Eccoci in piazza Azuni, di fronte al palazzo che a fine Ottocento era degli eredi Oggiano-Morro poi di Achille Oggiano, che lo riedificò e lo vendette alle sorelle Santoni, Elisa, Giovannica e Serafina. Sul lato destro della facciata, al primo piano, era posta una finestra istoriata in pietra granitica: recava nella parte superiore un altorilievo raffigurante un corteo militare trionfale, probabilmente riferita alla vittoria riportata dal sassarese Angelo Marongiu. Capitano d’armi e signore di Ardara, quest’ultimo si era distinto nella battaglia di Macomer (1478) contro l’ultimo marchese di Oristano, Leonardo Alagon, che vide gli Aragonesi ristabilire il proprio primato.
La finestra fu commissionata da un discendente di Marongiu e inserita nella facciata di questo palazzo di famiglia intorno alla metà del ‘500. Lì rimase fino al 1898 quando fu asportata, assieme alle formelle romboidali con due teste scolpite ai lati, e venduta dall’allora proprietario dello stabile, Achille Oggiano, a un antiquario fiorentino, Emilio Costantini. In seguito, nel 1902, la finestra venne acquistata da un altro antiquario, Bardini, che la utilizzò per decorare la facciata di una sua villa nella zona collinare di Arcetri, a sud di Firenze. Il manufatto infine fu trasferito nella collezione privata di oggetti d’arte dell’antiquario e inserito nell’attuale museo Bardini a Firenze.
La finestra è un bassorilievo in tufo, alto 130 centimetri e largo 148. È di forma rettangolare, decorata nello strombo con motivi fitomorfi e zoomorfi; nel fastigio orizzontale presenta una decorazione a bassorilievo che raffigura un trionfo. La realizzazione, con maggiore esattezza, pare risalga al decennio attorno al 1530-1540. L’architrave rappresenta il vincitore del combattimento sulle alture del Marghine seduto sul cocchio trainato da un cavallo, preceduto da un valletto e tre araldi, seguito da 6 valletti con le insegne del potere e i trofei di guerra. La città di Sassari è riconoscibile dalla rappresentazione stilizzata della sua cinta muraria con le torri alternate a due tondi con le insegne YHS e XPS.
La battaglia di Macomer è un evento determinante nella storia della Sardegna, appartenendo ad un lungo e travagliato periodo di dominazione spagnola dell’Isola, caratterizzato da una attività di ristrutturazione sociale e sviluppo commerciale legato ai suoi porti, Cagliari, Oristano e Alghero. In precedenza, gli ultimi decenni del ‘300 e tutto il ‘400, erano stati sono caratterizzati da un forte fermento autonomistico che vedeva i Giudicati sardi opporsi alla Corona aragonese nel tentativo di costruire una propria gestione governativa territoriale. In quel periodo aveva assunto particolare rilievo la figura di Eleonora, “giudicessa reggente” del Giudicato di Arborea, che dopo aver firmato la pace con gli aragonesi, aveva promulgato nel 1392 la “Carta de logu”, raccolta di leggi dirette a disciplinare in modo organico alcuni settori della vita civile della vastissima rea dell’Isola da lei stessa governata.
Così Enrico Costa, nel secondo volume della sua opera “Sassari”, che reca una prefazione datata agosto 1908:
«In una delle case della Piazzetta Azuni (dove oggi è l’elegante negozio Depaolini) eravi una ricca finestra istoriata, di molto pregio, avente ai lati due busti in basso rilievo. Questa finestra, in pietra granitica, era collocata ad un lato, ma in origine era nel centro, poiché risulta che una parte della casa fu acquistata e rifabbricata dall’avvocato Santoni, verso il 1850. La finestra gotica, a colonnine ornati di fregi, era decorata nella parte superiore da un basso rilievo rappresentante un trionfo. Preceduto da sei suonatori di tromba, e seguito da sei valletti portanti ricchi doni od emblemi della Città, vedevasi un guerriero con elmo e scettro, seduto su di un cocchio tirato da un cavallo. Pare che la scultura (molto grossolana) alludesse al trionfo del valoroso capitano Don Angelo Marongio (Podestà di Sassari e Luogotenente del Viceré), reduce dalla battaglia di Macomer nel 1478, dopo aver sconfitto Don Leonardo Alagon, ultimo marchese di Oristano. I doni tolti al nemico; lo scettro sormontato dalla torre, emblema della podesteria; e le insegne di Sassari portate dai valletti, tutto avvalorava la congettura. La cornice superiore era formata da una lunga distesa di muraglie, intercalate da sette torri merlate, e da due medaglioni, in uno dei quali la sigla yhs (Iesus) e nell’altro la sigla xps (Christi). I due busti in cornice losangata rappresentavano un uomo ed una donna.
A chi apparteneva questa casa? Se il bassorilievo alludeva realmente al trionfo di Macomer, la casa era forse quella di Don Angelo Marongio, o più probabilmente della moglie donna Rosa Gambella, la ricchissima ereditiera dell’incontrada di Romangia. È anche probabile (se il fatto fosse vero) che la finestra sia stata collocata posteriormente dai discendenti di Don Angelo e di Donna Rosa – per esempio, negli ultimi del secolo XVI o nei primi del XVII, da Don Gavino Marongio-Gambella, benefico e ricco signore.
Tolta alla casa Oggiano nel 1898, la finestra venne acquistata da un signore di Cagliari, il quale la rivendette all’antiquario Costantini, che la fece collocare nel cortile della sua casa in Firenze, dove oggi trovasi.
Il Municipio di Sassari non doveva lasciar uscire dalla città quella finestra antica, essendo essa un pregevole lavoro d’arte, se non proprio una memoria dei fatti che impressionarono la cittadinanza dal 1478 al 1483. – Dico ciò, perché non parmi un sacrilegio il supporre, che la scultura del basso rilievo si debba unicamente al capriccio dell’artista, il quale non avrà neppur sognato il trionfo di Don Angelo Marongio, né la sconfitta di Don Leonardo Alagon. È troppo strano che nessun storico, né archeologo, abbiano mai fatto menzione di questa finestra. L’allusione a Don Angelo non venne fuori, che poco prima che la finestra fosse portata via, e forse fu originata dal mio racconto storico Rosa Gambella, pubblicato nello stesso anno 1898.
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Sulla facciata dello stesso palazzo di Piazza Azuni, dopo il 1898 e l’asportazione della finestra, venne installata una enorme insegna scultorea, una pergamena srotolata ghermita al centro da un’aquila. Era l’insegna del negozio di chincaglierie e mercerie dei fratelli Depaolini-Zanoletti, al piano terreno dello stabile. Di origine lombarda, i Depaolini arrivarono in Sardegna da un paese sul lago Maggiore, dove facevano gli ombrellai. Vennero dal “continente” come tanti altri operatori e imprenditori che avviarono a Sassari solide imprese, per esempio i Silvetti dal Piemonte o i Tomè dalla Liguria.
«Non ricordo più il pioniere della famiglia, ma è dal 1830 che fu aperto, al Corso, il primo negozio con il nostro nome», racconta oggi Alberto Depaolini, discendente della famiglia. «Allora, come avveniva in quegli anni, era un emporio, si vendeva un po’ di tutto». E non casualmente una fattura del 1888, esposta in via Brigata Sassari (dove il negozio si trasferì da piazza Azuni) ricorda una fornitura di due bugie nichelate e una bacheca in cristallo al Municipio sassarese da parte della ditta di “Chincaglierie, mercerie e novità» dei fratelli Depaolini-Zanoletti.
L’insegna con la pergamena e l’aquila venne demolita dal palazzo di piazza Azuni a metà del Novecento.