Palazzo Governativo, e che avrà la Guardia d’onore del Corpo dei Cavalleggieri comandata da un ufficiale. Il Municipio però era già preparato: le strade erano riparate e i cavalli colla neve era arrivati da Arizzo!
Alle due pomeridiane del giorno 30 aprile Carlo Alberto col principe reale e seguito erano dinanzi alla porta di S. Antonio, provenienti da Alghero.
La porta di S. Antonio, verso lo stradone, era tutta coperta da un bellissimo arco di trionfo, dipinto dal pittore Bossi con tale maestria che colpì tutti i visitatori (dicono quelli che lo han veduto). Sotto a quest’arco i due sindaci Conte Musso di Montesanto, e Avvocato Giacomo Fresco, in presenza del Governatore Don Gaspare Andreis e del Corpo Municipale, presentarono le chiavi della Città a S. M., che le restituì loro colle più gentili parole.
Carlo Alberto (s’intenda sempre seguìto da tutte le autorità e popolo) si avviò quindi al Palazzo del Governo, e passando per la piazza ricevette i dovuti onori dal battaglione dei cacciatori franchi e dai miliziani a cavallo che vi erano schierati.
Giunti al palazzo venne ricevuto dal magistrato della R. Governazione, dal Corpo Accademico e dalla Nobiltà. Indi vide difilare alla sua presenza, dal balcone dello stesso palazzo, le truppe di guarnigione e la cavalleria miliziana. Ricevette in seguito tutti gli ordini e Corpi della città che gli rassegnarono le proteste di omaggio, fedeltà, ecc. Ad ogni istante vi erano acclamazioni e battimani.
Alla sera vi fu grande illuminazione per la città, e così per le due sere susseguenti. Dicesi che i meglio illuminati fossero il palazzo civico, la Cattedrale e l’Università. (Sfido io – non c’era altro!)
La piazza della Carra grande, stupendamente illuminata ancor essa, aveva nel centro una colonna sulla quale avevano collocato il busto del Re.
Il giorno successivo (1° maggio) il Re col principe si recarono alla Cattedrale, dove li aspettavano l’Arcivescovo Varesini, il Capitolo, il Magistrato della R. Governazione e il Corpo Accademico. Fu cantato l’inno ambrosiano e fu data la benedizione col SS. Sacramento.
Si portò poscia alla piazza Castello per vedervi gli esercizi del battaglione dei cacciatori franchi.
In seguito visitò le caserme dei cavalleggieri di Sardegna e dei Cacciatori franchi; lo stabilimento delle Figlie di Maria; il Convitto Canopoleno; le Scuole dei Gesuiti, e la R. Università. Volle vedere le pubbliche passeggiate, e non dimenticò di visitare la famosa fontana di Rosello.
Il principe visitò pure l’amena vallata di Logulentu, e il giardino dell’avvocato Casabianca, stupendamente tenuto.
Alle 4 di sera S M. e il principe, dal poggiolo del civico Palazzo, assistettero alla corsa dei cavalli che si eseguì nella piazza; e alla sera assistette ad una festa da ballo splendidissima, data nel Teatro civico per cura del Municipio. La sala da ballo era splendida di ornamenti, d’illuminazione, e di un concorso scelto. Alla comparsa del Re tutto il teatro scoppiò in acclamazioni ed applausi. Il principe Vittorio Emanuele, il futuro primo Re d’Italia, prese parte al divertimento, e ballò colle signorine Margherita Castiglia e Raimonda Casabianca.
mattina del giorno successivo (2) il Re assistette alla messa nella chiesa di Gesù Maria, e a sera visitò gli ospedali militare e civile, il Seminario e le Scuole dirette dagli Scolopi.
Il 3 Maggio, alle 5 di mattina, il Re e il principe si recarono a Portotorres, e nella Basilica di S. Gavino sentirono la messa celebrata dall’Arcivescovo Varesini. Volle pur vedere il nuovo canale che doveva provvedere d’acqua gli abitanti di Portotorres.
Finalmente il re e il suo seguito si recarono al molo, e ricevuti gli omaggi dei distinti personaggi venuti da Sassari, (i quali erano schierati in una specie di ponte appositamente costrutto) salirono sul piroscafo Tripoli, il quale salpò dal porto verso le otto, salutato dalle acclamazioni del popolo, e dalle cannonate delle artiglierie di quella torre.

• Dopo la partenza

La prima cosa che si fece appena partiti i Sovrani, fu quella di pagare i debiti; la seconda quella di aspettare gli effetti della visita.
Durante il soggiorno delle LL. MM. in Sardegna, non si fece che presentar loro suppliche d’ogni genere: tutti approfittavano della presenza dei Sovrani per ottenere qualche grazia anche ingiusta.
Riposato dal viaggio, Carlo Alberto, poco per volta, mandò le suppliche al Viceré per chiedere ai Sindaci informazioni sui ricorrenti; e i Sindaci a dar ragione dei rifiuti.
Gli abitanti di Portotorres, per esempio (oltre la domanda d’emancipazione, di cui parleremo in seguito) si erano querelati con S. M. contro Sassari, per i Dazi di consumo; e il Municipio rispose al Viceré che la popolazione di Portotorres era di qualche entità, mentre la supplica la vedevano firmata da pochi soggetti, l’ultimo dei quali – dice la lettera in data 17 Luglio – si trova là per caso, dopo aver scontata la galera a cui era stato condannato. In seguito dà ragione del gravame dei dazi, ma ne incolpa le Viceregie disposizioni del 15 maggio 1830.
Un notaio di Sassari, impresario del dazio delle botteghe nel triennio 1835-37, aveva esatto e non aveva versato nella Cassa civica, e supplicava il Re di non versare. Il Municipio, il 30 Aprile del 1842, rispondeva addirittura, che non poteva comprendere come per via di Grazia al Re volesse quel signore sottrarsi al suo debito verso l’Azienda!
Due mesi dopo partito il Re. (nel 10 di Luglio) il Municipio fa sapere al Viceré, che le spese fatte per l’arrivo dei Sovrani erano salite a L. 8748. 84; e chiede benigno compatimento, dicendo «di non aver trascurato, allo stesso tempo, di togliere le tante deformità e guasti di quelle contrade che, conducendo a pubblici stabilimenti, potevano esser vedute dall’amatissimo Monarca e Reale principe, onde far scomparire lo stato di decadimento in cui le stesse giacevano». Coerenza di popoli anche questa! Mentre tutto l’anno si mandavano suppliche ai Superiori, esponendo miserie e chiedendo riparazioni, si nascondevano i guasti e la miseria il giorno che i Superiori venivano a visitare i sudditi oppressi! Vero è che Sassari in quell’occasione non aveva fatto che un tiro al Viceré! Punta dal dolore di mostrar brutte vie all’amatissimo Monarca, aveva speso a rotta di collo, sapendo che il Viceré non avrebbe avuto coraggio di far rimproveri.
Inutile dirvi che il Re, come al solito, ha segnato con grazie e onorificenze la sua visita in Sardegna. Furono messi in libertà tutti i colpevoli condannati a cinque anni di carcere, quattro di catena, e tre di galera; e furono creati o promossi diversi funzionari pubblici. Creò Commendatori il Viceré e i Vescovi di Bosa e d’Ampurias, e fece molti Cavalieri.
In Sassari furono nominati Cavalieri dell’Ordine, Don G. Caboni reggente il Magistrato della R. Governazione – Don F. Pais d’ Antona, prof. nell’Università – Il Conte Musso sindaco di 1a classe – l’avv. Casabianca, ecc. ecc. Il sindaco di seconda classe Giacomo Fresco (come quello di Cagliari Pintor-Melis) fu premiato colla Nobiltà progressiva.

• Strada d’Alghero

Il Consiglio di Sassari, con dispaccio Viceregio del 12 e 13 Aprile, era stato invitato a dichiararsi sulla linea che credeva più utile fra Sassari e Alghero. – Le linee erano due: quella che passava per Olmedo e nel ponte di S. Giorgio, seguendo quasi il cammino vecchio; e quella che approfittava della strada provinciale sino al picchetto N. 120, cioè alla Scala Cavalli di detta nuova strada comunale, passando vicino ad Uri. 
Il Consiglio, nella seduta del 16 Giugno, considerando la maggior vicinanza e convenienza, sceglie a pieni voti la strada che passa nel ponte di S. Giorgio e che tocca Olmedo – cioè, quasi il vecchio cammino che in quei tempi conduceva ad Alghero.
Nel luglio il Viceré fa sapere ai Consiglieri di Sassari che il Ministero aveva scelto invece l’altra strada – quella per Scala Cavalli. Il Municipio risponde, che se Sassari doveva sentire qualche vantaggio da questa strada, era appunto quello di una miglior comunicazione co’ suoi terreni della Nurra; e che se deve contribuire, intende profittare di un comodo che nulla toglierebbe ad Alghero.
Il Consiglio, in seduta del 1° Ottobre, raccomanda ad Alghero di far passare la strada vicino ai villaggi, e non nel deserto.
La questione di questa strada fu oggetto di continue lettere durante il 1841, ‘42 e ‘43; ma non se ne fece niente. Gli Algheresi avevano persone influenti a Torino, e la vinsero. La strada attuale di Alghero può dire chi avesse allora ragione. Si trattava però del concorso di Sassari; e Sassari non voleva pagare i suoi danari per il capriccio degli altri.

• Mercato

Sotto il governo del Crotti si era stabilito il Mercato pubblico nella piazza della Carra grande. Fu annullato dopo la venuta in Sassari di Carlo Alberto, per ragione di maggior decenza e per non sciupare una delle migliori piazze della città. Si decise allora di occupare un posto fuori Porta Rosello, dirimpetto al Convento dei PP. Trinitari; ma l’impresario del Dazio comunale protestò per i danni e pregiudizi, e non si volle andare incontro a litigi. In seduta del 16 Giugno il Consiglio pensò di formare il Mercato in Via del Carmine, adiacente quasi alla Pescheria e Beccheria, e si fecero le pratiche opportune. Il calcolo della spesa era di L. 2.400.

• Appendici – 2

La venuta del Re a Sassari aveva decisamente sconvolto tutti gli abitanti per la manìa delle suppliche! – Tutti i Gremì di Sassari avevano presentato una supplica a Carlo Alberto perché si sopprimessero i portici nei fabbricati delle Appendici, e perché anche là si permettesse di costrurre case basse.
Il Municipio risponde, il 10 Luglio: «Soddisfacendo alla domanda dei Gremì si tornerebbe all’antico, si deturperebbe la città, e si tornerebbe al villaggio».

• 1842. Esposti

Il Ministero domanda conto dell’eccessiva mortalità verificata negli esposti di Sassari nei primi tre mesi dello scorso esercizio. Il Municipio risponde il 13 Gennaio: «Il numero dei morti fu 31, pur tenendo calcolo dei 107 vivi, cioè dei 65 esistenti a tutto Dicembre1840 e dei 42 nati nel primo trimestre del 1841. – Siffatta mortalità credesi provenga dall’aver serpeggiato in paese una tosse convulsiva che fece veramente strage; e difatti, delle 754 persone morte nell’anno 1841, ben 328, quasi la metà, erano bambini. Se ciò avvenne nei figli legittimi, con maggior ragione doveva avvenire negli spuri ed esposti, che è impossibile vengano curati come i legittimi! – Tenteremo tutti i mezzi di ripararvi, ma siamo certi che non potremo vincere le eccessive risultanze dei morti, finché quest’infelici figli della disgrazia e dell’altrui delitto non sentano i benèfici influssi del pietoso cuore del Supremo Governo, custodendoli in appositi Stabilimenti».

• Portotorres

Gli abitanti di Portotorres avevano approfittato della venuta di Carlo Alberto per domandargli di essere emancipati da Sassari. Il Viceré ne scrisse al Municipio il 17 Dicembre1841, e il Municipio così rispose il 13 di Gennaio 1842:
«Il Consiglio di Sassari trovò la domanda delle popolazioni di S. Gavino e di Portotorres immatura, a riguardo di volervi eretto là un Consiglio Comunitativo; e ciò perché esse, trovandosi ancora nascenti e composte di persone colletizie giuntevi da uno ed altro villaggio (?) non sono certamente in grado di ricevere il cambiamento che desiderano.
«Per le relazioni e preminenze che Sassari conserva sulle dette popolazioni, ritiene, ed ha sempre considerato i ricorrenti come cittadini sassaresi, occupandosi sempre dei loro bisogni, e anziché una così mal intesa emancipazione, sarebbe stato il caso, ove avessero avuto dei soggetti, d’includerne alcuno e incorporarlo in questo Corpo municipale per provvedere sovra luogo a tutto ciò che riguarda il pubblico servizio.
«Senza tener conto dei dritti e prerogative della nostra Città, bisogna constatare la mancanza colà di soggetti abili e idonei per formare un Consiglio, e la difficoltà di poter formare la terna di Capitano Barraccellare e di censore locale…
« Trovando il Consiglio di Sassari inammissibile l’inoltrata domanda, rileva invece opportuno venir deputato colà qualcuno per parte della Città che provveda e sorvegli il pubblico servizio, come già fu praticato per le attribuzioni edilizie, e come avrebbe anche eseguito per quelle riguardanti l’ufficio di Provveditori, se col Dispaccio Viceregio 13 Novembre 1838 non ne fosse stato distolto per lasciare una temperata libertà nella vendita dei commestibili, fino a prendere le dette popolazioni una maggior consistenza.
«Per occorrere dunque ai loro bisogni il Consiglio di Sassari è in senso di deputare colà una persona che provveda alla nettezza pubblica, ciò che potrebbe anche eseguirsi col Comandante del luogo, di concerto con questa città, con cui verrebbe introdotto il buon ordine e la regolarità, senza punto invocare un sistema che, nello stato attuale, non potrebbe dare che sfavorevoli risultati».
Gli abitanti di Portotorres, però, rimasero saldi nei loro propositi; sinché le regie patenti dell’11 Aprile 1842 e 12 Aprile 1845, sottoscritte da Carlo Alberto e dal 1° Segretario Villamarina, emanciparono il loro paese da Sassari – né so invero con qual vantaggio!

• Mercato grani

In seduta del 14 Febbraio il Consiglio particolare (ossia la Giunta) propone costrurre un Mercato di grani fuori di Porta Castello, sotto le muraglie del Quartiere; e considerandolo di grande utilità, per gli inconvenienti che si verificano, decide di ricorrere ad Azioni, se le finanze civiche non permettono la spesa.

• Agricoltori

Il 22 Febbraio il Consiglio delibera di ricorrere al Viceré, esponendo: che il ceto degli Agricoltori di Sassari, vivamente penetrato dai danni sofferti nel proprio bestiame e seminati, per l’ingordigia dei pastori, ed immerso nella massima afflizione per i sicuri pericoli che corre e che giustamente teme, protesta al Consiglio Civico di voler abbandonare affatto l’agricoltura e di deporre lo stendardo nel civico palazzo per non occuparsi più di tale ufficio, né continuare in detta qualità».

• Festini

Si fanno festini per il matrimonio del principe reale Vittorio Emanuele colla principessa Maria Adelaide d’Austria. Si era domandato l’oracolo di Cagliari per sapere il modo di far le feste, e il 5 Aprile venne il programma, al quale il Municipio di Sassari aggiunse una festa da ballo e un fuoco di artifizio.
L’ordine dei festini fu il seguente: Il 12 Aprile Tedeum nella Cattedrale, e illuminazione generale nella notte. Il 13 gran festa da ballo nel Teatro Civico, e altra illuminazione generale nella notte. Il 14, fuochi di artifizio in piazza e illuminazione generale nel paese e nel palazzo comunale.
Durante i tre giorni grande distribuzione di 200 scudi in elemosine ai poveri delle cinque parrocchie. Si diede incarico all’Architetto Civico Pau per le iscrizioni – ed al fuochista Urgias per i fuochi di artifizio che si pagarono 40 scudi. I notai ricorsero al Governatore contro il Municipio perché non furono invitati al ballo! – Il reale sposalizio procurò l’amnistia generale dei condannati politici del 1821.

• Consacrazione

– Nella seduta del 9 Giugno il Consiglio discute se convenga una Deputazione per complimentare l’Arcivescovo Marongiu in nome della Città, e se devono andarvi in abito di spada o colle divise consolari. Si decide che vadano due soli consiglieri in abiti consolari; e ciò perché risulta che a complimentare l’Arcivescovo di Sassari erano andati quattro; dovendosi allora abbondare (sic) per trattarsi di un nostro Prelato. Si ordina che i due consiglieri siano preceduti dalle solite mazze, e che vadano prima della congregazione.
Trattavasi del canonico turritano D. Emanuele Marongiu Nurra, di Bessude, che fu consacrato in Sassari Arcivescovo di Cagliari il 28 di Agosto 1842.

• Litografia

Il 17 Agosto il pittore Aspetti chiede il permesso di poter stabilire un torchio litografico in Sassari, con privativa. Il Municipio raccomanda al Viceré la domanda dell’Aspetti, riconoscendo l’utilità e il vantaggio che ritrarrà il paese, trattandosi di un oggetto non ancora introdotto e che così facilmente sarà da altri seguìto ed imitato. Il Viceré negò all’Aspetti e al Municipio i privilegi invocati.

• I monelli

Si ricorre nell’Agosto al Governatore per i disordini che giornalmente si verificano. Si rinvenne fratturata la serratura della porticina della Botte delle acque delle Concie; atterrata la detta porticina; rotto il canaletto dell’Abbeveratoio; spezzato altro canaletto della fonte; sradicate le recenti piante degli olmi sullo stradone verso il convento di S. Pietro. Il Municipio si raccomanda al Governatore, non avendo a sua disposizione che sole 4 Guardie, compreso il Sergente.

• L’Arcivescovo deputato

Approfittando della partenza per Torino di Monsignor Varesini Arcivescovo di Sassari, il Consiglio in seduta del 6 Ottobre autorizza in ampia forma il detto Prelato per perorare presso al Governo le seguenti pratiche: rendere più stabile la nostra Università; venir restituita l’antica giurisdizione al Magistrato della R. Governazione; ottenere il condono delle 86mila e più lire dei donativi arretrati; venir mantenuta la filiazione di Portotorres a questa città; far cambiare la guarnigione dei Cacciatori franchi, o venir accresciuta di altra che inspiri maggior confidenza al paese; fare in modo perché si ammettano nel porto di Genova e di altri Stati le derrate e le produzioni della Sardegna col mezzo dazio, giusta i sovrani provvedimenti; ed infine, impetrare che si permetta la formazione di una o due tanche nel Prato al servizio del bestiame da Macello.
Questo si dice dar seccature ad un Arcivescovo che viaggia per diporto!

• Imposta

Il 22 Ottobre si supplica il Re per la decadenza delle finanze civiche, sperando avere il condono della enorme cifra di L. sarde 159.498, 2. 4. verso le R. Finanze, di cui la gravò la R. Commissione creata a Cagliari (Eccoci!) Il Municipio raffermava già la circostanza che la stessa Commissione non la voleva prima debitrice che di Ls. 92.648. 8. 4. e si arbitrava poi, nel riparto del Debito generale delle città tutte, a quotizzarla per le dette L. 159498. 2. 4. aggravandola di un terzo in più di quello che da essa stessa si riconosceva prima dovuto.
«La Capitale Cagliari – dice la supplica – ricca, con più popolazione, con maggior rapporti, per fortuna, considerazioni del Governo, e per floridezza del suo bilancio, non fu quotizzata che di un sol terzo quasi della somma fissata per Sassari…»
(E qui un’esposizione lunghissima di otto pagine per i conti dal 1815 al 1838, e precedenti al 1815.)
«…Converrà abbandonare ogni idea di opere pubbliche conducenti ad uno stato di decadenza della Città, e indietreggiare dal progresso cui stava avviandosi Genuflessa la stessa Città (posizione incomoda!) ai piedi del R. Trono, implora una revisione di conti, o nanti il Supremo Consiglio, o presso la Camera dei Conti in Torino, onde venir almeno rilevata dalle somme che giustificherà indebite, o precedentemente pagate, o già condonate dai Reali Avi della M. V.».
Un debito di Lire italiane 306.236. 40? Avevano ben ragione di spaventarsi d’una somma che nel 1842 rispondeva ad un milione del 1884!

• Furti e delitti

Nell’anno 1842 non era quasi giorno che in Sardegna non si commettesse un grave reato – e così stesso nel 1841. L’isola era infestata da fuorusciti corsi; si ricordano ancora lo Stefanoni, detto il Serpente, il Quartara, il Tangone e il Santa Lucia. Dopo un vivo carteggio fra i due governi fu dato il bando ai forestieri di vita riprovevole, e molti furono fatti partire. Nel solo anno 1842 furono consegnati al Governo francese venti banditi. Venne di nuovo a galla la mala ispirazione di ascrivere forzatamente al Reggimento sardo i discoli. Si mandarono in Sardegna 600 uomini sotto il nome di operai di punizione; come se i malfattori fossero pochi! – esclama il Siotto Pintor.

• 1843. Sistema decimale

Nel Gennaio si dà ricevuta della Circolare Viceregia 27 Dicembre 1842 riguardante il nuovo sistema decimale; il Consiglio si riunisce in Congrega col R. Vicario di Pulizia per render di pubblica ragione la tariffa dei commestibili in moneta decimale dal 1° del mese, a seconda il R. editto 26 Novembre 1842.
Il 10 Gennaio si fa la verifica dei fondi esistenti nella cassa civica al 31 Dicembre 1842, colla distinta delle monete, e si trovò la diminuzione con una perdita di Ls. 153.18.3, di cui il Tesoriere chiede mandato di rimborso.

• Il Re arriva!

Essendosi sparsa la voce di una probabile venuta di Carlo Alberto, il Consiglio in seduta del 30 Marzo delibera le feste da farsi. Oltre il solito ballo in brillante etichetta, le illuminazioni, la corsa di cavalli entro città, si stabilisce di far suonare all’Orchestra di musica (?) le migliori sinfonie e suonate d’occasione, quando possa il re far l’ingresso in città; più combinare una gran caccia».

• Il Re è in Ozieri?

Il 9 di Maggio si riunisce la Giunta, presieduta dal Consigliere anziano, per essere assenti i due Sindaci di prima e seconda classe – Che cosa era avvenuto? 1 due Sindaci, insalutati viaggiatori, senza dir verbo a nessuno, se n’erano andati alla chetichella in Ozieri per ossequiare S. M. e il Duca d’Aosta ch’erano sbarcati a Terranova il 4. Figurarsi il dispetto dei Consiglieri! Discutono vivamente, e deliberano di scrivere subito al Viceré perché decidesse se i Sindaci potessero recarsi a complimentare il Re in nome della città e popolazione, senza un atto Consolare!
«Il Consiglio – dice il verbale – avrebbe potuto aggiungere altre degne persone del Corpo (ecco la rabbia!), sia per maggior lustro e splendidezza di una Deputazione, sia per maggior proprietà e decoro del Consiglio» (avean preso gusto alle croci!).
Il 12 Maggio la Giunta si riunisce; e questa volta sono presenti i due Sindaci, i quali riconoscono la ragione dei Consiglieri, ma si scusano incolpando la strettezza del tempo, l’incertezza dell’arrivo di S. M. ecc. ecc. Il Consiglio delibera di non scrivere più al Viceré, e che l’accaduto non possa mai in alcun tempo addursi in esempio!
E avessero almeno veduto S. M.! – Carlo Alberto, dopo aver toccato Terranova, la Maddalena, Longonsardo, S. Teresa ed Alghero, era ripartito il 22 Maggio!

• Il Vicerè a Sassari

Il Consiglio, in seduta del 15 Maggio, informato dell’imminente arrivo del Viceré De-Asarta, stabiliva di fargli una visita in abiti consolari, incaricando dell’aringa il Sindaco di prima classe. Si disponeva pure a ricevere il nuovo Governatore Cornuti che fra breve doveva arrivare a Sassari. Il Viceré De-Asarta. – Scrive il Siotto Pintor, che il Viceré recatosi a Sassari per leggervi il corriere e accogliere in Terranova il Re, quivi ebbe annunzio ufficiale che poneva fine alla sua missione nell’isola, con singolare ironia principesca, con beffa infinita. Fu nominato comandante col titolo e col grado di governatore della città e del ducato d’Aosta, dove sarebbe andato a rimpiazzare il Cornuti, promosso testé governatore di Sassari». –
Pare (a quanto leggesi nella seduta del 15 più sopra menzionata) che il Consiglio di Sassari fosse in precedenza avvisato dell’arrivo del Viceré… e del Cornuti. Era dunque un tiro che si faceva al De- Asarta, decaduto dalla grazia sovrana, forse per il suo carattere violento.
Per le precipitate risoluzioni di questo Viceré si erano immolati sull’altare della giustizia due innocenti. Sebbene io mi sia limitato a riportare nel mio libro i fatti e le notizie riguardanti la città di Sassari, pure voglio in succinto raccontarvi ciò che il Pintor narra più in disteso.
Fra i molti reati che si commettevano a Cagliari e sua provincia (più o meno vi era del marcio dappertutto!) è da annoverarsi quello commesso da una banda armata nel villaggio di Esterzili. Assalita la casa del Nobile Salvatore Capece, fratello del Vescovo di Tempio, assassinarono il padrone ed una serva, e fecero bottino di quanto trovarono.
Già impensierito il Viceré De-Asarta di tanti delitti, volle usar rigore e diede ampi poteri di Alternos ad un giudice della R. Udienza, mandandolo in giro con forte nerbo di milizia. Questi operò con esagerato zelo. Gittati nelle segrete molti testimoni, menati di carcere in carcere, dissero quello che lor pareva meglio; e due di essi giurarono che i conduttori della banda e i veri assassini del Capece erano Giulio Tolu, povero nobile decaduto, e un suo fratello uterino Salvatore Tolu. Fra 17 giudici, 15 votarono per il supplizio; e la sentenza fu eseguita il 16 Settembre 1842 contro i due fratelli Tolu. A Giulio, per un riguardo alla nobiltà, fu rizzata la mannaia in Cagliari sulla piazza del Carmine; il Salvatore fu impiccato per la gola sul luogo del delitto. La moglie ed i figli di quest’ultimo languivano nella più squallida miseria.
Il Governo si congratulava col Viceré, il quale metteva in rilievo i meriti del Deleuse. Il fisco fu promosso, e morì presidente di classe del Senato di Piemonte; al De-Asarta fu dato il grado di tenente generale.
Trascorso un anno dall’esecuzione si catturarono molti altri indiziati della grassazione di Esterzili; i quali, oppressi dalle prove invincibili, disperati di salvarsi, confessarono insieme alla loro reità l’innocenza dei Tolu, che fu accertata coi testimoni dell’alibi.
Si riprese l’istruzione dallo stesso giudice; il quale, atterrito e mezzo morto, dovette confessare essere stato ingannato dal falso aspetto della verità.
Si avvertì Carlo Alberto, che ne pianse – scrive il Siotto – e non sapeva darsene pace. Ordinò forme meno solenni nel procedere cogli altri 21 imputati; volle che fosse riabilitata la memoria dei due innocenti Tolu, sussidiati dalla sua cassa particolare la povera moglie e i figli di Salvatore.
Il giorno che nel nuovo giudizio fu constatata l’innocenza dei due giustiziati tutti proruppero in pianto – giudici e popolo.
Il Siotto Pintor volle fermarsi alquanto su questo fatto, perché ha dovuto trovarvisi per debito della sua professione. Da questa narrazione – egli dice – si possono ricavare due fruttuose verità. «L’una è, quanto male si appongano i governi intromettendosi nel santuario della giustizia e sostituendosi alla coscienza dei giudicanti. L’altro può valere come un documento della logica umana: la cancellazione dai codici della pena di morte!».
E quanti di questi errori giudiziari nei processi sommari ed economici! – ed anche senz’essere economici e sommari!!

• Locanda

Penetrato del bisogno di una comoda e decente Locanda per i forestieri e nazionali, e dei gravi danni che al commercio e al maggior lustro del paese ridondano, il Consiglio in seduta generale del 13 luglio delibera di fare un sagrifizio di 100 scudi annui per un sessennio, a favore di colui che volesse stabilire in Sassari un Albergo per 12 anni.

• 1844. Candelieri

Considerando che la festa dei Candelieri va deperendo di anno in anno perché ognuno si rifiuta a concorrere alla religiosa funzione, il Consiglio in seduta del 23 febbraio delibera di richiamarla alla sua prima origine, introducendo cioè in essa un maggior rispetto e decoro col ridurre i detti candelieri in forma di cerei. In vista poi delle continue disgrazie che si verificano nella corsa dei cavalli che si fa in piazza la sera del 13, e penetrandosi dei continui reclami dei negozianti per il danno che risentono per la polvere che penetra nei loro magazzini, lo stesso Consiglio propone di venir soppressa la corsa. Venendo respinta la proposta con 11 voti contro 5, si delibera di mantenere la corsa dei cavalli, ma eseguendola fuori di città.

• Portici – 1

Ponderate le difficoltà che si affacciano dai proprietari per la costruzione dei portici prescritti in tutte le vie delle Appendici, tanto per le spese forti quanto per le forti pendenze del terreno, si delibera in seduta del 20 settembre di mantenere i detti portici per la sola Strada Maestra (oggi Via Roma.)

• Nuove monache

Dal rescritto Pontificio portante la riapertura del Monastero di S. Chiara, ossia la riabilitazione del medesimo a poter ricevere delle figlie per monacarsi, venne dal Sindaco espresso il desiderio da taluni esternato di suonare la campana di Città in segno di giubilo e di pubblico gradimento nell’occasione che l’Arcivescovo Varesini canterà il Tedeum in detta chiesa per tanto favore (!). Si approva ad unanimità!

• Infanzia derelitta

Secondando il desiderio dell’Arcivescovo, perché venga destinato un membro del Consiglio a ciascuna delle Deputazioni formate dalle cinque parrocchie per ottener sottoscrizioni volontarie in vantaggio del nuovo Stabilimento che si promuove per l’Infanzia derelitta, il Consiglio, in seduta del 4 marzo, nomina Don Simone Manca per S. Nicola, l’avv. Santoni per S. Catterina, Don A. M. Marras per S. Apollinare, Don Gavino Virdis per S. Sisto, e Don F. Quesada per S. Donato.

• Commercio

Nell’aprile si ricorse dal Consiglio al Viceré contro il negoziante genovese Lombardi perché nelle Appendici costrusse un’estesa area di case basse, uscendo dal tracciato prescritto dal Municipio. Avendo costui il 10 aprile cominciata la costruzione sdegnando le proteste del Municipio, questo si è visto costretto a far tradurre i muratori in Crottone con ordine dell’Ufficio di piazza.
Il Lombardi si rivolge pure al Viceré; e il Viceré vorrebbe che lo si lasciasse fare, in considerazione del bene che ha recato alla città. Il Municipio fa osservare al Viceré, che se si dà il permesso al genovese, bisognerà pur darlo agli altri proprietari; i quali ben volentieri fabbricherebbero, allettati dal vistoso interesse che corrispondono le case basse, che costano circa 250 franchi e dànno un prodotto di franchi 60 all’anno.
«In quanto poi ai riguardi che dice meritare il detto negoziante, li ammette in teoria, non in fatti. Il Municipio non crede che il Lombardi abbia procurato a Sassari tutto il bene che egli ha fatto intendere al Viceré; la Città invece avrebbe molto a dolersi di lui perché incettò i grani per suo conto angariando il commercio, e mantenendo la carestia del prezzo col togliere la concorrenza ai venditori. Portò diffatti il prezzo dei grani a 8 scudi e mezzo il rasiere, poche ore dopo di averli acquistati sotto ai 6 scudi, e così stesso dannosa fu al pubblico l’incetta delle sanse portate quest’anno all’avvilimento per la di lui intelligenza con tutti gli altri speculatori. Infatti, nanti la R. Governazione pende la causa tra lui e il negoziante Ardisson, e là si produsse il contratto stipulato fra loro, con condizioni penali contro colui che aumenterebbe il prezzo delle sanse, e così stesso dei saponi. Anzi, il Lombardi sta esercendo il Lavatoio di S. Orsola, già interdetto con reiterate provvidenze dal Governo Superiore per gli enormi danni che risentono gli orti e i bestiami che prendono le acque in quel rivo.
«Più fatale fu per Sassari il traffico dell’olio, unico articolo di sussistenza. Le pratiche del Lombardi fanno soffrire così repentini variazioni di prezzo, fino al punto di scoraggiare i poveri proprietari; egli tirò a sé i trafficanti dell’estero (Italia) e bloccò i proprietari col ristagno del genere, dettando poi la legge sui bisogni del commercio. Si mormorò tanto per questi sconci, che molte persone autorevoli giunsero fino a suggerire al Consiglio Civico di accusarlo qual Dardanaio pubblico (?!). Ora deprenderà l’E. V. nella sua saviezza, che mentre il negoziante Lombardi venne supposto un Giuseppe per Sassari, un Salvatore della Città, il Consiglio lo esperimenta invece l’Oppressore della Patria (!!). Nei grani ebbe il guadagno del 20, del 30 ed anche più per cento. E solo per questo motivo il Consiglio civico deliberò di chiamar grani per conto proprio, e credette una fortuna la generosa offerta del Consigliere negoziante Ponzeveroni che si limita al solo interesse del 6 per cento, sopra le spese. Veda dunque S. E., che invece di vantaggi il Lombardi porta la pubblica rovina.
«Riesce poi doloroso al Consiglio, che si giunga a tanto di destrezza per parte del commercio, da far credere persino all’intemerato zelo del Governo un utile che è apparente, un pubblico danno che è reale; e non può sapersi che da chi ne esperimenta da vicino le conseguenze. Non sono semplici asserzioni le nostre, ma fatti che potrebbero venir concludentemente provati anche in Giudizio; e il Consiglio si riserva il dritto di stabilirli in giudizio criminale, per porre argine a sì immodiche vessazioni del pubblico in siffatta materia!».
Povero Consiglio civico! Com’era ingenuo in fatto di commercio! Il torto era uno solo: che i sassaresi allora avevano gli occhi chiusi e i genovesi li avevano molto aperti; e se attraversavano il mare per tentare la fortuna, per qualche compenso lo facevano!
Ho riportato questa protesta del Municipio di Sassari, per dare un’idea dello spirito commerciale che informava i sassaresi di quel tempo.

• Appendici – 3

Essendo crollata, per vetustà, una parte della Muraglia nella discesa di Porta Nuova, il Consiglio in seduta del 7 novembre si propone di aprire una via di comunicazione tra la città e le appendici; al quale oggetto fa pratiche per l’acquisto d’una casetta nella Corte di S. Croce per venir demolita.

• 1845. Selciati

Per le continue doglianze del pubblico a causa delle rovinose e intransitabili vie di Sassari, il Sindaco prof. Cossu fa una lunga relazione nella seduta del 12 febbraio, proponendo di ricorrere a un prestito non minore di 10.000 scudi; portando in tal modo a 30mila scudi l’impresa, tenuto calcolo dei due terzi coi quali i proprietari delle case dovrebbero concorrere. La piazza (via maestra) era già ultimata da alcuni anni.

• Assassinio

Nell’alba di un giorno di aprile si commetteva a Sassari un orribile assassinio. Fu scannato nella propria casa, in Carra Grande, il Conte Arborio Mella di S. Elia per depredarlo. Dicesi che il ladro fosse penetrato in casa del Conte colla connivenza della serva, ch’era la sua amante. Il volgo afferma che la giornata era tempestosa, e che un tuono orribile scoppiava al momento dell’uccisione. Il misfatto fece una profonda impressione in tutta la città.

• Bagni

Riconoscendosi di grande utilità l’uso di bagni per la salute pubblica, il Consiglio discute nella seduta del 2 dicembre la domanda di Prospero Besson, il quale, mediante la concessione del terreno gratis (tutta l’isola N. 8) e una privativa per 20 anni, si obbligherebbe di por mano subito ad uno Stabilimento, in modo che per il primo anno fossero ultimati dodici camerini; e nel secondo altri dodici con altrettante bagniere di marmo, oltre un bel giardino che farebbe costrurre in mezzo allo stabilimento per comodità dei concorrenti, i quali non pagherebbero che una lira per ogni bagno, compresa la biancheria.
Il Consiglio accorda la privativa e il terreno (valutato Ln. 1646. 69) colla condizione che non possa servire mai per altro uso.

• 1846. Cassa di Risparmio

In seduta del 13 gennaio il Consiglio incarica 1’Avv. Coll. Pisano Marras di fare un progetto di Regolamento per l’istituzione di una Cassa di Risparmio in Sassari, i cui fondi possano convertirsi in prestiti ben garantiti e produttivi in vantaggio della stessa Cassa ed a sollievo di questi cittadini nei propri bisogni: – Il 26 si scrive al Governatore, (il quale doveva recarsi a Cagliari) chiedendo 1’autorizzazione per offrire all’uopo l’uso gratuito del locale necessario, e il prestito di Ln. 5.000 dalla civica cassa; la qual somma, unita a quella che speravano riscuotere dagli azionisti, potrebbe formare un fondo dalle 12 alle 15mila lire. Si rappresenta l’utilità di una simile istituzione in Sassari, dove non è alcun Monte di Pietà, o istituto di prestiti, per i bisognosi; i quali, nelle loro urgenze, sono costretti ricorrere a sfrontati usurai.

• Asilo

Insieme alla Cassa di Risparmio, e al lastricamento delle vie, il Municipio raccomandava al Governatore, che si adoperasse presso il Viceré perché fossero a Sassari raccolti e ritirati tanti ragazzi qua e là dispersi; i quali, crescendo senza educazione e senza applicarsi ad alcun lavoro, vivono a carico del pubblico, o questuando o rubando, e finiscono per esser discoli, formando l’inquietudine e il flagello dei probi ed onesti cittadini che giustamente deplorano la troppo visibile e crescente demoralizzazione. L’Arcivescovo di Sassari si è già adoprato per un apposito Stabilimento; ma abortì, perché la sorte non arrise ai voti di questi cittadini!».

• Scuola per artisti

Nel febbraio si fanno nuove pratiche e si ritorna alla questione della Scuola di architettura per gli operai. Si prendono i concerti col Bosazza, verificatore dei pesi e misure, perché venga aperta altra scuola gratuita per l’insegnamento del sistema decimale e della pratica applicazione dei pesi e delle misure, proponendo di fare in modo che le due scuole non servano d’inciampo l’una all’altra.
Il 4 marzo si pubblicarono istruzioni per il modo con cui gli esercenti di mestieri e professioni devono servirsi dei pesi e delle misure; e intanto si annunzia l’apertura della scuola gratuita per la riduzione e comparazione tra l’antico e il nuovo sistema.
Gli oggetti raccomandati furono trovati buoni e degni di studio dal Viceré. Così disse al suo ritorno il Governatore!

• Nurra

I pastori della Nurra ricorrono al Municipio di Sassari, e il Municipio si rivolge al Governatore il 4 di aprile.
«…Piange veramente il cuore – esso dice – ricordare un ricco patrimonio del Civico erario e del pubblico, esposto al vandalismo ed al capriccio di pochi malviventi, pubblici sfrosatori, od alla venalità di coloro che erano in dovere di reprimere tali nefandità, e che invece non attendevano che a riscuotere ciò che potevano!
«Per effetto dei nuovi sistemi dati da S. M. al feudalismo, toglievasi sin dal 1838 dal Delegato della Nurra e di Porto Torres i redditi civili di quei territori che rimanevano in di lui favore per certa data annua prestazione, e non così tosto rientravano nel civico erario che il Consiglio ben informato del mercimonio e dei gravi abusi convocò in seduta 29 gennaio 1838 l’assoluta proibizione di ogni taglio in quella vasta selva. I tagli continuavano. S’ideava allora la creazione di diverse guardie campestri pagate dall’Azienda; ma entrate in gara col Mandamento e suoi subalterni per le divisioni delle multe, si misero in apatia, si svogliarono, e il risultato fu per l’Azienda la spesa. Gli eccessi e i disordini continuarono senza interruzione, quando giunse opportuno il Regio edito forestale che pareva dovesse apportare il rimedio. S’ingannava però il Consiglio. Furono destinati i luoghi di carbonizzazione, installati quattro Campari stipendiati, ma tutto invano: si gettarono di nuovo quasi lupi affamati nella selva, e v’introdussero il terrore e la desolazione. Non si possono correggere!….».

• Appendici e frati

(4 luglio). I PP. Domenicani, (che finalmente si sono risoluti a cedere i loro orti al Municipio per le Appendici) domandano in prestito al Consiglio 2.000 scudi, in conto delli 5.000 che devono avere in venti anni per riparare il loro Convento che minaccia rovina. Il Municipio li accorda loro.

• S. Catterina

(11 luglio) Supplica a S. M. per ridursi a decente stato la chiesa parrocchiale di S. Catterina, e migliorata la piazzetta più centrale e frequentata di Sassari. La detta Parrocchia – dicesi – dopo quella di S. Nicolò è la più ricca di decime. Fin dal 1799 i Reali Principi Duca di Monferrato e Conte di Moriana, Reggenti questo Capo, promuovevano il progetto di traslocare la detta parrocchia a Gesù Maria, in allora appartenente al R. Demanio, conservando la chiesa di S. Catterina come Oratorio per servire al Palazzo Governativo. Non ebbe allora effetto, e fu differito a tempi migliori.

• Fonte in città

Il Consiglio, in seduta del 5 dicembre, prendendo atto nella formazione del nuovo Bilancio della «grandiosa e importante opera di non lieve utilità e da molti bramata, d’introdurre in città le tanto buone ed applaudite (!) pubbliche acque della sorgente dell’antico Convento di S. Agostino, e ora dei PP. Domenicani, formando di esse un zampillo e pubblica fonte nella piazza Campo di Carra, legge il progetto e perizia estimativa che per incarico dello stesso Consiglio redigeva l’architetto civico onorario sig. A. M. Piretto, architetto civile in questa città, sotto la data del 2 corrente, dove dimostrava potersi eseguire l’opera con Ln. 20.000 divise in due rate, cioè: L. 8.000 per portar l’acqua a Porta d’Utzeri, e L. 12.000 da Porta Utzeri a Campo di Carra. Il sindaco di la classe Conte d’Ittiri, rileva la grande utilità e convenienza pubblica d’aver l’acqua dentro città, e la bellezza e miglior aspetto che potrebbe ricevere la piazza arricchita di tal dono; più il vantaggio che potrebbe ricavarsi dal sopravanzo per il servizio pubblico, vendendola ai proprietari dei sottoposti terreni ed orti all’uscita di Porta S. Antonio. Propone per ora di rinunziare per l’anno corrente alla costruzione deliberata della strada degli Scolopi, applicandole L. 4.000 all’acqua. Altri consiglieri osservano che l’acqua in Porta Utzeri è meno utile della strada degli Scolopi, poiché dell’acqua Sassari ne ha a poca distanza; e dippiù potrebbe darsi che le acque di S. Agostino avessero le stesse sorgenti di quelle della Concie, e queste ultime potrebbero venir meno. Si vota la strada, e si lascia a miglior tempo la fonte di Porta Utzeri.

• Ospedale

Nella stessa seduta il Consiglio esamina la memoria in data 20 novembre con la quale la Congregazione dell’Ospedale civile chiede un sussidio per la continuazione del nuovo Ospedale, essendo costretta a fermarsi per mancanza di fondi. Si propone di sospendere la strada degli Scolopi, e di bilanciare L. 5.000 per la continuazione dell’Ospedale.

• Portici

Nella stessa seduta si mette in discussione se si debbano sopprimere i portici anche nella Via Reale e annessa piazza. Due Consiglieri rispondono affermativamente, e otto per no. Il prof. Crispo legge un lungo voto ragionato contro i portici, affermando che con simile sistema non si fabbricheranno tre case di seguito nella Via Reale; osserva che i portici stanno bene nei climi freddi, come per esempio a Torino, dove dice essere stato per otto anni. 
Si delibera di accrescere il prezzo dei terreni, svincolati dall’obbligo dei portici, a L. 1.25 il metro quadrato – Nella seduta precedente del 20 agosto, a riguardo della vendita enfiteutica stabilita per i terreni adatti alla costruzione delle case basse con cortili nei dintorni, si era deliberato di farla per mezzo di pubbliche licitazioni in tanti lotti separati, a seconda le richieste; e ciò, dietro il ricorso di diversi particolari, i quali avevano trovato essere troppo esorbitante e lesivo il canone applicato di 15 centesimi per metro quadrato.

• San Gavino in Torres

Nella seduta del 16 gennaio si dà lettura in Consiglio della memoria del Reggente la R. Goverazione, in data 30 dicembre 1846, annessa al V.R. Decreto del 10, nel quale, riportando il sentimento del Ministero e parere emesso dal Reale Consiglio di Sardegna, spiegava fermo e costante il diritto di patronato del Municipio di Sassari sulla chiesa di S. Gavino in Torres, con doversi considerare la casa ivi esistente come patrimonio del Civico Consiglio, conservandone la proprietà assoluta il solo Comune di Torres, che deve altrove provvedersi per le sue adunanze. Si ammetteva poi la convenienza di potersi rilasciare provvisoriamente, con un tenue canone, la casa esistente a Portotorres per uso di quel comune, mettendola però a disposizione del Municipio di Sassari per la funzione o esercizio del suo diritto. Il Consiglio di Sassari rilevava in ultimo, che «se in quasi tutti i villaggi, e con popolazioni assai più cospicue, le riunioni si tengono in casa del Sindaco, senza bisogno d’una casa comunale, potrebbe anche Portotorres seguire il medesimo sistema » (?!) – Messa in discussione la proposta di cedere la casa di Portotorres per il servizio di quei Consiglieri, si vota contro a pieni voti.
Come si vede, Sassari voleva far sentire all’antica figlia il primo peso della sua emancipazione!

• Porto

Il Governo chiede, e il Municipio concede in data del 15 gennaio, un taglio di piante dalla Nurra per uso del porto di Torres. «Si badi però – avverte il Consiglio – di diradare (?) quella parte di bosco ove si eseguisce il taglio perché, migliorando le vicine piante, si possa ottenere l’utile servizio del porto senza impoverire la selva».

• Sanguette

Il 20 febbraio il Municipio supplica il Viceré «per i reclami e forti clamori della poplazione per la mancanza in città delle sanguette così necessarie ed utili all’arte salutare. Si è scritto invano ad alcuni corrispondenti per farne la pesca, ed anche ad Oristano, dove tanto abbondano questi anellidi». Si fa notare al Viceré, che in un’annata di carestia, non potendosi da tutti far scelta di cibi più sani, sono frequenti le infiammazioni, come affermano tutti i medici i quali dicono essersi manifestate nell’apparato digerente con carattere gravissimo, e non potersi debellare che colle mignatte; dichiarando essi, che se taluni nelle scorse settimane riacquistarono la smarrita salute, fu solo per le mignatte. Il popolo si rivolge al Rappresentante della patria, e dimostra che l’esportazione delle sanguette in favore dell’Impresario non sembra dia diritto a privarne il luogo dove nascono, ed in cui il Cielo prodigò tale dono con molta saviezza!.
Altra supplica fu mandata al Viceré il 20 marzo, parimenti per la mancanza delle mignatte, non solo nelle farmacie della città, ma benanco presso l’Agente signor Depetro, il quale rappresenta in Sassari l’impresario signor Carta, gaudente della privativa. Si parla delle gravi infermità, che i medici dicono infiammatori e nei visceri del basso ventre, per le quali sono urgenti le mignatte. Ché se perdurerà la mancanza, il Consiglio si rivolgerà direttamente al Re, per impedire una privativa che reca danno alla città!
Noti il lettore quanto sangue estraevano i medici d’allora dalle vene delle popolazioni! E dire che oggi la medicina ripugna dai salassi! Forse perché oggigiorno abbiamo gli esattori, che gli antichi non avevano!

• Ancora Portotorres

Marzo 17. Si legge in Consiglio la domanda del comune di Portotorres, il quale prega che gli venga condonata la somma che nell’accertamento della Contabilità restò in debito verso Sassari. Si dà pure lettura dell’osservazione del Reggente riguardo alla cessione della casa di Portotorres. Il Consiglio risponde che, comunque siasi potuta interpretare la negativa di Sassari, fatto è che la casa gli abbisogna, e non può cederla. È chiaro che Sassari mostrasi piccata con Portotorres; non può soffrire che abbia ricorso al Re per separarsi da lei!

• Grano

Nell’aprile Alghero domanda da 100 a 150 ettolitri di grano a Sassari; Sassari glieli ricusa, spiacente che non ne ha disponibile. Le propone il grano di due negozianti della piazza, di cui le manda il campione, dicendo di servirsi di quello, in attesa del ritardato arrivo del barco, che non potrà mancare.
Intanto il Municipio di Sassari, notando che diminuisce l’introduzione del grano dai villaggi, delibera di farne venire un migliaio di mine da Genova, per scongiurare il pericolo di trovarsi più tardi in angustie. Per occorrere poi ai lunghi viaggi dei legni a vela, e ad un ritardato e intempestivo arrivo, delibera d’interessare i valevoli uffici del Viceré, affinché implori dal Regio Ammiragliato di venir quel carico rimorchiato dal Regio Vapore che salperà per Portotorres.

• Caserma e Ospedale

L’8 maggio l’Intendente partecipa al Municipio le sovrane disposizioni per i due isolati segnati coi numeri 3 e 7, prescritti nei due lati della nuova Strada Reale, per erigervi la Caserma e 1’Ospedale Militare. L’estensione sarebbe: di metri 7.216 l’isola terza – e metri 8-528 l’isola settima; per le condizioni il Municipio si rimette a quanto stabilirà il Governo.

• Cassa di Risparmio

Il Consiglio si riunisce il 2 maggio per l’elezione dei membri del Corpo Civico, che devono far parte del Consiglio e Direzione della Cassa di Risparmio e di Soccorso, approvata con R. Patenti 20 marzo 1847. – Vengono eletti i consiglieri Gio. Maria Pisano Marras, e negoziante Andrea Tavolara; presidente, il Sindaco Conte d’Ittiri.

• Barili

In seduta del 13 settembre, il Consiglio discute sulla deliberazione presa dal Ministero, d’introdurre una misura legale chiusa per lo smercio all’ingrosso dell’olio, allo scopo di far sparire gli attuali barili di forma particolare, non equiparanti ad alcuna misura decimale. Si stabiliva di acquistare per conto della Città un numero sufficiente di misure legali chiuse, della capacità di un mezzo ettolitro, o di un decalitro, secondo che l’uno o l’altro meglio si approssima alla grandezza dell’attuale barile, – e quelle affittare a giorno od ora ai cittadini, pagando dal ricavo le spese del costo delle medesime; ben inteso ottenendo una privativa, senza la quale tornerebbe inutile ogni progetto. Si osserva però, che pel momento riuscirebbe grave una simile spesa, essendo il Municipio impegnato nell’incetta dei grani per la popolazione, stante la scarsezza che lamentasi quest’anno dei medésimi e dell’olio. E ad unanimità si delibera di rassegnare queste ragioni al Viceré perché ne tenga conto.

• Abolizione dei portici

Il 23 ottobre si dà lettura in Consiglio del R. provvedimento che annulla i portici già stabiliti nella costruzione delle nuove vie delle Appendici; conservandoli unicamente nella Strada Reale, e nell’annessa Piazza.