Sassari Piemontese

Carlo Alberto di Savoia

• 1831. Il nuovo Re

Morto Carlo Felice, il 27 Aprile 1831 salì al trono Carlo Alberto, principe di Carignano, e stipite del ramo secondogenito della Casa di Savoia. Vi fu subito la rassegna militare; affrettati i ricevimenti, immediato il giuramento dell’esercito di Torino e delle provincie. – Si sa bene: – morto il re, viva il re! al popolo non si lascia tempo di piangere.
Popoli e milizie gioirono per il sentimento dell’indipendenza nazionale. L’isola sola stette pensosa. Non più convocazione di Stamenti scrive il Siotto Pintor – ma violazione della fede internazionale, che sarebbe tutta a carico della Dinastia Sabauda, se Filippo V, sotto il Viceré Marchese di Valero, non ne avesse dato 1’esempio. Tutti giurarono, i re della nuova dinastia… ma di fare il piacer loro giurarono. Non così i Sovrani di Spagna, i quali mantennero sempre quanto promisero. »
Lo stato generale d’Europa nel 1831 era in gravissime e scompigliate condizioni; e Carlo Alberto si trovò di fronte ostacoli insuperabili, per la reazione universale delle potenze, e specialmente della Francia che si atteggiava a correttrice di tutto il mondo.
Salito al trono contro il volere dell’Austria, Carlo Alberto parlava di riforme, di nuovi ordinamenti adatti a nuova monarchia, e il popolo, sempre credulo, confidava in un prossimo statuto; ma il re ondeggiava tra i cortigiani che lo mettevano in diffidenza, tra alcuni accorti ministri che gli affacciavano alla mente i pericoli cui andrebbe incontro spogliandosi della per consegnarla in mano del popolo, ed i Gesuiti che lo raggiravano con tutte le arti di cui erano capaci; talché a Carlo Alberto fu imposto da molti il nome di Re tentenna.
Dal 1831 al 1833, moti rivoluzionari in tutta Italia. Alla Società dei Carbonari sottentrò il giornale La Giovine Italia, la quale promuoveva le agitazioni, e teneva desto il desiderio della libertà, dell’unità e dell’Indipendenza dell’Italia. Fu in questo tempo che sorse il genio del genovese Giuseppe Mazzini, il quale fu a capo della nuova società, e colla parola e colla penna scaldò i petti della gioventù italiana.

• Nuovo Governo

Il governo di Carlo Alberto – come re di Sardegna – fu in un tempo riparazione del passato e preparazione dell’avvenire. « Ponte gettato tra il vecchio e il nuovo » come scrive Siotto Pintor.
Gran differenza invero tra i due rami della Casa Savoia! Il ramo primogenito dispotico, crudele, tiranno; il secondogenito liberale, patriottico, riformatore.
Combinazione curiosa! Pare che nei re di Savoia siasi destata la coscienza della libertà col crescere dei peli sulla faccia. Sansone aveva la forza nei capelli – i re di Savoia avevano la libertà nella barba. Fino a Carlo Felice i nostri re Sabaudi erano sbarbati; da Carlo Alberto in giù lasciarono crescere i peli sotto al naso; e pare che la loro libertà sia sempre stata in rapporto colla grossezza dei baffi!
I principi della stirpe primogenita – scrive il Siotto – erano usi trattare troppo famigliarmente co’ sudditi, a cui davano del tu. Il tu tramutossi in voi nella corte di Carlo Felice. Questo rozzo cerimoniale fu proscritto da Carlo Alberto. Maggior cenno alle idee liberali si fece allorquando fu data facoltà a’ magistrati di provvedere nelle cose giudiziarie senza far luogo a ricorso al trono, e più quando fu abolito il giuramento dei nobili e dei vassalli, delle città e dei comuni a ogni rinnovazione di regno – Serbate, del resto, le forme di ricevere, allorché presentandosi al re ognuno doveva per tre volte piegare il dorso prima di arrivarvi, e arrivato inginocchiarsi col mancino, baciar la mano; e ritirandosi camminare a ritroso (come i gamberi) salutando per tre volte. Furono riformati gli statuti dell’Ordine Mauriziano aggiungendovi due gradi intermedi, e dando più pompose insegne al sommo grado. (Dicembre 1831 e Gennaio 1832).
Pes di Villamarina ordinava l’esercito: miglioramento nella legislazione; abolita la ruota, la tanaglia, la confisca, e le atrocità sui cadaveri dei condannati; migliorato il Codice penale. L’istruzione favorita e onorati gli uomini preclari. Creato l’Ordine civile.
Dopo sei anni di studi si pubblicava il Codice Civile (21 Giugno 1837) poi il Codice penale (25 Ottobre 1839). Rinnovate le poste; ma nelle domeniche e nelle feste non si ricevevano lettere, per volere dei Gesuiti – Soppressi molti dritti feudali, altri no. – La decapitazione al Nobile, la forca al plebeo (Ed. 11 Gennaio 1840).
Creazione per la Sardegna di una speciale Segreteria di Stato. Dispensati i membri della Curia massima di portare l’enorme parrucca spagnuola.
La costruzione di lazzaretti; ricoveri di povere donzelle; creazione delle guardie campestri (Dicembte 1840); e molti altri benefizi e innovazioni. Quantunque non esente da gravi macchie, il Governo di Carlo Alberto dischiuse una nuova èra. I primi albori di uno splendido giorno cominciavano a rischiarare le fitte tenebre in cui giaceva immersa la Sardegna.

• Lutto e feste

Si fanno a Sassari i soliti lutti e le solite feste per la morte di Carlo Felice e l’avvenimento al trono di Carlo Alberto.
Il 21 Maggio 1831 il Municipio di Sassari scrive al Viceré per sciogliere un dubbio: ricorrendo la festa dell’Assunta, dovevano i Consiglieri assistervi cogli abiti consolari di stoffa rossa, oppure colle divise di lutto per la morte di Carlo Felice?
Il 28 Giugno, avendo i Consiglieri subodorato dal Pregone Viceregio che solamente a Cagliari doveva festeggiarsi l’avvenimento al trono di Carlo Alberto, scrivono al Viceré che anche Sassari voleva esternare i sentimenti della sua devozione all’augusto Regnante e sua famiglia; motivo per cui domandavano di poter esternare la loro gioia.

• Previdenza

Vedendo i Consiglieri che il raccolto dell’annata era scarsissimo, e temendo non si rinnovassero le carestie del 1780 e 1812 deliberarono di invitare i negozianti della piazza per la provvista di grani, valendosi dell’immunità conceduta dal Viceré. I negozianti, quantunque due volte interpellati, si rifiutarono; e così fecero anche gli speculatori di Genova, stante il poco credito che godeva il Municipio di Sassari per le pessime condizioni delle sue finanze. Il 9 Luglio si domandano all’uopo facilitazioni per la introduzione del grano; più si chiede il permesso di spedire a Genova un Consigliere per far pratiche.
Finalmente il Delegato Viceregio, uomo che tutti sapevano ricchissimo e che molti riguardavano biecamente, vedendo la necessità, si mostrò generoso coll’offrire da 15 a 30mila lire. Siccome però le provviste non potevano esser fatte prima del tempo assegnato, i Consoli si rivolsero al Boyl perché ottenesse dal Re l’ampliazione del termine.
In questa circostanza si distinse il Marchese di S. Sebastiano, pel quale si stampò un sonetto, la cui dedica diceva: « Al patriottismo di Don Carlo Quesada ecc. ecc. per essersi offerto a provvedere del proprio, in diffetto di mezzi nella cassa civica, la Città di Sassari, sua patria, di grani dall’estero a tutta sufficienza. » Eccovi le due prime quartine del sonetto, scritto da B. Torchiani.

Patria infelice, ohimè, fallì la spica !
Ti die Cerere bionda informe aborto;
Né al nuovo sol sorgerà messe aprica
Se il tuo germe non è che embrione, o mòrto.
Alle soglie ti sta fame nemica
Che l’inumano Dardanario è sorto.
Patria, chi porge a te sua mano amica?
Patria, chi ti darà vita e conforto?

• Terraglia e cristalli

Col mezzo dello stesso Boyl si raccomandò al re una supplica per lo stabilimento d’una fabbrica di terraglia fina e di cristalli. Giacinto Ferro di Savona aveva trovato presso le strade di Scala di Giocca e d’Osilo terre argillose e calcaree per mattoni e tegole, migliori di quelle di Maniglia; presso l’Argentiera e Alghero terre aluminose; in Martis la Silice, presso le Saline il quarzo, e presso Osilo il quarzo cristallizzato, per istoviglie di prima qualità, che dicono terra di pipe. Pretendeva il richiedente che simile manifattura sarebbe stata ottima fra quante erano nei regi stati.

• Ardesie

L’8 Ottobre 1831 si espone al Viceré, che il muratore Fogu Vittorio si lamenta a torto a proposito della cava di ardesie aperta nella Nurra e deliberata a lui con pubblico strumento 9 Settembre 1828. Il Fogu si era obbligato di fare tre abitazioni sul luogo, per gli scalpellini, per altri lavoratori, e per il deposito delle ardesie; le quali abitazioni dovrebbero cedersi al Municipio, al termine dell’impresa, mediante rimborso delle spese. Il Municipio si duole del disegno ambizioso del muratore Fogu, il quale non stette ai termini del contratto eccedendo nelle spese dei fabbricati, in modo che sarebbe stata difficile per la Città la redenzione delle dette abitazioni. Questa cava di ardesie, che era di ottima qualità, fu abbandonata dopo pochi anni.

• Scuola d’architettura

Il 25 Gennaio 1831 si stipulò a Torino atto di convenio tra il Municipio (rappresentato dal suo procuratore S. E. il Marchese Boyl) e l’architetto civico Carlo Ferlosio, il quale si obbligava di aprire una scuola di Architettura a Sassari per i muratori, i falegnami e i ferrai. Il 16 Novembre si domanda al Governatore il permesso di aprire la Scuola in un locale del Palazzo Civico, dove sono già preparati gli utensili necessari.

• 1832. Maria Teresa

Per la morte della regina Maria Teresa, avvenuta nel 29 di Febbraio, il Municipio di Sassari delibera al solito i Funerali, dandoli a impresa per 180 scudi. Il Viceré rimprovera i Consiglieri per avere largheggiato troppo; e i Consiglieri in data del 24 Aprile rispondono:« Il Magistrato tollera con pazienza questo rimprovero, che crede di non meritare, come ne ha tollerato tanti altri in buona pace, non restando loro che la soddisfazione di aver adottato la licitazione e deliberata l’impresa al miglior offerente. »

• Via Maestra

Nei primi di maggio il Municipio ricorre al Re per la sistemazione della Via Maestra che già da tempo andava in deperimento. Nella supplica si espone: che molti anni prima d’intraprendere, per opera di Carlo Felice, la gran strada nazionale da un capo all’altro dell’isola, la città di Sassari fece costruire a proprie spese lo stradone che da Porta S. Antonio conduce sino al fiume di Ottava, e quello che da Porta Castello conduce fino a Scala di Ciogga, i quali importano circa due ore di cammino. Questi due tratti di stradone furono incorporati nella gran strada Nazionale, non facendo altro l’impresa che la spesa della ghiaia e qualche restauro. Dice, che il Municipio dal 1824 al 1826 spese circa Ls; 16 056 7. 2 pel selciato di alcune vie, fra cui la maestra, versandone l’importo all’ impresa, e per essa al suo rappresentante Girolamo Boeris. L’impresa fece un pessimo lastrico; però non si potè subito osservare i difetti, avendo gli impresari vietato di spazzare le vie, come era solito farsi almeno due volte la settimana (!)
Gli impresari, infatti, avevano tolte le pietre grandi e dure, che prima esistevano, per vendersele, e avevano sostituito piccole pietre calcaree di pessima qualità. Non tardarono gli abitanti ad accorgersi della frode, e a comprendere il divieto loro imposto di spazzare. La nuova opera quindi deperì; a segno tale, che nel 1829, in occasione della venuta a Sassari di S. M. Carlo Alberto, il Municipio dovette restaurarla provvisoriamente a sue spese. La strada però, è oggi rovinosa e impraticabile.
Dopo ciò, crede il Magistrato di aver dritto all’indennità di metri 12154. 45 lineari per i due tratti di stradone che da Porta Castello e Porta S. Antonio si estendono fino a Scala di Ciogga e al fiume di Ottava, perché economizzati dal Governo nell’opera stradale di Cagliari a Sassari; come pure al selciato della Via Maestra che trovasi fra le dette due Porte, facendo parte integrale della menzionata strada nazionale. Si degni V. M. far ricostruire quest’ultima, e mantenerla dall’Azienda dei Ponti e Strade, nel modo stesso che han goduto un tal vantaggio gli altri paesi dell’isola che hanno la sorte d’essere attraversati dallo stradone. »
Sullo stesso oggetto si scrive al Governatore che trovavasi a Cagliari ed al Marchese Boyl a Milis. Inutile qui dire che la domanda del Municipio restò senza provvedimento. Se per i due tratti di stradone il Municipio aveva ragione, non l’aveva certo per far contemplare la sua gran via come la continuazione della strada nazionale!

• Carestia

Come abbiamo detto, gli anni 1831 e 1832 furono assai scarsi di raccolto. Il 18 Maggio il Municipio domanda il braccio forte del Governatore per costringere le fariniere, i panatari e i fidellai, a pagare il grano acquistato dalla civica Azienda al prezzo di otto scudi, ed in ragione di un rasiere per settimana.

• Orfanelle

Ritiratosi in Sassari dai suoi lunghi servigi, il Marchese Boyl, segnò il primo anno del suo soggiorno in patria con una benefica istituzione. Pietoso dello stato miserabile di alcune povere fanciulle le raccolse in un palazzo, le provvide a sue spese di alimenti e di abiti, le sottopose a un’eccellente direttrice (allieva delle Fieschine di Genova) per ammaestrarle ne’ vari lavori femminili, e le raccomandò a un degno ecclesiastico per le opportune istruzioni e pratiche religiose. Alle orfanelle fu imposto il nome di Figlie di Maria. Il Viceré encomiò la caritatevole impresa e la raccomandò al Sovrano perché la confortasse con sussidi e còlla sua protezione. Sperava l’istitutore d’essere aiutato dal Municipio e dai privati cittadini; ma, e per strettezza di finanze gli uni, e per spensieratezza gli altri, il Boyl fu lasciato solo. Lo stabilimento delle Figlie di Maria fu istituito il giorno delle Pentecoste del 1832.

• Porto

Prendendo sempre più sviluppo il commercio di Sassari e del Logudoro risentivasi molto l’incomodo del porto, per più ragioni. La sua esposizione al gran mare di tramontana, il quale irrompeva dentro con impeto; la strettezza della sua bocca; la pochissima sua capacità per l’ingombro del fondo, non potendo ricevere nel suo seno brigantini o golette se non che da una sola parte ed a stento, fecero sì che vi furono lamenti e mormorazioni. Il Governatore Crotti, sempre affezionato a Sassari, supplicava il Governo per le opportune provvidenze, ma ebbe sempre grandi contraddizioni. Si faceva notare l’immenso dispendio di abbassare le rocce del fondo e di avanzare con casse il braccio della torre per riparare le onde della tramontana; si rappresentava la difficoltà dell’ingresso e il pericolo; e quindi proponevasi, come miglior partito, di stabilire il porto o all’Asinara nel gran seno della Reale, o in Portoconte, più comodo al Logudoro ed ai naviganti. Non pertanto il Crotti perseverò nelle insistenze, e finalmente nel 1833 otteneva il sovrano decreto per le opere necessarie con l’assegnamento di L. 275mila in cinque anni. S’indugiò molto però, a imprendere questi lavori – anzi ben poco si fece!

• 1883. S. Agostino

Essendosi soppresso il Convento degli Agostiniani, e presentendosi che i fondi arano stati destinati a benefìzio di altri Conventi della Provincia, il Municipio ricorre al Re in data 12 Aprile, perché scongiuri un tale deliberazione, in vista che i beni di quei frati non provvennero che da oblazioni di benefattori sassaresi.

• In prigione

Il 17 Maggio l’orologiaio civico Paolo Maria Penna chiede una perizia dell’orologio del teatro per averne un compenso. Il Municipio risponde, che per ora abbia pazienza, poiché l’architetto Cominotti trovasi rinchiuso nella Torre del regio Castello per ordine della Curia del R. Vicariato; quando sarà posto in libertà si procederà alla perizia (!)

• Efisio Tola

I tempi erano torbidi. In quest’ anno furono tentati alcuni moti rivoluzionari, che maggiormente aggravarono la condizione dei popoli italiani, specialmente nelle Provincie che appartenevano all’Austria e nel regno di Napoli.  Forche, carceri, reclusioni, patiboli, solo per aver letto, o dato a leggere la Giovine Italia. Molti furono i martiri della patria. Iacopo Ruffini si sega la gola in prigione; Mazzini e Garibaldi condannati a morte; Gioberti cacciato; ufficiali pubblici rimossi dal posto. Fra i martiri fu un cittadino sassarese, il tenente EfisioTola; il quale, reo di aver letto la Giovine Italia, fu come un malfattore fucilato a Chambery il 13 Giugno 1833.

• Olio e vino

Il 15 Ottobre1833 il Municipio domanda al Re la franchigia sull’olio e sul vino, stante il misero stato del paese. « Il vino e l’olio si vendono a vilissimo prezzo; e tale, che i proprietari di oliveti e vigne sono ridotti a peggior condizione degli artisti e giornalieri. L’olio si è venduto persino a 3 scudi il barile, e il vino a 4 cagliaresi ogni pinta. La città di Sassari, come tutte le altre della Sardegna, commercia passivamente cogli esteri; e un tal commercio oltre la naturale condizione, riesce più dannoso agli abitanti, perché trovandosi il medesimo ristretto in poche mani, ed in quelle singolarmente dei mercanti stabiliti a Sassari, costoro, o accaparrano gli oli ed i vini per conto proprio, ovvero, come agenti di negozianti di Genova, sono sempre quelli che danno la legge e la misura ai prezzi; ed esercitando nel paese che li alimenta un monopolio esclusivo, fanno decrescere a loro piacimento la richiesta del genere, e quindi il suo valore commerciale.
« L’olio ed il vino, che dai suddetti mercanti si carica per conto della piazza di Genova, viene da essi per lo più commutato nel Continente coi prodotti delle manifatture, dei quali la Sardegna manca intieramente ed abbisogna per l’uso della vita civile; l’introduzione di tali prodotti, essendo maggiore dell’estrazione degli oli e dei vini, il numerario segue la stessa proporzione a danno dei cittadini; ed a ciò aggiungendosi i dazi, dai quali è gravato tutto ciò che si estrae o si introduce, ne consegue la miseria. Si supplica ecc. ecc.

• 1834. Abiti consolari

Il Municipio si rivolge al Governatore, e in data 10 Gennaio gli espone: che gli abiti dei Consiglieri oramai sono logori e indecenti, e più di una forma antichissima, costosa, e affatto dissimile da quella delle altre città del Regno. Ora, per sostenere il decoro (poiché non può dubitarsi che nei pubblici funzionari contribuisce moltissimo a conciliare una favorevole opinione non solo il portamento, il contegno, e l’energia nel trattare gli affari, ma anche la decenza del vestire) supplica di permettere la spesa sul gusto e modello di quelli che si usano nei R. Stati di Terraferma, oppure come giudicherà la saggezza di sua Eccellenza! ».
Il 20 Gennaio si scrive in proposito anche al Re. Il 7 Maggio si scrive al Viceré di Cagliari esponendola nuova foggia colla quale intendono vestire i Consiglieri di Sassari. Insomma, si fece gran caso di questi nuovi abiti consolari, finché il 15 Gennaio del 1837 (tre anni dopo) fu dato incarico ad un Consigliere di provvedere le stoffe in Genova. A tal uopo si domandò intanto 1’autorizzazione della spesa di L. 2500.

• Fabbrica di tela

Il 20 Febbraio, per eccitamento del Governatore, il Municipio prende in affitto alcuni locali per stabilirvi la fabbrica di tele e scacchi che dal tessitore Giacomo Raimondi si vuole intraprendere, allo scopo di formare degli allievi, il cui insegnamento possa in avvenire ridondare a vantaggio pubblico. L’alloggio si trovò in via dell’Università, al prezzo dell’annuo fitto di 19 scudi.

• Arti belle

Marzo 4.Viene invitato, per beneplacito del Viceré, il sassarese fra Antonio Canu minore Conventuale, (allievo del Canova) per riaprire la Scuola di Architettura già cominciata dall’ architetto Ferlosio. Si aspetta il ritorno del Canu che si è recato ad Oristano. Il Municipio è di parere di cedergli per scuola l’ingresso (!) del Palazzo Civico nuovo; sul riflesso, che, dando le lezioni dopo le ore 24 per convenienza degli artisti, non recherebbe disturbo ai diversi Uffici di Città.

• Cisterne a Portotorres

16 Marzo. Il Governatore, avendo avuto rapporto che non si erano fatte cisterne nelle case nuove che si costruivano in Portotorres, ordinò al Municipio di Sassari di eccitare i proprietari a farle, che altrimenti le avrebbe fatte costruire il Governo a loro spese; e ciò perché le cisterne sono una necessità per la popolazione di Torres.

• Scarpe

Il Gremio dei Calzolai di Sassari faceva nel Marzo un ricorso al Viceré contro i negozianti che vendevano scarpe fatte, con loro pregiudizio. Il Municipio rispondeva in proposito al Governatore in data del 22, dicendo: che i negozianti vendono più a buon patto dei calzolai, e che non si può impedire la vendita perché il pubblico ne avvantaggia « I nostri calzolai lavorano tutti, tutti guadagnano, vivono bene, quindi il Gremio non è mosso che da solo spirito di gelosia e di ambizione (?) contro chi è intento a guadagnarsi onestamente il pane. »

• Strade

Gli impresari Bettocchi e Fogu, essendosi obbligati con contratto di dar principio alla continuazione del selciato della piazza col primo marzo del corrente anno, e non avendo essi ancora dato mano ai lavori, il Municipio, in data del 5 Aprile, li minaccia di dar l’opera ad altri più solleciti.

• Il Viceré a Sassari

Nella primavera del 1834 il Viceré Montiglio si recava nel Logudoro e visitava Sassari. I sassaresi festeggiarono il Montiglio facendogli una bellissima accoglienza, e lo pregarono di interessarsi in diversi miglioramenti della città, e specialmente nella costruzione dei sobborghi richiesti dalla salute pubblica e dalla troppa carenza delle pigioni. Si ottenne molto dalla mediazione del Montiglio a cui i sassaresi attestarono gratitudine; il Viceré diede incarico dei sobborghi al Governatore Crotti e all’Ingegnere Marchesi. Il 9 di Luglio si domanda il rimborso delle spese fatte dal Municipio per l’arrivo del Viceré, e per il traslocamento al nuovo Palazzo Civico oramai condotto a termine.

• Molini a mano

Stante la scarsezza delle acque in primavera, il Municipio, nel Giugno, domanda al Governatore il permesso di vendere ai privati i 24 molini a mano di sua proprietà, che si trovano depositati nella Frumentaria.

• Università

Il 15 Luglio 1834, il Municipio scrive a S. E. il primo Segretario per gli affari di Sardegna in Torino: « In seguito alla desolante voce sparsasi per la seconda volta in questa città per l’abolizione dell’Università, o almeno che si tenti lo smembramento della facoltà Medica e Chirurgica per accrescere la pubblica istruzione nella Capitale, sommamente amareggiati non possiamo dissimulare all’E. V. che tutta la popolazione trovasi costituita nella massima costernazione, né sa darsi pace, dopo le assicurazioni fattesi a questo Consiglio Civico in nome di S. M. il re Carlo Felice con Dispaccio Viceregio 29 Settembre 1829… » – Si parla in seguito degli immensi sagrifizi che fa Sassari per assicurare una discreta sussistenza ai rispettivi professori, indipendentemente dal regio Erario, oltre ai sussidi che somministra la generosità di vari patrizi sassaresi con vistosi legati. Si ricorre alla mediazione di S. E. per scongiurare il male, ecc.

• Vapori

Il Municipio, ringraziando il 29 Luglio S. E. il Conte Degeney, in Genova, per l’interessamento che si prese per la deliberazione dei progettati lavori del porto di Torres, onde renderlo capace e sicuro al ricevimento dei bastimenti, si augura ed ha fiducia che le corse del Battello a vapore vengano stabilite per lo stesso porto, nello stesso modo che si è sinora praticato per le Regie Golette.

• Camposanto .1

Il 4 Ottobre, per deliberazione della Giunta di Sanità, si fanno uffici per la visita delle tombe di S. Agostino, e specialmente quella della Confraternita d’Istria, per accertarsi se sono capaci di ricevere i cadaveri che solevano seppellirsi nella chiesa dei PP. Domenicani (del Rosario) nella quale non si può più permettere alcuna tumulazione senza il pericolo di un’epidemia.

• Malattie

L’11 Ottobre si partecipa al Prof. Sacchero, che in vista delle lagnanze fatte, asserendo che la maggior parte delle malattie verificatesi da qualche mese provengono unicamente dall’uso del vino nuovo, il Municipio ha deliberato di proibirne la vendita per tutto l’anno.

• Sciopero e multe

Dicembre 27. Da qualche tempo si verificava la scandalosa mancanza di dieci, venti, e persino trenta libbre nel peso della farina che riportavano i mugnai. Il Consiglio, nelle sedute del 15 e 19 Dicembre, sottopose ad una multa di 20 soldi i mugnai; i quali, non solo si rifiutarono alla multa, ma ricorsero al tribunale, che con sentenza del 21 ordinò di passare all’esecuzione. Risentiti i mugnai, si sono rifiutati al pubblico servizio, rifugiandosi tutti nel Convento dei Cappuccini. Nella notte del 24 al 25 ruppero a sassate tutti i vetri dell’Ufficio del peso pubblico, e fermarono il mugnaio Gavino Poderò che portava la farina a Sassari, minacciandolo di morte, ove non tornasse indietro, e ordinandogli di non più macinar grano – Il Municipio domanda dal Governatore una severa punizione; i mugnai alla loro volta ricorrono al Municipio per la multa di Ls.151. 4 che pretende il Municipio; e finalmente il Municipio torna a rivolgersi al Governatore il 2 Gennaio 1835, dicendogli che la fanno finita, soltanto per fargli conoscere che non era l’ambizione di godersi le macchizie che li guidava! – Si noti che una parte delle multe, in quei tempi, veniva divisa per dritto fra i Consiglieri, i quali ci tenevano, e molto! Anzi l’ultima risposta data al Viceré accenna già ad un risentimento, e vi dirò la ragione.
Nel Giugno dell’anno precedente (1833) il vecchio Consigliere Notaro Gio. Quessa, per motivi di salute non aveva potuto frequentare assiduamente la Casa comunale durante il primo quadrimestre. Gli altri Consiglieri credettero bene dividere fra loro, non solo le multe percepite, ma anche lo stipendio del Quessa. Questi ricorse al Viceré, il quale ne domanda ragione. I Consiglieri gli risposero in data del 20, che « gli abituali incomodi, conseguenza della decrepita età di anni 90, avrebbero dovuto avvertire il Quessa della sua insufficienza per sostenere il faticoso ufficio di Consigliere; e che quindi avevano creduto bene dividere fra loro le multe, perocché dopo il mese di Settembre egli si prostrò in letto e non uscì di casa. »
Il Viceré ordinò che fosse subito pagato il Quessa, non avendo egli colpa d’esser vecchio, e d’esser stato nominato Consigliere. I colleghi finalmente si obbligarono di pagare al Quessa le multe in corso, ma si raccomandarono di non far loro rimborsare quelle dell’anno scorso… che avevano già mangiate (!) Il Viceré, in seguito, scrisse più lettere al Municipio di Sassari chiedendo spiegazioni sulle multe o macchizie, e il Municipio dà le seguenti spiegazioni. « Le multe che si percepiscono son quelle della polizia della pubblica beccheria e quelle dei grani e delle farine che si verificano nell’Ufficio del peso. Le dette multe, per costante ed antichissima consuetudine, sono state sempre solite dividersi fra i Consiglieri, i quali molte volte le perdonarono, tanto per le molteplici giornaliere contravvenzioni, quanto per evitare la taccia di soverchio interesse nei Consiglieri. Prima del R. Regolamento del 1810 il numero dei Consiglieri era di nove, cioè, 3 di prima classe, 3 di seconda e 3 di terza; fra i quali si dividevano sempre le multe, in proporzione dei loro onorari. »

• Morti

In quest’anno 1831, fra gli altri, Sassari ebbe a lamentare la morte del benemerito cittadino sassarese il Marchese Vittorio Pilo Boyl, avvenuta il 13 febbraio; all’indomani morì il letterato Maurizio Serra d’Osilo, rettore di S. Donato, compromesso nei movimenti del 1790 contro i feudatari. Cinque mesi dopo (12 Luglio) moriva nell’isola della Maddalena il famoso tribuno cagliaritano Vincenzo Sulis, che ebbe una gran parte nella storia di Sardegna, negli ultimi anni del secolo XVIII e nei primi del secolo XIX.

• 1835. Vaccino

Il 7 Gennaio il Municipio accusa ricevuta al Ministero di una copia dell’operetta riguardante i vantaggi del Vaccino, già sperimentati, di cui si desidera la propagazione anche in Sardegna. Si assicura che le intenzioni di S. M. saranno secondate, e che si coopererà all’impianto di uno stabilimento vaccinifero in Sassari.

• Nomine

Il 10 Gennaio si partecipa all’Architetto civico Pau che il Viceré con Dispaccio del 3 approvava lo stesso Regolamento che servi per la Scuola di Architettura, già diretta dall’architetto Ferlosio, ed ora affidata al suddetto con nomina del Ministro degli affari di Sardegna.

• Poste

La quota assegnata alla Città di Sassari pel riordinamento del servizio postale fu di Ls. 718.15 – e a Portotorres di Lire sarde 23.11.4 – totale Ls, 742.6.4. Il Consiglio nel febbraio opina di ripristinare l’antico Dazio di Consumo sull’introduzione al dettaglio della farina, formaggio, lardo ed acquavite, regolando il pagamento di tali dazi in conformità della tabella già esistente nella R. Carta e relativo pregone Viceregio sull’impianto dei Dazi municipali di Sassari e Portotorres.

• Orfanotrofio

L’orfanotrofio, già istituito il giorno delle Pentecoste del 1832, fu eretto in ente morale con Decreto Viceregio del 31 Gennaio, col quale nominavasi per la sua amministrazione una Congregazione di nobili-civili ed ecclesiastici presieduta dal Governatore locale, e lo si dotava dei beni del soppresso Convento dei PP. Agostiniani.

• Tabacchi

Il Municipio, in nome dei cittadini, ricorreva il 21 Aprile al Villamarina, Primo Segretario dell’Interno, per l’avviso notificato dall’Intendente Generale coll’ordine di restringere e limitare a pochi territori di Sassari la piantagione dei tabacchi per il 1835, coll’espresso divieto di non comprendersi altri siti all’infuori di quelli prescritti dal Dispaccio dell’Ufficio Generale. II Municipio rappresenta i pregiudizi e i danni che ne ridondano, per avere i cittadini già fatte le spese per la coltura e seminagione dei tabacchi; parla della miseria degli agricoltori, e supplica in proposito il re.
«Una tal grazia – è detto nella lettera – toglierà molte classi di persone dalla miseria, e a molti ridonerà i mezzi di un’onorata industria che li renderà agiati, li distoglierà dal delitto, e accrescerà in commercio i prodotti, i valori e i frutti delle terre. Si protegga dunque una piantagione che a preferenza è favorita in questo clima, e che vanta qui una rispettabile antichità ed i maggiori favori del Governo, come ne dà prova la fabbrica testé traslocata alla capitale. »
Questa supplica fu respinta dal Villamarina il 22 Giugno, dicendo non aver stimato conveniente aderire alla petizione dei postulanti!!

• Squadriglie

Nel Maggio del 1835 si formò la famosa squadriglia di Bonorva, la quale in Scala di Ciogga uccise il Comandante Sini che faceva ritorno a Sassari. Un forte nerbo di milizia catturava l’intiera masnada.

•Banditi e malviventi

Dopo la soppressione dei Carabinieri reali, i quali seppero mantenere il prestigio della forza, crebbe il numero dei malfattori, e si accesero più vive le inimicizie nella provincia di Sassari, e specialmente fra gli abitanti di Sedini. Le fazioni, nei frequenti scontri, spargevano molto sangue. Il Governatore di Sassari Cav. Crotti, per mettere un freno ai disordini ed alle uccisioni, e per impedire le vendette, pensò di riconciliare gli animi ad una pace fraterna; e ottenuto dal Governo un salvacondotto, ne chiamò a Sassari un centinaio. Riuniti nella Sala del Governatore, fu loro fatto dal Crotti un discorso per rappacificarli, e tutti si dimostrarono pronti a dimenticar le offese, meno un vecchio che non voleva a nessun costo far pace con chi aveva gettato la desolazione nella sua casa. Vinto per ultimo dagli eccitamenti del Crotti, cedette, e tutti si abbracciarono promettendo di vivere in pace.

• Aumento di dazio

Il Municipio il 30 Luglio manda un indirizzo al Re per scongiurare le disposizioni sovrane del 7 Aprile scorso riguardante l’aumento del doppio dei dazi sulle derrate che si esportavano al Continente, in derogazione a quelli stabiliti con manifesto camerale del 19 Febbraio 1830. Rappresentò l’incaglio che portava al commercio sardo quell’aumento, e l’avvilimento cui andavano soggetti i sardi prodotti. Si finì al solito… col pagare ciò che voleva il Governo!  

• Battelli a vapore

Nell’estate di quest’anno 1835 si cominciarono le corse del primo regio battello a vapore, la Gulnara, tra Genova e la Sardegna.
Dopo il 1814, ogni mese salpava la regia Goletta che da Genova recava i reali comandamenti all’isola; ed il navigare con essa era così incomodo e disagevole, che i passeggeri (se non volevano dormire sui tavolati o sulle panche di poppa) erano costretti a recare con se i materazzi e le coltri. Non era raro il caso – come nota il Bresciani che le tempeste sbattessero le navi sulle punte di Sicilia o sulle coste di Barberia (Nord Africa, ndr). Ben pochi viaggiavano allora per diletto; chi attraversava il mare erano i soli impiegati governativi, i reggimenti di guarnigione e i commercianti che volevano tentare la fortuna in Sardegna. Si trattava di esporsi alle tempeste, all’incertezza dell’arrivo, ed ai pirati che girondavano pel Mediterraneo in caccia di bottino.
Le Golette impiegarono molte volte 45 giorni per arrivare a Torres e tre mesi a Cagliari.
Il Canonico Giovanni Spano, il famoso archeologo, narra nelle sue Iniziazioni, che imbarcatosi da Portotorres per Roma il 13 Giugno 1821, dopo tante peripezie, arrivò a Civitavecchia il 20 Agosto. «Questo viaggio – scrive lo Spano nel 1876 – mi costò due mesi di tempo, mentre oggi si fa in 30 ore. » Chi avrebbe detto che nel 1883 si sarebbero fatti i viaggi in 18 ore, e tutti i giorni? I vapori cominciarono a viaggiare ogni quindici giorni; alternando poco dopo i viaggi, una volta a Cagliari e l’altra a Sassari. Più tardi, verso il 1840, viaggiavano ogni otto giorni, incrociandosi a mezzo mare. Si cominciò, abbiamo detto, nel 1835 colla Gulnara; poco dopo il Governo ne costruiva un altro, Icnusa, per non avvenire interruzioni di corse, in caso di guasti alla macchina; per ultimo, accresciute le comunicazioni, si costrusse nel 1841 un terzo battello più grande di tutti, a cui si diede il nome di Tripoli. Il vapore la Gulnara arrivò la prima volta a Portotorres verso la metà di Giugno del 1835. Gli abitanti di Sassari e dei villaggi vicini si recarono a torme a San Gavino per vedere la prodigiosa invenzione dei battelli che camminavano sul mare colle ruote, come i carri e i carrettoni. Il rettore di Sennori, con una turba di fedeli parrocchiani, fece un viaggio apposta per ammirare il nuovo battello. Il primo viaggio dell’Icnusa fu a Cagliari, dove arrivò il 6 Novembre 1837, comandato dal sassarese Cav. Sebastiano Sotgiu Capitano di fregata nella R. marina Sarda. L’Angius gli dedicò una poesia, che fu stampata a Cagliari in occasione di quel viaggio.

• Timori di colera

– In Sassari era viva l’inquietudine degli abitanti per il colera che circolava nel continente. Si sparse la notizia che il colera fosse a Marsiglia, a Nizza e Villafranca; si parlò ancora di qualche caso a Genova. Furono stabilite nel Luglio le quarantene per le provenienze di Marsiglia, e cinque giorni di osservazioni per quelle di Genova.
Per sospetti del colera a Genova, il Governo diede severi ordini per le provenienze da quel porto. Non furono difatti ammessi alla pratica i passeggeri arrivati a Portotorres il 9 Agosto col vapore Gulnara; i quali vennero rimandati colla Regia Goletta partita il 18. Queste disposizioni erano state confermate dal Viceré con un espresso da Cagliari. Ansie e timori nella popolazione e nel commercio. I grani si vendevano a scudi tre e mezzo il rasiere. – Si prendono provvedimenti per la polizia interna della città, e per la sorveglianza dei littorali.
Nel Luglio si parla di due fabbriche che vanno a stabilirsi a Sassari: una dei fratelli Ardisson di Diano – l’altra dell’agente dei fratelli Leonini, ai quali si è associato il signor Arre, impresario delle strade. Dicesi fissato il contratto per venti anni, seppure il clima di queste contrade non faccia andare a monte il disegno! (Da lettere particolari di commercianti genovesi).
Si fabbrica a Portotorres un Bagno per 200 forzati presso la torre; e sul Bagno una caserma. Nel 1832 si era costruito un gran magazzino per conservarvi gli attrezzi navali.

• Camposanto .2

Il Viceré, con dispaccio del 25 Agosto 1835, aveva autorizzato il Municipio a chiedere provvisoriamente l’orto dei Padri Mercedari (S. Paolo) designato per il Camposanto. La licitazione per l’impresa fu il 12 Settembre. Si stipula in Novembre il contratto tra i frati Mercedari e il Municipio per il detto orto; e si mandano al Viceré due disegni, uno dell’architetto civico Giuseppe Pau, l’altro dell’architetto Angelo Maria Piretto. Si sceglie l’ultimo come il più semplice e il più vantaggioso per il lucro che può ritrarsi dal terreno che viene escluso dalla costruzione. (E qui appunto stava l’errore, che dovette ripararsi più tardi!) L’Arcivescovo eccita il Municipio a dar mano all’opera, dietro la proibita tumulazione nelle chiese. Il Viceré, nel dicembre, suggerisce di ricorrere alle pubbliche oblazioni, ma il Municipio non divide il parere per la miseria in cui versa il paese; e propone invece di costruire il nuovo Camposanto col prodotto dei dazi comunali (allora sequestrati per la debitura della Tassa della Regina). Il Viceré accetta la proposta.