Sassari Piemontese

La stanza della Regina nel palazzo della Provincia di Sassari

• Ingrandimento della città

Da lungo tempo si era pensato di allargare la città, fabbricando al di là delle mura; ma sempre si era incontrata una forte opposizione dai proprietari delle case, i quali temevano di perdere i larghi lucri che ritraevano dai fitti. Finalmente fu coronato da un pieno successo il desiderio per tanti anni nutrito, che più volte fu causa di malumori e seri guai, e che sempre fu esternato con tanto calore, specialmente nell’atto di Giunta del 16 Ottobre 1795, e dai Gremì al Re nell’Agosto del 1829.
Si pensò a ridurre in modo più regolare l’aspetto dei nuovi edifizi della città, e gli abili architetti mandati dal Governo apportarono non lievi benefizi al paese.  «Essi – scrive il Municipio al Viceré il 22 Dicembre – portarono risultati così felici, da vedere oggi allontanata l’idea di quello stile di antica costruzione che regnava; per cui il Corpo Municipale deve andar grato agli operai, e render loro una chiara testimonianza. »
Per dritto di speciale attribuzione la Città ordinò ed impose ai proprietari di nuovi fabbricati lo stretto obbligo di non dar mano ad opere senza l’approvazione del suo Architetto.

• Delitti

I malviventi non riposavano mai; e durante gli anni da noi notati, con notizie di diverso genere, non mancarono di tanto in tanto temerari misfatti che impressionavano la popolazione sassarese. Ogni settimana si piantavano le forche dal boia, ed ogni settimana un nuovo delitto si commetteva. Fra i delitti che funestarono l’anno 1835, il più sinistramente celebre fu quello designato col nome di morte dello stacciaio, i cui particolari sono tuttora accesi nella mente del volgo, trasmessi dalla passata generazione.
Poco dopo l’alba di un giorno di settembre alcuni zappatori e proprietari, che uscivano dalla città per recarsi in campagna, notarono accanto ad alcune porte della città, e in diversi altri punti, o un cesto od un sacco deposti a terra. Mossi dalla curiosità vollero verificare il contenuto… e si ritrassero inorriditi. Quei recipienti contenevano brani di membra e visceri umani, sanguinanti. Un uomo era stato assassinato e tagliato a pezzi; e i pezzi sparsi per le porte della città, che in quel tempo solevano chiudersi alle orazioni ed aprirsi all’alba, come in tutte le città cinte di muraglie. In un baleno la nuova si sparse per la città, né si tardò a conoscere la vittima di tanta barbarie. Fra i molti forestieri venuti a Sassari per tentare la fortuna era un fabbricante di stacci ed ombrelli, che abitava nell’angusto magazzino di una casa, di fronte all’imbocco della Via al Carmine, poco distante dalla Chiesa del Carmelo: e precisamente nell’attuale casa Pilo. Col lavoro, coll’attività e coll’economia questo genovese era riuscito ad accumulare una discreta fortuna, e viveva modestamente, forse colla speranza di poter ritornare al suo paesello natio, in miglior condizione di quella onde n’era partito. La figura di quell’uomo magrolino, piuttosto basso di statura, che vestiva abitualmente una giacchetta di velluto, in origine color di ulivo, era rimasta impressa nella mente di tutti. Carico della sua mercanzia quell’uomo girava per la città, vociando in modo da dar ragione al detto italiano: gridar  come uno stacciaio.
Una sera, verso l’imbrunire, si presentò al suo magazzino un individuo, il quale dicesi gli proponesse un buon affare: la vendita di una partita di giarre per olio, che aveva in deposito, verso S. Appolinare. Sedotto dalla speranza di un discreto guadagno, e pauroso che altri prima di lui approfittasse della buona occasione, lo stacciaio (come lo si chiamava a Sassari) chiuse a chiave il suo magazzino e seguì il misterioso incognito. Costui lo condusse verso S. Appolinare; si fermò dinanzi ad una porticina, e gli fece attraversare una specie di corridoio oscuro, in fondo al quale vedevasi un lumicino che rischiarava una stanza bassa dalle pareti annerite, screpolate, umide. Appena oltrepassata la soglia si rinchiuse la porta; e lo stacciaio stramazzò a terra, colpito alla testa da un martello. Altri colpi seguirono al primo, e l’infelice spirò mandando un sordo rantolo. Quattro o cinque uomini erano riuniti in quella stanza aspettando trepidanti la vittima che un’astuzia ben combinata aveva attirato nell’antro misterioso.
Due manigoldi tolsero dalle saccoccie del cadavere le chiavi, e si diressero al magazzino di Via Carmelo, per far bottino di quanto avrebbero trovato. Gli altri invece si fermarono nella stanza del delitto, incaricati di far scomparire il cadavere. La trama era stata meditata a lungo, e ordita con raffinatezza. Due di essi si erano diretti all’abitazione di un giovine medico chirurgo, che aveva a Sassari fama d’ingegno non comune e di molta abilità nella scienza che professava. Picchiato al portone, il chirurgo si fece alla finestra; e i due malfattori, con voce concitata e commossa, lo esortarono ad accorrere senza indugio al capezzale di una partoriente, moglie di un ricco zappatore, la quale versava in pericolo di vita. Lusingato dal guadagno o dall’amore della scienza, il chirurgo si vestì in fretta, e seguì i due incogniti; i quali gli fecero ad arte attraversare alcune vie tortuose verso il Convento delle Cappuccine, sinché, giunti ad un viottolo oscuro e deserto, gli appuntarono una pistola sul petto, gli bendarono gli occhi, e gli dissero che non era loro intenzione di fargli del male, bensì conservare un segreto geloso.
Il medico, costretto dalla violenza, si lasciò guidare dai due misteriosi incogniti, i quali non gli tolsero la benda che nella stanza del delitto. – Egli si trovò attorniato da cinque o sei uomini mascherati, i quali gli additarono il cadavere dello stacciaio, che avevano disteso sopra un tavolo. I previdenti assassini avevano pur preparato molta crusca per raccogliere il sangue che sarebbe colato dalle membra sezionate.
Fate a pezzi quest’uomo – gli disse uno dei presenti – ma con tutte le regole dell’arte; badando, cioè, di spargere il meno sangue possibile. Se ricusate non uscirete di qui vivo; se obbedirete sarete ricondotto sano e salvo alla vostra abitazione, colla sola promessa che manterrete il segreto.
Il cadavere fu in pochi minuti sezionato, e il giovine chirurgo ricondotto a casa colla benda sugli occhi e con due angeli custodi al fianco.
Le membra del povero stacciaio, ben avvolte nella crusca, furono poste in cesti e sacchi; gli assassini uscirono ad uno ad uno dalla casa misteriosa, e presero diverse direzioni col rispettivo cesto o sacco sulle spalle.
Quel delitto ordito con tanta freddezza non compromesse alcuno. Il solo arrestato fu il giovine chirurgo, sul quale caddero i sospetti, quando si constatò che il cadavere dello stacciaio era stato sezionato da un esperto nell’arte. – Il giovine chirurgo dovette confessare il fatto come gli era avvenuto; ma ciò non valse a risparmiargli cinque mesi di carcere, a cui fu condannato.
Il dovere di cronista m’impone l’obbligo di dichiarare, che la voce pubblica additò il chirurgo come complice dell’assassinio, e quindi come l’inventore di quel complicato romanzo. Si disse ancora di più: che la crusca fosse da lui somministrata, e che i ferri appartenessero al Teatro Anatomico dell’Università. Non basta: vi fu chi volle assicurare che il cadavere fosse stato trasportato e sezionato nello stesso Teatro, ciò che io credo inverosimile, perché per gli assassini sarebbe stato più facile e meno pericoloso gettare il cadavere in una via qualunque lontana dal luogo del delitto. Ad ogni modo, non si seppe mai il luogo dove fu commesso un delitto, che impressionò profondamente i sassaresi, i quali imprecarono sempre ai feroci assassini.
Il ricordo dello stacciaio è tuttora vivo nel popolo, e il volgo rabbioso ne fa ancor oggi oggetto di bestemmia; come fa oggetto di bestemmia di altro misfatto commesso pochi anni prima: la morte di Peppe Fronza. Costui era stato persuaso da due suoi nemici a prender parte ad una mascherata che si voleva fare in tre. Lo vestirono da signora, con scialle e cappello, e se lo presero in mezzo, al braccetto, come se fossero due mariti che si disputassero una moglie. Usciti tutti e tre da una bettola verso S. Nicola, si diressero per Turritana. I due mariti mandavano fortissime esclamazioni di gelosia, mentre sotto allo scialle, con mano armata, davano coltellate alla finta moglie, che odiavano. L’infelice Fronza chiamava soccorso con acute grida, ma gli assassini gridavano più di lui, e tutti gli astanti ridevano di quella strana mascherata, e battevano le mani innocentemente a chi feriva e a chi spirava.
Arrivati davanti al viottolo oggi detto di Santa Croce, che conduce al giardino pubblico, i due mariti mascherati presero la corsa abbandonando il braccio della loro moglie che stramazzò a terra come corpo morto. Gli astanti si accostarono al caduto, credendo alla continuazione della burla, ma viddero il sangue copioso uscire di sotto le vesti. Sotto la maschera di cartone che rideva ancora, era la smorfia spaventevole di un agonizzante che fissava gli spettatori cogli occhi della morte. Il poveretto era là, in mezzo alla strada, vestito da signora, con scialle e con cappello, irridendo al carnevale che pazzamente strepitava per le vie di Sassari.

• 1826. Feudalismo

La ripugnanza al servizio feudale che mostrarono i sardi in tutti i tempi, e più clamorosamente nella violenta reazione dal 1793 al 1800, e repressa sempre dal Governo in modo spesso brutale, non si era mai estinta. Si soffriva sempre in segreto, sperando nell’avvenire. Dopo tanto sangue sparso, finalmente il Viceré Montiglio, il 5 Gennaio, partecipò improvvisamente al popolo sardo il proposito del Sovrano, di voler appagare il desiderio de’ suoi sudditi, togliendo la piaga del feudalismo. E il Viceré ordinava ai Baroni sardi la consegna delle loro giurisdizioni e dei diritti feudali, perché si potesse procedere con tutta prudenza all’adozione dei provvedimenti, atti a conseguire lo scopo.
La gioia provata dai sardi fu immensa, inaudita; nei Logudoresi raggiunse il delirio, perocché ben sapevano quanti sagrifizi e quanto sangue era loro costata l’aspirazione a scuotere il giogo feudale.
Il 1° Giugno fu pubblicato dal Viceré l’editto regio con cui si richiamava alla sovranità la giurisdizione che esercitavasi dai feudatari o loro ministri; e tutti i giusdicenti si ponevano sotto la immediata dipendenza della regia autorità.

• Carro funebre

Il Municipio stabiliva il carro funebre per il trasporto dei cadaveri, per il quale fece moltissime pratiche colle autorità ecclesiastiche e civili. Il Viceré approvò il progetto nel Gennaio di quest’anno.

• Disgrazia

Il 4 Gennaio, verso sera, il Consigliere civico Giuseppe Castoldi, andava a passeggiare fuori della Porta Castello, in compagnia del figlio Lorenzo. Fatalità volle che in quel momento un cacciatore cercasse di scaricare il suo fucile battendone il calcio alla muraglia, non so per qual capriccio. Il colpo partì e le palle, dopo aver forata la mano del cacciatore, attraversarono il petto del povero Castoldi, che cadde e spirò sull’istante. Immagini il lettore lo spavento e l’angoscia del figlio che dovette assistere a quello spettacolo!
Tutta la popolazione fu costernata per l’accidente. Furono stampate molte poesie di circostanza; e i consiglieri accompagnarono la salma del Castoldi al camposanto.
Il Consiglio comunale chiede dal Viceré l’autorizzazione di spendere L. 76 per gli abiti di lutto; ma credo che l’autorità gli abbia fatto osservazione, perché trovo rifatta la lettera in data del 21 Gennaio, colla riduzione della spesa in L. 40.

• Cimitero provvisorio

Il 10 Gennaio l’arcivescovo scrive al Municipio, che penetrato della pubblica salute, stante il prolungo di vari mesi per la formazione del nuovo Camposanto di S. Paolo, nonché la proibizione di seppellire i cadaveri nelle chiese, ha divisato di farne uno provvisorio in un terreno vicino al Convento dei frati di S. Maria, ed altro più piccolo a S. Pietro. Prega il Municipio di occuparsi del carro funebre, e di dare almeno 25 scudi ai frati Claustrali per supplire alle spese, avendo ceduto gratis il terreno.

• Camera d’agricoltura

S’inaugura a Sassari con gran solennità la Camera di agricoltura, commercio ed arti, istituita con Patenti viceregie del 23 Gennaio. Fra le disposizioni del Regolamento vi era questa: «Nei giorni 16, 17 e 18 Agosto di ogni anno si farà un’esposizione delle migliori produzioni di agricoltura e d’industria della Provincia, d’una parte delle quali si forma una lotteria per la più facile vendita di esse».  Il Governatore Crotti aprì la prima Assemblea generale con una saggia allocuzione, nella quale dava dei buonissimi consigli. La Camera riconoscente, nella seduta del 29 Febbraio, gli diede un voto di ringraziamento.

• Medaglia al valore

La mattina del 16 Gennaio si riunivano nella piazza della Carra tutte le truppe di guarnigione, ed il Governatore Crotti fra gli onori militari adornava d’una medaglia d’oro, dono sovrano, il petto di Don Gerolamo Berlinguer capitano dei barracelli di Sassari, per l’insigne valore dimostrato durante tre anni nella persecuzione dei molti malviventi che infestavano le campagne di Sassari. Il Sovrano lo volle onorato con quella pubblica dimostrazione.
Vi furono molte poesie, fra le quali una della stessa figlia del Berlinguer, la nobile signorina Giovannina, poetessa d’alto merito e fanciulla di gran virtù – come scrive 1′ Angius – e parecchi altri scrittori del tempo.

• Governatore Crotti

Fra tutti i governatori destinati a reggere il Logudoro, la città di Sassari deve conservar sempre una grata memoria del Cav. Crotti, al quale si devono i molti progressi fatti in meno di cinque anni, dal 1831 al 1836. Il 15 Febbraio il Consiglio Civico di Sassari volle dare una solenne testimonianza di gratitudine a Don Pietro Crotti di Costigliole, Maggior Generale della R. Armata, e Governatore e Riformatore della Città e capo di Sassari.
Ecco alcuni brani della lettera scrittagli dal Municipio, la quale potrà dare al lettore un’idea di quanto siasi adoperato quell’abile funzionario per la nostra città.
«…Furono lodevoli risultamenti di sue provvide cure, e lo Stabilimento di un pubblico Mercato in una delle più comode piazze del paese; il ristauro ed allineamento delle passeggiate e stradoni de circondario; lo scavo e diramazione dei canali sotterranei lungo le vie interne, destinate allo scolo delle immondezze ed alla pulitezza delle pubbliche strade; la continuazione della selciatura della Via Maestra… E più, per la sua attività ed energia nel timore dell’invasione del colera; congressi sanitari straordinari; deliberazioni e danari raccolti per  sottoscrizioni onde sopperire ai futuri bisogni; per la sanzione ottenuta per un Camposanto, progetto da lui promosso; più, alla miglior facilitazione delle commerciali speculazioni; lo spurgo e amplificazione del Porto di Torres; l’annesso Bagno dei Galeotti; la costruzione di un ampio magazzino per attrezzi in Portotorres; vediamo sorgere per di lui mezzo una Camera di Commercio, ecc. ecc.
«In vista di tante cose e della sua imminente partenza, il Consiglio delibera di ascriverlo nel numero dei nostri Concittadini, accordandogli i dritti e i privilegi annessi alla Cittadinanza».
Lo stesso Consiglio nella Seduta del prossimo Marzo (dopo la sua partenza) lo elesse procuratore generale, rappresentante, e quasi patrono della Città, riponendo in lui la stessa fiducia che aveva nel Marchese Vittorio Boyl, ed autorizzandolo a far le parti dei cittadini, a sostenere i loro dritti presso qualunque autorità costituita, e a supplicare dal Sovrano quelle grazie e provvidenze che per il bene del Municipio si richiedono.
In occasione della sua partenza da Sassari, nel Febbraio, si stampò un opuscolo di omaggi poetici, fra i quali noto i nomi di Vittorio Angius – Giovannina Berlinguer – Battista Segni – e Michele Abozzi.

• Proomenato

Il Viceré domanda al Municipio di Sassari, in data del 27 Febbraio, l’originale del privilegio del Proomenato; cioè del dritto del giudizio di Proomenato che il Magistrato Civico, con l’intervento dei Probiuomini, pronuncia nelle cause criminali, quando trovansi radicate nel Regio Vicariato, oppure presso il Magistrato della R. Governazione.
Il Municipio risponde che l’originale andò disperso col Gran libro dei privilegi, nella sommossa del 1780. Dice che una copia di esso fu rimessa al re dal Magistrato civico il 23 Marzo 1824, somministrata forse da qualche buon patrizio. Ripete che il privilegio del Proomenato fu spiccato dal Re Alfonso in Capua sotto li 6 di Aprile 1440, in premio della sua fedeltà, e fu poi confermato dall’Imperatore Carlo V e dalla regina sua madre Donna Giovanna, nonché da Filippo II ed altri Sovrani: prerogativa non mai contrastata, anzi confermata nella raccolta delle Leggi del Regno da S. M. Carlo Felice, nell’art. 2266 tit. 6. delle Appellazioni, alla 2a parte delle leggi criminali».

• Tabacchi

Altra supplica in data del 23 Maggio a S. M. per parte dei concessionari dei tabacchi, dimostrando lo svantaggio prodotto ai sassaresi dal traslocamento della fabbrica dei tabacchi a Cagliari, in dipendenza del contratto stipulato tra le R. Finanze e il signor Hersan. Si descrive la miseria di Sassari.

• Grotta d’Alghero

Nel Maggio di quest’anno, trasportati dal vapore la Gulnara, partirono da Portotorres per Porto Conte gran numero di Sassaresi per visitare la Grotta di Capo Caccia. Era con essi l’Angius. Il vapore era comandato dal sassarese Cav. Sotgiu, da noi già menzionato.

• Lastrico e canali

Il Municipio si rivolge al Goveratore in data del 21 Maggio, ed espone i clamori ed i lamenti della popolazione non vedendo restaurate le strade né i canali di spurgo. Non comprendono come si voglia negare l’autorizzazione di opere che si fanno per concorso volontario dei cittadini, e non dell’azienda civica.  «Questa città – dice la lettera – è la sola che vuole abbandonarsi! Non si vuol curare l’esibizione dei cittadini, rimanendo le cose sempre sullo stesso piede, perché si voleva e si pretendeva che un progetto, tuttoché volontario, venisse assoggettato al parere e voto di altra autorità estranea alla partita!».
Continuano altre lettere in proposito; ma non è qui il posto da me assegnato a questi ridicoli, strani dispetti che aveano sempre la stessa origine: le ruggini municipali!

• Fidellai

Il 19 Luglio il Municipio ricorre al Governatore contro i fidellai che lasciano mancare le paste al pubblico, perché loro non garba il prezzo di un soldo per libbra, non conveniente al loro lucro; ma non dicono però (è detto nella lettera) che i grani duri e scelti di cui si servonsi comprano in piazza da Ls. 6.5 – a Ls.7, se del raccolto vecchio; e se del raccolto nuovo anche a prezzi inferiori. Dice il Municipio di aver tentato ogni mezzo per persuaderli – anche il governativo Cruttone; ma, né per pena pecuniaria, né per pochi giorni di prigione si sono dati per intesi. Per certo essi furono intimoriti dai capi grossi!».

• Lazzaretto

Il 9 Agosto il Municipio manda una supplica al Viceré, ed altra a Crotti, perché, in vista del colera che ricompare negli Stati di Terraferma, si faccia un lazzaretto nell’isola Piana, e si destini provvisoriamente un sito nell’Asinara per le merci dei legni in osservazione; e ciò per evitare lunghi tragitti di mare, spese, ecc. dovendo recarsi nel Lazzaretto di Cagliari o di Alghero.

• Università

Altra supplica al primo Segretario di Stato il 6 Settembre, dove si legge: «Per la terza volta si sparge la voce della soppressione dell’Università di Sassari, per lasciar sola quella di Cagliari. Già il Magistrato civico rappresentò l’annientamento di un’opera istituita con saggezza da Carlo Emanuele III, ben lungi di produrre il progettato divisamento di dare in un punto solo dell’isola una maggiore estensione agli studi, essa non farà che inutilizzare i talenti di questo Capo, attese le insuperabili difficoltà che si frappongono per la gran distanza della Capitale, in cui, nel caso venisse a stabilirsi l’unico domicilio delle scienze, a cui non potrebbero accostarsi che i soli doviziosi, che per lo più non sono i più studiosi ed applicali!!».
Si mettono in campo i sagrifizi che fa la città per mantenere l’Università, e le molte rendite lasciate dai patrizi.

• Nuove città

Dopo le invasioni di tutte specie che hanno tribolato la Sardegna, la sua popolazione fu ridotta a un sesto per lo meno; e dicesi che scomparvero dalla sua superficie più di mille paesi. Delle antiche città non rimase che Cagliari – nota l’Angius – Di quelle poi che nacquero nel Medioevo, (che furono Oristano, Terranova, Posada, Sassari, Bosa, Alghero, Castelsardo, Ampurias, Castra, Bisarcio, Iglesias, Salluri) erano cadute Ampurias, Castra e Bisarcio; avevano perduto il nome di città Salluri, Terranova e Posada, – ed erano rimaste col grado Oristano, Bosa, Alghero, Castelsardo e Iglesias. (Qui l’Angius dimentica Sassari per errore di stampa; oppure per dar ragione a un altro frate, il Padre Napoli, che la chiamava villaggio!).
Sotto il governo spagnuolo si supplicò da alcuni paesi (e specialmente da Tempio) per avere i privilegi di Municipio; ma perché alla concessione fu posto un gran prezzo non si comprava il blasone. Sotto i reali di Savoia si desiderò da molti comuni la stessa dignità (nel capo settentrionale, per esempio, da Cuglieri, Orani, Fonni, Bonorva, Bono, Tiesi, Osilo, Sorso, Ozieri, Terranova, Orosei) ma forse non presentarono la domanda, prevedendo che la condizione di vassalli e il diritto che avevano ai loro servigi i feudatari si sarebbero opposti al conseguimento dei loro voti (È sempre l’Angius che qui parla, e ne lascio a lui la responsabilità!). Liberati però i paesi dal dolce peso dei baroni, Carlo Alberto nobilitava subito i tre villaggi più cospicui con gli onori e i privilegi dei municipi; e con R. diploma 15 Settembre 1836 elevava alla dignità di città Tempio, Ozieri e Nuoro.
Le tre città Albertine quel giorno fecero festa. Da Sassari fu richiesta la musica a Nuoro, e là vi furono speciali festini, pranzi, omaggi poetici, acclamazioni, illuminarie, ecc. ecc. Avevano fatto altrettanto a Tempio e ad Ozieri, ma non ho sott’occhio documenti per accertarlo.

• Consigli civici

Il 10 Novembre si otteneva una nuova riforma nella riorganizzazione dei Consigli civici, negli Uffici e nei bilanci municipali. I nuovi consiglieri furono divisi in due classi distinte: nella prima prendevano parte i nobili e cavalieri – nella seconda i cittadini viventi di proprie entrate, esercenti arti liberali, negozianti ecc. Si eleggeva un Sindaco per ogni classe: cosicché si avevano due Sindaci – uno cavaliere, e l’altro… senza cavallo.

• 1837. Camposanto

Gennaio 10. Si prega il Viceré perché voglia far eccitamenti per il compimento del nuovo Cimitero; e ciò, perché da una recente ispezione è risultato che nel cimitero provvisorio di S. Maria non restano disponibili che sole 40 sepolture.
Si propone: che non essendosi presentato alcun Sacerdote per far da cappellano e dir la messa nel nuovo camposanto (perché sdegnano farlo per falsa opinione) si allettino per ora con lusinghe pecuniarie, e se ricusano, si obblighino coll’efficacia del timore.

• Illuminazione

Gennaio 23. Si riferisce al Viceré, che nei primi anni fu amministrata con lieto successo l’illuminazione pubblica, con una spesa che non oltrepassava le L. 5.000 annue. Più tardi si andò di male in peggio; ed oggi può dirsi con verità «che si spende senza conseguire lo scopo dell’illuminazione, cioè, il comodo dei cittadini, la conservazione del pudore (?), e le sicurezza pubblica».

• Stato civile

Il 24 Gennaio si scrive al Viceré, che il Municipio di Sassari ha regolarizzato il Registro dei Defunti, dopoché col regolamento del nuovo Camposanto si è caricata l’azienda civica della spesa del seppellimento dei cadaveri.  «L’esempio di questo libro ha fatto presentire alla Città l’utilità di un altro libro, quello delle Nascite da tenersi in questa Casa comunale. Oltre il comodo che presenterebbe per 1’annuale statistica per promuovere l’incremento della popolazione (una delle cose fra noi stazionarie) gioverebbe pure come mezzo per occorrere in qualche modo alle frodi che si commettono per gli spuri – presentando talvolta i padri come tali i propri figli per godere del sussidio mensile che la Città è solita pagare.
«Riflette il Consiglio, che il modo di conseguire questo Registro delle nascite in forma precisa e legale sia quello di obbligare con Pregone Viceregio i padri di famiglia a somministrare personalmente a questa Segreteria il nome e cognome dei figli battezzati, colla data della nascita e del battesimo, a cominciare dal 1° dell’andante mese e per l’avvenire. Se questo pensiero entra nelle vedute di V. E., La preghiamo a dettare la legge, e a consigliare le norme per stabilire il Libro. Se poi Ella non volesse autorizzarlo, non se ne parli più».
Ecco per esempio una saggia proposta! – Inutile dire che il Viceré ha risposto picche!

• Strada a Portotorres

Febbraio 14. I negozianti della piazza si rivolgono al Municipio (e il Municipio al Viceré) per la restaurazione della strada tra Sassari e Portotorres; facendo notare, che, se si tardasse a mettervi riparo, si tornerebbe all’uso dei carri a buoi, rinunziando all’esercizio dei carrettoni e delle carriole che tanto agevolano ai commercianti il trasporto delle merci e derrate.

• Edilizia

Febbraio 14. Si spedisce al Viceré il progetto di Regolamento sugli edifizi di questa città, redatto dagli edili e approvato dal Consiglio Generale in seduta del 25 Gennaio pp. Si prega di raccomandarlo a S. M.
In quanto all’altro progetto di abbellimento e ingrandimento si è pensato differirlo, aspettando miglior fortuna negli abitanti.
Si accenna allo sconcio delle case terrene che deformano le migliori contrade, ed alla necessità di elevarle.  «Da circa due secoli addietro si badò a questo miglioramento colla pubblicazione dei Cap. V. tit. 36 delle Prammatiche spagnuole, ma non furono osservate. Le case basse, così, salirono di prezzo più delle case nobili. Si crede opportuno ripubblicare l’antica legge, e farla osservare, prescrivendo ai proprietari di case basse, o di venderle al Municipio, o di rifabbricarle».

• Camposanto

Al Viceré il 27 Maggio. – «Questo popolo, o plebe, non cessa di mormorare e di querelarsi contro l’uso del nuovo Camposanto e il modo di seppellirvi i cadaveri; e continua a mormorarsi essere piuttosto un cimitero per la sola plebe; il qual sospetto ha portato alcuni audaci volgari a fare le loro occulari ispezioni dentro i feretri di persone illustri poco dopo defunte, per accertarsi se veramente i loro cadaveri si seppellivano in quel comune sepolcro». E perciò il Municipio ha divisato unire il Cimitero con un muro alla Chiesa di S. Paolo, per dargli un’apparenza più religiosa. Il camposanto fu ultimato nel Giugno di quest’anno (1837); e poco dopo fu benedetto, con edificante maniera di pompa religiosa, come fu scritto al Viceré.

• Magistratura

Il 30 Giugno il Municipio spedisce e raccomanda caldamente a Villamarina una supplica per il Re, perché conceda la grazia di elevare a maggiore dignità e potere giudiziario l’antico Magistrato della Reale Governazione di Sassari. Nella supplica è detto: «Questo, di tutti i tribunali dell’isola, è il più antico dopo il regno delle monarchie. La sua istituzione nel 1323 fu patto e premio convenuto in vigore di trattato tra la Monarchia di Spagna e la Repubblica di Sassari. Rinunciò essa sotto questa condizione e coll’ottenimento di molti altri privilegi al suo governarsi a comune colle proprie sue leggi, e si sottomise con volontaria dedizione alla nuova dominazione spagnuola. Venne posteriormente creata la Reale Governazione di Cagliari nel 1355. Questo moderno tribunale nulla tolse al più antico di Sassari. La capitale del Logudoro continuò a governare colla sua R. Governazione tutto il capo settentrionale dell’isola; e quando cominciò ad esservi un Governatore generale od un Viceré, questi risiedeva or nell’una or nell’altra delle due città primarie, esercitando autorità suprema col tribunale del luogo, nel quale faceva egli dimora e stanza.
«Dopo qualche secolo soltanto fìssossi colla R. Udienza la sede del Viceré a Cagliari. Fu semplice necessità, non convenienza politica, nei territori questa tarda determinazione. Mancando il Regno di degna Città centrale, comoda a comunicare velocemente e spandere nelle Provincie l’autorità, la forza e il lume di un Governo supremo, fu duopo decidersi fra le due città lontane, e le sorti caddero a favore di Cagliari. Ma vista al tempo stesso la necessità di serbare a Sassari la fede dei trattati e d’ovviare altronde ai massimi inconvenienti, sin d’allora ben sentiti, che dovevano derivare dallo stanziare la sede del Governo nell’unica città posta nell’ultimo confine della Sardegna (?), in sul lido prossimo soltanto all’Africa, discosto da tutti i punti dell’isola(?), e considerata questa necessità ed altresì la naturale divisione in due capi, l’uno settentrionale e l’altro meridionale, diversi e separati per temperatura di clima, per qualità di terre, per generi di produzioni, per indole e inclinazione di abitanti, venne conservato un Governatore e Riformatore Generale col Magistrato della R. Governazione Generale nella città di Sassari, affinché da questo miglior centro del Logudoro tutto il Capo settentrionale dell’Isola difendesse, governasse, migliorasse.
«Quanto politico e saggio fosse questo temperamento l’esperienza di più secoli lo dimostra e lo conferma. Aggiungeva esso mirabilmente allo scopo di conservare in fede, e pacare tutte le provincie del Logudoro; d’amministrare pronta, retta e illuminata giustizia a’ suoi abitanti, senza doverla essi attendere e sospirare da un luogo troppo lontano, con stento e dispendio; di facilitare la via ai ricorsi contro le ingiustizie o li errori delle Curie pedance, e di dividere la somma degli affari fra le due città primarie ».
(E qui si accenna a buoni avvocati che furono in ogni tempo in Sassari, e che passarono anche Giudici della R. Udienza, e in altri Supremi Tribunali del Continente).
«.. .. Antichissima pertanto essendo l’idea della necessità e della convenienza di due Tribunali Superiori nel Regno di Sardegna, della stessa natura, diviso quasi in due stati diversi, non sembrerà per avventura troppo strana ed ardita la rispettosa domanda della città di Sassari, perché quella Reale Governazione venga elevata all’onore di Senato (!!) con tutte le prerogative e giurisdizioni dei Senati degli altri Stati della M. V. – L’esempio del Piemonte che ha tre tribunali Supremi, ancorché abbia esso minor estensione di territorio della Sardegna, conforta la speranza che, ecc. ecc.»
Altre lettere di raccomandazione si fanno in proposito al Crotti, al Viceré, a S. E. il Ministro Guardasigilli Conte Barbarux, ed al Presidente del SS. R. C. di Sardegna. Quest’ ultima lettera chiude così:
«…Ci permettiamo di soggiungere, che il desiderio della nostra patria non è quello ambizioso di primeggiare od uguagliarsi a chi primeggia, bensì quello precisamente di rendere nel Capo settentrionale dell’Isola più spedita e più efficace l’Amministrazione della Giustizia, e di avvicinare il suo Tribunale d’Appello in questo rapporto all’Augusta Dominante per ottenere, che i suoi lumi nella parte giuridica, riverberando in questa città, illuminino i suoi Tribunali con effetto di pubblico e privato vantaggio…. ».

• Poste

Il Palazzo delle Poste a Sassari

Fin dal 25 Marzo 1837 il Viceré Montiglio aveva pubblicato il Pregone contenente il R.Editto 16 Agosto 1836 per il nuovo ordinamento del servizio postale in Sardegna, estendendo le diramazioni per l’isola. Si crearono in totale 103 uffici postali; a Cagliari una Direzione principale; a Sassari Direzione di 1a classe; a Oristano di 2a; ad Alghero di 3a; a Iglesias, Bosa, Nuoro, Ozieri e Tempio di 4a e agli altri comuni Commessi o Distributori di diverse classi. Tra Cagliari, Sassari, Portotorres, e viceversa, la corsa fu stabilita due volte alla settimana. Da Sassari, si partiva ogni Martedì e Sabato alle ore 4 di sera; gli arrivi da Cagliari erano ogni Lunedì e Giovedì alle ore 8 di mattina. Gli stessi giorni ed ore d’arrivo e partenza aveva Cagliari. Il Contributo della Posta per l’Isola era di Lire sarde 17970, ripartito fra tutte le città e comuni. Sassari era gravata di Ls. 718.15 – Cagliari di 934.15.9 – Iglesias di 373.1.10 – Oristano di 220.18.6 – Bosa 219.18.11 – Alghero 207.36 – Castelsardo 54.19.9.
«Per maggior lustro del personale della Posta – dice la legge – Carlo Alberto ha concesso l’uniforme ai Direttori, Vice Diiettori e Ispettori postali: abito turchino scuro, sottoveste di bambagino bianco, calzoni e calze bianchi o neri, bottoni e fibbie d’argento, spada col manico a conchiglia, e cappello con pennacchio bianco e nero». Bella tenuta!

• Diligenze

Una diligenza sosta in via Roma

Nel mese di Luglio di quest’anno (1837) fu dato l’appalto al negoziante francese Andriano Salvan di Cornoux, per una vettura-diligenza che da Cagliari a Sassari facesse il viaggio in 36 ore.
Era andata a vuoto la stessa proposta fatta due anni prima dal signor Foix, cioè nel mese di Agosto del 1835.
Il Salvan, nel 15 Luglio del 1843, cedette l’Impresa per tre corse settimanali a Raimondo Manunta di Cagliari e a Filippo Senno di Sassari, col consenso del Governo.

• Ampliamento della città

Il Municipio, in data 12 Agosto, espone al Segretario per gli affari di Sardegna: «Manifestatosi nei presenti tempi, più ardente che nel passato il desiderio popolare di un’Appendice di questa città per far abbassare i fitti delle case, a troppo alti prezzi saliti, o per giusta brama di abitazioni più comode, più nobili e più sane delle attuali, stimò questo Consiglio di non rimanere indifferente in un oggetto com’è questo all’incremento della popolazione e alla pubblica salute così importante. Quindi, nel Consiglio generale del passato Luglio, postosi a disaminare se convenisse secondare il voto popolare, ancorché contrario all’interesse delle primarie classi di cittadini e di varie corporazioni ecclesiastiche, le quali si sostentano principalmente dei frutti civili dei predi urbani che posseggono, si venne nel sentimento affermativo. Si sottopone all’autorità sovrana l’approvazione dell’ingrandimento della città disegnato dall’ingegnere Marchesi. Il re approvò il detto progetto con Provvisioni del 9 Dicembre; e il Viceré Montiglio lo partecipò con Pregone del 10 Gennaio 1838.
La città di Sassari ricevette la notizia con soddisfazione. Durante quest’anno, e il seguente, vi fu grandissimo movimento in Sassari. Demolizioni di vecchi fabbricati, eccitamenti ai proprietari, malumori di taluni che vedevano compromessi i loro interessi, trattative per compra e vendite di terreni, ecc. ecc. Il Consigliere che lavorò con una meravigliosa attività per condurre a buon fine le pratiche fu Don Simone Manca, il quale ebbe ad incontrare molti ostacoli ne’ suoi progetti di riforma.

• Feudalismo

Proseguivano sempre con diligenza ed alacrità le pratiche per la soppressione dei feudi. Nel 10 Luglio 1837 si ordinava di ridursi ad una somma determinata le prestazioni che i vassalli corrispondevano a’ rispettivi baroni. S’istituiva a Cagliari una delegazione che liquidasse in contradditorio degli interessati le ragioni feudali – Gli ostacoli non furono pochi, ma poco per volta si superarono.

• Sugheri

«La coltivazione dei sugheri era già da alcuni anni introdotta nel Regno, e primo a introdurla fu il Marchese D. Vittorio De Boyl nella selva di Putifigari; dove vegetavano non meno di 150mila soveri. Nella liquidazione dei redditi feudali il Governo tenne conto di questo benefizio, e al fitto solito di 3.000 lire che si otteneva in quegli anni, che la cura delle scorze era recente, n’aggiunse altre 1.000 incirca in rispetto al gran merito di aver aperta al regno questa nuova sorgente di lucro. L’esempio e le esortazioni del Boyl valsero a persuadere i proprietari dei sughereti ad applicarsi a questa nuova industria. In Sassari, poco dopo, si apriva una fabbrica di turaccioli», (così l’Angius).

• 1838. Guardie civiche

Il 20 Gennaio si ricorre al Viceré per aumentare da tre a sette il numero delle Guardie, già domandate invano sin dal 21 Febbraio 1837. Si fa osservare che a Castelsardo con 5.000 abitanti si concedettero due guardie civiche, e a Sassari con 24.000 abitanti non se ne vogliono concedere più di tre.
«Due guardie sono davvero poche – esclama un po’ indispettito il Municipio – per vigilare la pulizia interna ed esterna – l’Annona – il Porto di Torres e S. Gavino – l’illuminazione notturna – il pubblico mercato – la Beccheria – la condotta dei fraudolenti mugnai – gli acquaiuoli – la distribuzione delle acque – la nettezza delle vie – gli abbeveratoi e fontane – le vie e le pubbliche passeggiate. Tutto ciò è impossibile venga sorvegliato da due soli individui, non tenendo conto del terzo che deve star fisso al Palazzo di Città per ricevere gli ordini del Sindaco e del Consiglio».

• Lazzaretto all’Asinara

Il 29 Gennaio si legge nel Consiglio generale il dispaccio Viceregio del 23, dove parlasi delle provvidenze ministeriali per la formazione di un Lazzaretto nell’isola dell’Asinara sulla spiaggia dei Fornelli. Il Consiglio lo ritiene vantaggiosissimo per la città e Capo. Non volendo però il Governo che si dia principio all’opera senza completare la somma di 20.000 lire, il consiglio delibera di ricorrere al commercio ed ai cittadini, e nomina una commissione per recarsi in giro per ricevere le obbligazioni. Nella seduta del 1° Febbraio cominciano a sottoscrivere tutti i Consiglieri. Il 17 Febbraio si ringrazia S. E. il Barone Des Genejs in Genova, perché a lui si devono le due opere della restaurazione del Porto e del Lazzaretto, che devono intraprendersi sotto la sua direzione. Gli partecipano che tutti contribuiscono volonterosi, e che oltre alle L. 60.000 già offerte dal Municipio per il porto, fra giorni saranno raccolte altre L. 20.000 chieste dal Governo per il Lazzaretto.
Il 13 Marzo si scrive al Viceré dicendogli che le 20.000 lire sono già in cassa, e quindi si dia subito mano all’opera.
Il 24 Luglio si torna a scrivere, che le 20.000 lire offerte dalla popolazione sono in cassa; di rimaner ferme le L. 40.000 sui redditi civici che S. M. vi ha applicato sulle L. 60mila già offerte per il porto; di aver il commercio esibite altre 6.000 lire in via obbligatoria esigibili in sei anni; e che il Municipio dalle economie riunirebbe altre 4.000 lire; per cui, completata già la somma delle L. 70.000 richieste dal Governo, sarebbe tempo di mantenere le promesse fatte con dispaccio, 13 Maggio.
Il 4 Dicembre altra lettera colla quale si chiede un prestito di L. 40.000 estinguibile in tante rate che potrebbero ritenersi dal compenso doganale dovuto dalle R. Finanze all’Azienda civica, nel modo stesso che si pratica colle L. 50.000 prestate da Carlo Felice per il teatro. In tutto il 1841 il debito verrebbe così estinto.
«Se Carlo Felice – dice la lettera – non esitò ad anticipare L. 50.000 per un trattenimento ed una scuola di civilizzazione al popolo col teatro, ben a ragione si può sperare in un prestito di L. 40.000 dal quale, non il divertimento, ma la salute si ottiene, l’incremento del commercio e il vantaggio delle R. finanze».
Si continuò a scrivere; ma non si fece niente, come vedremo in seguito.

• San Gavino

Il 12 Maggio si scrive al Viceré per fargli sapere, che quest’anno il Consiglio volle adempiere l’andata e il ritorno a S. Gavino con partire direttamente dal Palazzo civico,  «e prescindere nella gita e ritorno da quella pubblica passeggiata di semplice uso, senza alcun titolo obbligatorio e senza alcun fine di utilità, di convenienza e di splendidezza. E a questa maniera meno pomposa determinossi anche il Consiglio, in grazia di vari Consiglieri, i quali, o per grave età, o per indisposizione di salute, o per modestia, ripugnano a fare un circolo vizioso dentro la stessa città, forse introdotto dalla vanità di quei tempi, nei quali le pompose formalità erano in molto pregio tenute».

• Carbone in Alghero

Con lettera del 30 Aprile il Municipio di Alghero supplica la Città di Sassari perché annulli la proibizione che possa fabbricarsi del carbone nella Nurra. La Città di Sassari risponde il 26 Maggio, che sebbene trovi giusta la deliberazione presa tendente a non far mancare di carbone i sassaresi, pure volendo usare certa quale compiacenza ad una città germana, colla quale tiene mutuo commercio, gli permette di far carbone, ma con prudente discrezione.

• Vicario di Polizia

II 2 Giugno si ricorre al Re perché si conceda di eleggere il Vicario di Polizia fra i membri del Consiglio Civico. Si rappresenta che il nuovo Consiglio aveva conservato il suo Giudice di giurisdizione, che a titolo oneroso ed anche remuneratorio avevano impetrato con R. Diploma. Era questo uno dei tanti privilegi domandato dai prischi cittadini sassaresi, e con giustizia conceduto dai Reali di Spagna. Perciocché era questo Giudice un fisso Prefetto Pretorio, il quale conosceva, giudicava, ed eseguiva il suo giudicato in prima instanza nelle cause attive e passive della Città, principalmente contro i suoi debitori morosi e i contravventori ai civici regolamenti». (Si descrivono i vantaggi e l’utilità di questa carica in otto pagine di roba!).

• Appendici

L’11 Giugno si ricorre al Ministro della Guerra contro i PP. Domenicani, i quali non vogliono né vendere, né dare in enfiteusi, né permuta i loro orti coltivati in affitto, sebbene anche separati e lontani dal Convento. Si scrive durante tutto l’anno, si chiedono disposizioni al Viceré per la renitenza dei frati, ma i frati non vogliono sapere d’Appendici, e si mostrano caparbi come muli.

• Civico Magistrato

Il Viceré con modi un po’ burberi domanda al Municipio di Sassari ragione del titolo che si dà di Magistrato. Il Municipio gli risponde in data del 16 Giugno: «Questo Consiglio, unicamente occupato del pensiero di curare i vantaggi di questa sua diletta patria, non ha badato né poco né molto ai suoi titoli; e nell’aver l’onore di corrispondere con V. E., col Ministero, e colle altre autorità, si è sempre qualificato nel corpo delle lettere Consiglio, e non Magistrato. Non spetta però ad esso cancellare dagli stampati (di cui è molto provvista la Segreteria civica) l’intitolazione di Magistrato Civico, privando i suoi Successori di questo titolo che hanno ricevuto dai predecessori più antichi, sapienti, e benemeriti della patria e della monarchia.
«E poiché V. E. si compiace di porgere occasione opportuna di informarla d’onde proceda questo titolo, il Consiglio volentieri le rappresenta essere originario in questa Rappresentanza il titolo a lei sola competente di Magistrato, perché essa sola in tutto il Regno è l’unica che conservò come deditizia e primogenita della Monarchia tutti i dritti di vero e proprio Municipio, e perché essa sola fra tutte le città del Regno ha esercitato sempre ed esercita il dritto prezioso di sedere prò tribunali con mero impero nel giudicare dell’onore, della libertà, della vita de1 suoi cittadini.
«Quindi, essendo il Consiglio possessore di tale onorificenza, non sarebbe stato lodevole esso stesso di spogliarsene. Né a spodestarsene bastava che nel regio editto 16 Agosto 1836 siasi data la qualificazione di Consigli alle Rappresentanze delle città del Regno; perocché questa legge generale non derogava ai dritti speciali; come del pari non produsse tale effetto il R. editto 24 Settembre 1771 concepito ed espresso colla stessa qualificazione. E infatti, anche dopo la sua pubblicazione, e per il lungo corso di 67 anni il Consiglio di Sassari, senza la minima apprensione né riprovazione del R. Governo, continuò a intitolarsi Magistrato Civico.
«Nemmeno lo poteva muovere alla soppressione del titolo l’esempio ignorato di codesta Città di Cagliari; perciochè il Consiglio di Sassari non si crede in debito di procedere con imitazione. Senza badare a quel che fa questa o quella città dell’isola, Sassari si regola soltanto colla propria prudenza e colla dovuta dipendenza dall’autorità superiore, tanto nel governo della cosa pubblica della patria, quanto nel sostenere, quando se ne presenta l’opportunità, il decoro e la dignità del Corpo».
Il Siotto Pintor vorrebbe nella sua Storia Civile dei popoli sardi ridere sulla pretensione di Sassari; ma io non so veramente qual fosse più ridicolo, o il domandare a Sassari con tanto affanno e citazioni la ragione del titolo di Magistrato, o il rispondere a Cagliari spiegandole l’origine de’ suoi privilegi. Poveri tempi! – dobbiamo dire – null’altro.

• Altro privilegio tolto

Il 31 Luglio si ricorre al Re per venir conservato il dritto che da tempi antichi godeva Sassari, di aver cioè nel R. Consiglio di Sassari un posto riservato ad un cittadino sassarese.
«Appena trasferita a Cagliari la sede del superiore Governo del Regno, la città di Sassari fu attenta e sollecita d’impetrare per giusti fini politici, che due piazze del R. Consiglio fossero occupate da due cittadini sassaresi, obbligandosi a pagarne gli stipendi dalla cassa civica. Coll’andar del tempo questo dritto venne ristretto, per una piazza a un sassarese, per l’altra a un individuo del Capo settentrionale. E così si praticò infatti dai re d’Aragona, di Spagna, e di Savoia, predecessori di V. M., continuando la Città a pagar due impiegati. E difatti per questi stipendi si fa ogni anno dal Governo la ritenzione sulla indennità accordata per le civiche dogane unite al R. Demanio, dopo il 1820. Si desidera che il Re conservi questo dritto, sebbene ultimamente (per non averlo in tempo rappresentato) siasi conferita a Don Salvatore Angelo Satta di Bonorva la piazza dovuta al cittadino sassarese Don Gio. Antonio Tola, promosso ad una delle Sale civili della R. Udienza».

• Nuovo sistema giudiziario

Il Consiglio, in seduta del 30 Agosto, volendo secondare le insinuazioni e gli eccitamenti di molti patrizi e zelanti cittadini, a proposito del nuovo sistema giudiziario in data 27 Luglio, in vista dei danni che risentirà il Capo di Sassari, il quale va a perdere molti vantaggi, delibera se sia il caso di mandare una supplica al Re, oppure di spedire a Torino una deputazione per rappresentare al Sovrano i danni. E se a nulla si approderà, che almeno si possano scongiurare le altre sventure che si vociferano, cioè la soppressione dell’Università, del Collegio Canopoleno, e la privazione della Nurra e della Fluminaria. (Si hanno in votazione segreta 11 voti affermativi e 10 negativi. Si domanda di ripeterla per malintesi, e si hanno 12 affermativi e 9 negativi. Non trovandosi l’intero voto del Consiglio, si propone di mandare invece la supplica – ed è respinta la proposta).

• Distillerie

Il16 Ottobre i negozianti Lombardi e Degiovanni ricorrono al Viceré contro il Municipio che non vuole esonerarli dai dàzi. Il Municipio risponde: «Questi negozianti esteri, che non hanno residenza fissa in Sassari, non meritano riguardi per una speculazione già conosciuta ed esercitata in Sassari dai cittadini. Non si può proibire il concorso dei forestieri nei negozi esercitati dagli indigeni; ma devono esercitarli senza prerogativa, per non sembrare che sotto lo specioso titolo di metodo nuovo vogliano abbattere i nazionali, i quali, senza alcun privilegio, intrapresero la stessa speculazione, o sono nel possesso di esercitarla».

• Commercio

I commercianti stranieri lavoravano in questi tempi con alacrità. Dalla riviera ligure venivano in Sardegna per tentare la fortuna, e quasi tutti arricchirono. Scrive il Siotto: «Le popolazioni lamentavansi contro lo sgoverno dei piemontesi; ma Genova era il cancro dell’isola, divenuta colonia di quelli astuti mercatanti. In mano loro era il traffico di Sassari, Cagliari e Portotorres; e, non che contentarsene, guerra intimavasi alle nostrali industrie. Questo dico in parte nello intendimento di dar colpa agli isolani, i quali, anziché seguire l’esempio, si rammaricavano standosi colle braccia conserte, nella secolare inerzia, a vedere strarricchire gli strani!».
Non è Mantegazza, è lo storico sardo Siotto Pintor che ciò scrisse!

• Lastrico della via maestra

Si erano già pubblicati i manifesti per la formazione del lastrico della via maestra fin dal 2 Giugno. Il Consiglio in seduta del 23 Novembre, in vista dei diversi affitti che i proprietari percepiscono, secondo i diversi punti della piazza, ordina il riparto delle quote, dividendo la via maestra in tre distinte categorie: la 1a dalla piazzetta S. Catterina al Palazzo di Città; la 2a dal Palazzo di Città alla chiesa di S. Andrea; la 3a da S. Andrea a Campo di Carra.
Nel Consiglio vi fu un po’ di opposizione, e si approvò con 11 voti contro 9.
L’impresa fu aggiudicata al sig. Francesco Porcellana; le lastre di granito furono fatte venire dalla Maddalena, debitamente periziate ed esaminate dal Cav. Della Marmora, dall’Ingegnere capo Molinati e dall’ingegnere Marchesi, nelli 4 Giugno 1839; nel qual mese fu stipulato il regolare contratto.

• Legname

Il Consiglio Comunale, in seduta del 23 Novembre, nega al negoziante Murtula, impresario dei lavori del porto di Torres, il taglio che domanda di cento alberi di elce nella Nurra; e ciò nella considerazione, che il legname è limitato per le costruzioni dei sassaresi, e che si vogliono conservare quelle selve.

• Nuove case nelle Appendici

Il 4 Dicembre si partecipa al Viceré che i lavori procedono alacremente, e che dalla cassa si spendono L. 200 ogni settimana per aprire strade, ai lati delle quali si cominciano a fabbricare nuove case. «A quest’ora son già 18 i concessionari che hanno dato principio alla costruzione di case nuove; altri 18 hanno chiesto ed ottenuto i terreni, ed aspettano la primavera per dar principio ai lavori, essendo la presente stagione troppo piovosa. Si spera che altri seguiranno il loro esempio».

• Pattuglie

Si prega di tanto in tanto il Governatore perché le pattuglie notturne della regia guarnigione diano un’occhiata ai fanali ed alle tettoie del Mercato della Carra, pregandole di riferire quando vedono un fanale spento. (Che cura dignitosa per la Regia Armata!).

• Nurra

Rientrati i redditi civili della Nurra nella civica amministrazione con dispaccio viceregio del 13 Gennaio passato, la cura del Municipio fu quella di tutelare le selve e i boschi ristorandoli per i precedenti tagli e guasti, affinchè potessero rivestirsi e ripopolarsi quei territori. S’impedì la carbonizzazione di ogni legno fruttifero e si limitò il taglio del legname di costruzione, assoggettandolo a certe date prescrizioni. Queste misure, in sulle prime, sortirono buon esito poi ricominciarono gli abusi, e si continuò a tagliare e a carbonizzare. Il Consiglio, il 19 Luglio, si lamenta col Viceré e lo esorta a concedere il porto d’armi agli individui incaricati della sorveglianza della Nurra.

• Furti

Gennaio 30.  «I replicati furti che si commettono dentro città, dimostrando ad evidenza esistere qualche squadriglia decisamente dedita a vivere sulle altrui sostanze, obbligano il Municipio ad assicurare la Civica Tesoreria, e perciò chiedono al Viceré l’autorizzazione di una sentinella che sorvegli la Casa comunale».
«Già sin dal 1836 erano comparse in Sassari le grassazioni, a cagione dello stabilimento delle sanse apertovi da un Uxel; il quale, o che invidiato fosse, o per qualche privata vendetta, fece luogo a disordini; onde poi derivò quell’accolta di assassini, stipendiati da Domenico Ardisson, successore dell’Uxel, i quali contristarono gli abitanti».  Così il Siotto Pintor.

• Ospedale

Marzo 15. Si prega il Governatore perché colla forza obblighi i facchini a trasportare i cadaveri dall’Ospedale al Camposanto; e ciò perché sempre si rifiutano a questo servizio, in modo che i cadaveri devono lasciarsi oltre il tempo nell’ospedale, con pregiudizio della pubblica igiene.

• Concessioni nella Nurra

Aprile 15. Alle osservazioni fatte dal Viceré sulla Nurra, il Municipio risponde: «II Consiglio civico crede aver bene operato nelle concessioni fatte nella Nurra, usando di un suo dritto antichissimo, costantemente esercitato senza la menoma osservazione. Ché se poi su questa proibizione vige una nuova legge, esso la ignora; doversi inoltre presumere, che possa la legge colpire i Feudatari nelle loro concessioni, non però la Città di Sassari, che ha sempre posseduto i terreni della Nurra come proprietaria, concedendoli a coloro che, volendosi trarre dall’ozio e applicare all’agricoltura, ne inoltrarono domanda. Questa qualità di proprietaria, resasi ora dubbia dal Regio Fisco Patrimoniale, ha promosso la causa che pende nanti il Supremo Real Consiglio in grado di Supplicazione, né si può nulla innovare prima della decisione di questa pendenza.

• Levatrice e medici

Il 16 Aprile si accetta dal Municipio, come Levatrice, Margherita Manconi nata Thessur di Mompellier, coll’obbligo di istruire due allieve e di prestare gratuitamente la sua opera alle classi indigenti; e ciò in vista di un importante servizio, poco o niente conosciuto da quelle donne che attualmente sono in Sassari, le quali limitano le loro operazioni a volgare pratica, non di rado causa di sinistri accidenti.
Il Municipio accetta pure, nello stesso mese, la proposta dei medici collegiali Gavino Esperson e Francesco Matteo Loriga, i quali offrono il loro servizio gratuito ai poveri della città, mediante uno stipendio. Si prega il Viceré di approvare questo nuovo stabilimento che apporterà molti vantaggi al paese.

• Offerte per il Lazzaretto

Si scrive al Viceré, che i commercianti e i diversi cittadini di Sassari che volontariamente offrirono delle somme al Municipio per il Lazzaretto, domandano che vengano loro restituite, giacché il Lazzaretto non si principia mai – Continuano queste pratiche, finché il Viceré nel mese di Dicembre ordina la restituzione. Ed ecco come il Governo fece costrurre il Lazzaretto!

• Dazio

Nel Luglio si chiede braccio forte per accompagnare l’appaltatore del Dazio alle botteghe di questa città, perché molti cittadini non vogliono pagare e fanno resistenza con insulti e mancanza di rispetto alle Guardie civiche.

• Incendio

Nei giorni 18, 19 e 20 Agosto un orribile incendio, colla rapidità del lampo, si appiccò nella Nurra, producendo immensi danni. Così nei libri del Comune.
Scrive l’Angius: «Un violentissimo incendio si stendeva serpeggiando col favore dei venti sopra molte miglia quadrate, e con orribili fiamme struggeva i foltissimi boschi dell’Argentiera, e inceneriva poco meno di tre milioni di grandi lecci e un milione di annosissimi ulivastri. (?!) L’infiammamento durò circa due settimane, e per tanto tempo Sassari soffrì un calore infernale. Il fuoco fu per malignità, ma senza intenzione di cotanto effetto, appiccato a una catasta che tenea pronta un miserabile per incarbonarla. Ai gravi danni, per cotanta mole di legname di costruzione che fu distrutta, per il pascolo mancato agli armenti porcini e alle capre, si devono aggiungere le messi incenerite, le capanne e case con tutte le robe distrutte e annientate dal fuoco, e molti che erano in buone condizioni gittati in una deplorevole miseria. Si invocò la pubblica pietà in soccorso di quegli infelici, e si alleviò alcun poco la loro angoscia».

• Soccorso

A proposito dell’incendio della Nurra, nacque un po’ di attrito fra Cagliari e Sassari. Comincio col dare la parola al Siotto Pintor. Nel Libro V della sua Storia civile egli scrive: «Verso questo tempo (1839) avvenne il grande incendio della Nurra. Allora per la prima volta fu fatta una associazione di misericordia, proponendo il Montiglio un’accolta per sovvenire a quelle tante famiglie che senza tetto e senza mezzi erano rimaste. Mandaronsi all’avvocato Casabianca consigliere capo di Sassari lire 2.300. Ma sebbene avesse egli chiesto al Governo facoltà di pigliare dalla cassa civica la somma di lire centomila, (!) scrisse lettera superbiosa, provocante: meravigliarsi come si fosse tanto osi in Cagliari da venir in aiuto a quei pastori, quasiché non bastasse all’uopo la città di Sassari! Fu risposto a quel matticcio (!), che fuor di proposito rinnovellava le albagie municipali, richiamandolo alla sua precedente e al debito di ossequio verso il governo, rimbrottandolo del suo tono scortese e, sopra l’ordinario, villano. Ma se altri che il Montiglio fosse stato Viceré, in ben altro modo sarebbe stato ammonito, quando non gli si fossero sonate dietro le tabelle (!!!)».
Quanta serenità di storico in queste parole!
A me pare che la cosa non fosse poi così strana, se ci riportiamo ai tempi. In quegli anni, per l’appunto, si era di malumore in Sassari perché da qualche tempo non si facevano che continue suppliche al Re, scongiurando le minaccie di continue soppressioni. Nel 1829 si era tolta da Sassari la fabbrica dei tabacchi per trasportarla a Cagliari; si minacciava ora per la terza volta l’Università, per lasciar sola quella di Cagliari; si minacciava di diminuire l’importanza della Magistratura, per far centro Cagliari; si supplicava per non togliere il dritto della nomina di un cittadino sassarese nel Real Consiglio; osservazioni sul titolo di magistrato; osservazioni sul proomenato; la Nurra nanti il Supremo Consiglio perché il Fisco voleva sottrarla a Sassari; negata l’autorizzazione di proseguire nel lastrico della piazza, fatto a spese dei cittadini e non dell’azienda. Che più? Ogni giorno appunti nuovi e nuove lavate di capo a Sassari per poche lire spese in più dalla propria tasca. Dopo questi fatti, tutti recentissimi, del giorno; dopo tante cose tolte e minacciate di togliere, di punto in bianco arriva una lettera dal Viceré che regala a Sassari 2.500 lire per soccorrere i pastori della Nurra! – Non è meraviglia, dunque, se al Casabianca sia salita la mosca al naso; tanto più se si considera, che allora non s’intendeva come oggi la parola beneficenza; e lo stesso Siotto Pintor ha cominciato l’articolo con queste parole: Allora per la prima volta fu fatta un’associazione di misericordia; parole che bastano da sole a spiegare il malumore del Casabianca che era Sindaco di seconda classe, non Capo Consigliere come dice il Siotto.
E dico di Casabianca, perché nella deliberazione del Consiglio Generale tenutasi il 4 Ottobre 1839 (quattro giorni prima di spedire la lettera a Cagliari) trovo parole tutt’altro che villane all’indirizzo di Cagliari e del Viceré. Riporto tutta la deliberazione:
«Riferivasi il dispaccio di S. E. il signor Viceré, 28 Settembre 1839, comunicato dall’Ill. sig. Governatore per informare questo civico Consiglio delle savie determinazioni prese dalla prelodata E. S. intorno ai danni sofferti da alcuni pastori sugli incendi occorsi nella Nurra, e trovando degna di grande encomio e di somma lode l’eroica azione esercitata a prò di tanti infelici che miseramente soggiaquero ad un tale infortunio, venne proposto se la Città, nella qualità di proprietaria di quei terreni, venire debba con qualche sussidio in favore di quei danneggiati; e con dodici voti affermativi ed uno negativo venne stabilito di impetrarsi da S. E. l’autorizzazione di potersi erogare la somma di scudi sardi cento (non 100.000 lire, come dice il Siotto!) per così pietoso ufficio –
«Facendo seguito alla precedente risoluzione, e nel riflesso di dovere il Consiglio precedere coll’esempio nelle sue offerte in vantaggio di quei danneggiati, aprì le sottoscrizioni, dalle quali ebbe a raccogliere la somma di Lire sarde 67…».
E seguono i nomi dei consiglieri, che per curiosità vi trascrivo: il Regio Commissario sig. Reggente Don Giovanni Carboni – Il Sindaco di 2a classe Avv. Collegiato Casabianca – i consiglieri Ponzeveroni, Tavolara, Prof. Beka, Don Simone Manca, Don Diego Manfredi, Don Gio. Antonio Serra, Cav. Di Suni, Avv. Maurizio Sotgiu, Prof. Avv. Cossu, Avv. Felice Virdis, Cav. Don Cosimo Deliperi.
Ed ora, per amenità, eccovi la lettera incriminata scritta al Viceré in data 8 Ottobre 1839 e firmata dall’Avv. Casabianca. Dopo i ringraziamenti gentilissimi, «per aver rilevato con soddisfazione la marca (sic) di filantropia datasi dai cittadini della Capitale verso i pastori della Nurra» la lettera continua così:
«…Devo dichiararle che non mi era sfuggito il bisogno di aprire questa sottoscrizione volontaria a prò dei miseri; anzi la proponevo nella Seduta del 26 del detto mese. Ottimo parve e santissimo ai miei colleghi quel divisamento, filantropici com’essi sono al par di qualunque altro. L’avrebbero realizzato, se non si fosse veduto di difficile attuazione, dopo le molte offerte volontarie di grano e danaro fatte in diversi tempi da questi cittadini, di cui se ne sospira ancora la restituzione, e segnatamente per l’ultima di Ln. 26.000 per il Lazzaretto che è rimasto senz’effetto, e, quel che è peggio, non si pensa a restituirle. Quindi i cittadini tutti fecero intendere che non si azzardasse mai più il civico Consiglio a proporre volontarie offerte, giacché non gli si darebbe alcun obolo. Lettosi però il sullodato dispaccio Viceregio nella tornata del Consiglio del 4 venne accolta con pieni suffragi la proposta di erogare per quei territori di sua proprietà scudi cento a prò dei pastori danneggiati, e si raccolsero in seduta Ls. 67 per eccitamento di maggiori largizioni che andrà ad invocare, a costo di assoggettarsi, come prevede, a rifiuti…
«Non posso però nel mentre dissimulare a V. S., che se non vestì l’umiliante carattere della pubblicità la sovvenzione fattasi a quei pastori, non fu già che sia mancata; che anzi il nostro Arcivescovo, il Marchese S. Saturnino, li due Sindaci, il Cav. Berlinguer e moltissimi altri largheggiarono coi pastori in soccorsi di danaro, grano e di robe. A molti di essi tornò più grata sovvenzione questa, di quella che si farà loro toccare colla pubblicità sotto il nome di pubblica elemosina, che tanto umilia. Si assicuri V. E. che certe persone colpite dall’infortunio giammai si presenteranno in pubblico, o solo si inducono a farlo di soppiatto. Vi è una specie di vergogna innocente, ma sempre rispettabile, a cui il solo sentimento può strappare certe amare confessioni, ed è certissimo che vari dei pastori danneggiati, possessori com’ erano di migliaia di scudi, difficilmente si presenteranno per partecipare a dei soccorsi umilianti».
La lettera è troppo fiera, ne convengo, e se meritava nel 1839 le rampogne del Viceré Montiglio, non meritava certo nel 1877 le dure parole del Siotto Pintor, lo storico sardo che ha continuato la storia del Martini, come Martini ha continuato quella del Manno. Ed è soltanto per trattarsi di uno storico così serio che io mi son dilungato sopra questi fatti che, se meritano il nome di miseria dei tempi, non meritavano certo le villanie e le famose tabelle di un moderno storico qual è il Siotto Pintor.

• Nuovi stabilimenti

Negli ultimi d’Agosto si chiede al Viceré l’autorizzazione di accettare la domanda del negoziante Girolamo Lombardi di Genova, il quale vuole impiantare in Sassari e in Portotorres quattro grandi stabilimenti, cioè: gran distilleria di liquori un lavatoio di sanse con sola acqua di mare – una fabbrica di sapone – e un molino di farine. Il Municipio appoggia la proposta di quel genovese, perché vantaggiosa al paese. Il Lombardi in compenso chiede la privativa per 25 anni, e la libera introduzione, senza franchigia, degli attrezzi, utensili e macchine. Si rappresenta al Viceré che molti individui si toglieranno dall’ozio, dai disordini e dalla miseria; che si avrà sicura la farina, la quale oggi è scarsa per mancanza di acqua ai molini; che si perfezionerà la confezione dell’olio destandosi l’emulazione nel paese, ecc. ecc.

• Pescheria

Ottobre 19. Il Municipio delibera di allontanare la Beccheria dalla Pescheria, e se ne domanda la separazione costruendo un nuovo fabbricato apposito. La spesa sarà di Ls. 2.700; si tratterà coll’economo del cessato convento dei Trinitari per l’acquisto della casa, potendosi utilizzare il retro locale per il nuovo fabbricato, rettìlineare la via, e rivendere in enfiteusi il tratto che avanzerà.

• Diligenza postale

Il direttore della R. Messaggeria il 21 Ottobre ricorre al Governatore di Sassari contro il Municipio che non vuol permettere che la diligenza passi in piazza per recarsi alla posta, situata nel palazzo municipale. Il Municipio meravigliato risponde, che la piazza è tutta ingombra di rottami perché gli operai sono intenti a lastricarla, e che il pretendere il passaggio sarebbe lo stesso che voler interrompere i lavori. Aggiunge, che il Consiglio ha proibito il transito ai carri e alle vetture, e la Regia Messaggeria deve anch’essa dare l’esempio sottostando agli ordini emanati; essa può fermarsi in piazza Castello o nella Carra, e di là trasportare con pedoni il piego all’Ufficio postale. «Un tal sistema non dovrebbe venirle nuovo – dice la lettera – perché si pratica in Cagliari dalla Porta Stampace al Castello, la cui lontananza in nulla risponde ai pochi passi che dista la Posta di Sassari dalla Carra, o dalla piazza Castello!».
Si noti come la parola Cagliari entrava dappertutto!

• Pasquale Tola

Il Consiglio civico, nella seduta del 14 Dicembre, apre il pacco spedito dal Tola, contenente il Dizionario degli uomini illustri sardi, pubblicato a Torino. Gli si fanno molti elogi, e si delibera d’impetrare dal re un Regio Diploma di Consigliere civico perpetuo, e di permettere al Municipio di far coniare una medaglia all’illustre sassarese. Si respinge la domanda; e si risponde, che bisognava spendere i danari per l’utile pubblico, e che il coniar medaglie è dritto più regale che civico.

• 1840. Proomenato

Nascono contestazioni di preminenza sulla presidenza nei giudizi di proomenato che si tengono nel civico Palazzo, la quale spetta al Sindaco, non al Giudice del Mandamento che la pretende. Si porta la questione al Re, al quale il Municipio manda un indirizzo il 21 Marzo. Io lo riporto, non per l’oggetto futilissimo, ma perché il lettore si formi un’idea del Proomenato e delle continue questioni di preminenza che allora turbavano la suscettibilità e l’amor proprio dei nostri padri.
«Dopoché questa Città per sovrana clemenza de’ suoi Augusti Monarchi conservò l’antico suo dritto di conoscere e giudicare in prima istanza di tutte le cause criminali de’ suoi concittadini, o per uso di lungo domicilio, in qualunque parte del Regno essi delinquessero, questo Consiglio, per tale esercizio di mero e misto impero, sedette sempre vestito degli abiti Consolari, come Tribunale, in tutti i giudizi criminali di tali cause.
«Il Sindaco era il Presidente – Quindici erano i Consiglieri e i Probiuomini, e il giudizio chiamavasi Proomenato – Il Podestà della città era l’istruttore, il relatore degli atti, e il redattore della sentenza. Non presiedeva il giudizio, né votava la causa.
«Succedettero i tempi delle nuove Magistrature. Prima fu creata a Sassari una Reale Governazione con Governatore generale, Assessori, ed Avvocato Fiscale, togati. Poi fu anche nominato un Regio Vicario, il quale, con voto di un assessore, esercitava in prima ìnstanza la giurisdizione ordinaria, cumulativamente alla Governazione, in tutte le liti civili e criminali. Il Consiglio cedette volentieri la Presidenza del suo Sindaco al Regio Rappresentante in questi giudizi. Anzi, onde attestare maggior rispetto a colui che rappresentava la persona del Re, il Consiglio, vestito degli abiti Consolari, recavasi coi Probiuomini nel Palazzo del Regio Governo, antico Palazzo civico (?) per tenervi il Proomenato nella sala delle udienze della R. Governazione.
«Il Governatore presiedeva sedendo in mezzo, nel posto più nobile; i due erano occupati dal Sindaco e dal Giudice od Assessore Civile; seguivano i Consiglieri sedendo in posto elevato, e gli ultimi posti erano occupati dai Probiuomini – L’Assessore criminale, istruttore della causa, la riferiva, presente l’avvocato Fiscale. La sentenza definitiva pronunziavasi coi voti del Magistrato Civico e dei Probiuomini, e nessun altro era ammesso a votare; a di lui nome distendevasi la sentenza, e la sottoscrivevano il Governatore presidente, il Sindaco, i Consiglieri e i Probiuomini.
«Lo stesso metodo si osservò anche dopo il 1807, epoca della destinazione di un Reggente a reggere la Regia Governazione. Egli, in questi giudizi, succedette al Giudice Civile e prese il suo posto dopo il Governatore Presidente.  «Niun cambiamento mai successe nelle sedute di questo Tribunale di eccezione, quando fu creato un Regio Vicario. Si continuò come prima a tener nel Palazzo Civico il Proomenato nei processi istruitisi dalla Regia Vicaria. Però non devesi tacere esser nata questione di competenza tra il Sindaco e il Regio Vicario sul dritto di Presidenza, dopoché piacque a S. M. di conferire questo posto per lo più a qualche Suo benemerito Magistrato messo a riposo. Non si ha riscontro della prima origine di questa contesa; forse ebbe principio allorché concorse nel Regio Vicario la qualità di Giudice giubilato della Regia Udienza. Il rispetto dovuto a quest’elevate R. Magistrature, mosse la pretensione dei primi Vicari Giudici emeriti della R. Udienza.
«La questione, sottoposta al Sovrano, fu sospesa ed irresoluta, o per politica di Governo, o per noncuranza delle parti.
«Fu adottato in tal frangente, sino a final decisione, quasi un’alternativa di presidenza; il Sindaco si asteneva di intervenire quando presenziava nel giudizio il R. Vicario, e presiedendo il Sindaco non interveniva il Vicario.
«Si fa ora riconoscere la stessa questione di preminenza. Soppresso l’antico Tribunale del R. Vicariato, il Giudice di Mandamento presume la presidenza del Proomenato; ma non è fondata la sua ragione, perché egli non è succeduto (come crede) al R. Vicario, né nella rappresentanza, né nella giurisdizione.
«Il R. Vicario – infatti – esercitava nella città e nel territorio tutta la giurisdizione civile e criminale, laddove il Giudice del Mandamento, giudice soltanto pedaneo, non può conoscere che nelle cause minime civili e criminali – Il Regio Vicario faceva nella città le veci di Vicario di politica e polizia, laddove il Giudice del Mandamento non ha altra attribuzione, ed è circoscritta la sua giurisdizione alla minima parte di essa, alle cause civili cioè di 300 lire, ed alle criminali di un anno di carcere. – Il R. Vicario aveva parte in tutte le pubbliche solennità; aringava i Reali Principi; era invitato a tutti i pranzi di Stato; era insomma considerato, in ogni occasione, come un dignitario della città; mentre il Giudice del Mandamento non gode all’incontro di niuna distinzione, non ha posto in pubbliche funzioni, e il suo impiego è principio di carriera e di merito: nella pubblica amministrazione è, per dir così, un semplice candidato nell’aringo dei pubblici impieghi.
«Col R. editto 1° Agosto 1838 fu da S. M. abolito l’impiego di Vicario Regio, e la sua giurisdizione venne trasfusa nella R. Governazione, non già nel Giudice del Mandamento; dunque non ha né grado, né titolo, né merito di succedere al R. Vicario. –  «Se si trovò dubbia la questione di preminenza tra Sindaco e R. Vicario, e non fu decisa – sembra ora cessato ogni conflitto, non essendo il Giudice di Mandamento pari al R. Vicario.
«II Sindaco è il Capo e il presidente del primo Corpo della Città che tutti li altri avanza; il Sindaco è sempre eletto fra le primarie persone della città; è un titolato, è un decorato, è un generale d’armata, è un giudice emerito della R. Udienza, un Ministro di Stato, è per lo meno un Nobile! Egli è dalle leggi di S. M. chiamato a parte di tutte le Giunte e di tutte le Commissioni di pubblica amministrazione; egli siede nel posto più nobile accanto alla persona che presiede. Tutte le preminenze, tutte le onorificenze sono accordate al Sindaco, capo del Popolo. Lo stesso Sovrano non sdegna di averlo al suo lato e d’usargli benigni riguardi per la sua pubblica e popolare rappresentanza. E il solo Giudice di Mandamento avrà il privilegio di contendergli la preminenza nell’atto più solenne in cui il Sindaco per Sovrana indulgenza è capo e presidente del Magistrato Municipale che conosce e giudica della libertà e dell’onore de’ suoi concittadini».
E scusate se è poco! Non avrei mai creduto che un Sindaco potesse arrivare a tanto!
Ora capisco perché tutti ambiscono a questa carica onnipossente!

• Nurra e Prato

Nella seduta del 15 Maggio il Consiglio discute sulla divisione dei terreni della Nurra e Fluminargia portato dal Dispaccio Viceregio 14 Dicembre 1839, in cui si riportano le sovrane disposizioni. Riferiscono in proposito i due consiglieri Avvocato Fresco e Prof. Cossu, (membri della Deputazione nominata all’uopo nella seduta del 30 Giugno) i quali fanno una lunga relazione, erudita, ordinata, bellissima. Essi dimostrano come per Sassari non sia vantaggiosa, almeno nel momento, tale divisione; nel caso però si addivenga alla divisione, propendono per cominciarsi dalla Nurra. Il Consiglio, pur lodando le ragioni esposte dai Relatori, delibera di cominciare dal Prato, credendo la divisione di esso di maggior vantaggio pubblico. Si vota il prestito di Scudi 1.000 per la formazione del tipo, lotti, ecc. da anticiparsi ai collaboratori dell’Ingegnere Marchesi, incaricato.

• Morte di Marchesi

Il 14 Luglio si annunzia la morte dell’ingegnere Marchesi. Il Municipio, volendo rendere alla sua memoria un attestato di benemerenza per i servizi da lui prestati, e specialmente per i lavori delle appendici, delibera di collocarlo in una sepoltura privata nel Camposanto, e di apporre una lapide che lo ricordi alla città. Domanda al Viceré l’autorizzazione di poter spendere 40 scudi. Il Viceré, con dispaccio del 18, accorda la spesa.

• Strada d’Alghero

Nel Novembre la Città di Alghero si rivolge al Municipio di Sassari dicendo che ha ottenuto un regio brevetto per la costruzione dello stradone. Essa invita Sassari a concorrere nella spesa; ma Sassari scrive al Viceré, che prima di pronunciarsi, e spendere i suoi denari, vuole esaminare il progetto per fare le sue osservazioni.

• Ospedale nelle Appendici

Il Municipio in seduta generale del 20 Novembre accettò favorevolmente la domanda della Congregazione dell’Ospedale per la costruzione di un nuovo e più ampio locale nell’isola Num. 14 delle Appendici. Fa osservare però, che la detta isola si compone, per un terzo, di un orto appartenente alla marchesa di Muros, che è in dominio della Città per l’annuo fìtto di scudi 70; e per due terzi di terreno appartenente alla Mitra. Il Consiglio crede che le due Aziende possano concorrere al rilascio gratuito dell’area; e aggiunge di non aver difficoltà di addossarselo, ove la Mitra rifiutasse il suo concorso.

• Esposti

Il 29 Dicembre il Consiglio espone al Viceré le frodi che si commettono in Sassari dalle madri, le quali dichiarano come spuri i propri figli, per poter godere del sussidio mensile che accorda alle balie il Municipio. La mercede stabilita per ogni balia che allatta un esposto è di Ls. 3 al mese, fino a che lo spurio raggiunge l’età di tre anni; nel qual giorno le si dànno in gratificazione Ls. 7.10, e raccomandano il fanciullo a qualche persona benefica. Alcuni fanciulli passano in adozione; – molti rimangono alle stesse balie che li allevano come figli, e ben spesso li fanno partecipare all’eredità insieme ai figli legittimi.
«Il civico Consiglio immaginò e desiderò continuamente qualche pubblico Stabilimento di beneficenza per collocare, custodire, educare ed utilizzare li orfani e li esposti; ma una Città, povera di mezzi non potè mai ridurre ad effetto i suoi progetti. Ma sia lodata la buona indole del paese; malgrado la poca cura che si ha per la buona riuscita degli esposti, assai rari sono gli esempi del loro traviamento, sino al punto di rendersi nocivi e molesti alla società!».