Interrompendo per poco il Diario d’Usai, riferirò brevemente ciò che risulta dalle Sedute del Consiglio Comunale (Colloqui) di quel tempo, da me consultate nei libri antichi esistenti in questo Archivio del Comune. Trattandosi di un’epoca chiamata dagli Storici scarsissima di notizie, ho creduto bene di dilungarmi più del solito, sicuro di far piacere ai miei concittadini.
Il 20 Luglio si era convocato il Consiglio per rispondere ad una Carta spedita dal Viceré, nella quale s’invitava il Civico Magistrato ad annuire all’imposizione dell’Estanco. I Consiglieri risposero con lettera, che non potevano facilitare questa nuova Regalia, perché si opponevano ad essa i privilegi di Sua Maestà. Altro Colloquio si fece il 6 Agosto per una nuova R. Carta sull’Estanco ricevuta da Cagliari.
E unanimes y conformes fu determinado scrivere, che si persisteva en la primiera rispuesta.
Il viceré d’Hatalaya, allora, indispettito e rabbioso come un cane per il rifiuto dei sassaresi, venne di corsa a Sassari colle sue soldatesche, sperando d’atterrire i cittadini, ma si accorse ben tosto che aveva da rosicchiare un osso molto duro.
Curiosissime sono le ragioni affacciate pro e contro per la imposizione, o non, di questa gabella! Furono consultati avvocati, citati autori d’ogni genere, ma tutto inutile: fermo il Viceré nel volere – fermi i Consiglieri nel negare.
Il 28, mentre la popolazione tumultuava, i nostri Consiglieri erano in seduta, difendendo i diritti della città. Fu deliberato di mandare al Viceré uno dei Consiglieri, il nobile Don Diego Cugia, perché gli rispondesse a nome della Città, che essi non potevano assolutamente acconsentire ad un estanco, che era muy gravoso a todo los naturales y abitadores de està ciudad, y mayormente a la pobre gente.
Da parte del Viceré si era fatta una lunga Memoria (firmata da un dottor Don Francesco Sisini) in cui si dimostrava, con citazioni di autori antichi e moderni, sacri e profani, che l’imposizione dello estanco era indispensabile per il Regno, in mancanza d’altro ramo col quale sostituirlo. Si scriveva, che solo per queste ragioni si era valso il Viceré di mezzi soavi (!) comunicando a tutte le città dell’Isola questa misura, per poter mantenere la milizia, tanto necessaria per la difesa del Regno. E che infatti, avendo egli comunicato e proposto a tutte le città questo suo mezzo dell’estanco, venne da tutte accettato gustosamente (sic) exepto la ciudad de Sacer, que dize no puede anuir, por tener privilegio real que la exime de pagar gabella, o contribucion alguna, de los frutos que produze su territorio, de cuyo genero es el tabaco que en ella se trabaja… E qui citazioni di leggi, di scrittori, e fin della Sacra Scrittura, per dimostrare, che anche un Real Privilegio può distruggersi quando lo voglia la pubblica utilità, alla quale tanto deve el Principe atender, secondo San Crispino di Valdanza nell’Osservazione 90, num. 5, vol. I – secondo Concezio nel § 3, cap. 16, num. 152 – secondo Sabello nel suo Diversorum, trattato 5, privilegio, ecc, ecc.
E i Consiglieri, di rimando, rispondono al Viceré con altra memoria corroborata da oltre cento citazioni diverse (sottoscritta da un Don Gio. Battista Galzerin) dove si parla diffusamente e profondamente del dritto divino e del dritto umano, e delle cause del bene pubblico, il quale si deve sempre preporre al bene privato; e che sanno benissimo che il Reale dritto d’imporre fu originato dal dritto divino, perocché preguntado Cristo Nuestro Seniore si era licito pagar el tributo a Cesar, respondiò (segun San Mateo y San Marcos) pagar lo que de Cesar a Cesar, e lo que es de Dios à Dios, ecc, ecc. Insomma, con belle maniere, si dava all’Imperatore una lezione sui dritti e sui doveri che aveva verso il popolo, pur esponendo i doveri ed i dritti che ha un popolo verso il suo Sovrano. Il ritornello, però, di tutta questa predica era, che, con gran dispiacere, essi non potevano violare los privilegios jurados sobre los quatro Evaugelios por el Serenissimo Infante y Rey Don Alfonso, de gloriosa memoria. E, per allegato al memoriale, mandarono al Viceré la copia del R. privilegio, sottoscritto in Napoli dallo stesso Re il 21 Giugno 1444; ben s’intende coll’autenticazione del Segretario di Città, Antonio Barlolomey.
I nostri Consiglieri, finalmente, dopo mille ripulse e minaccie, il 30 di Agosto, si convocarono in seduta, e scrissero al Viceré una dichiarazione, nella quale era detto, che loro non avrebbero mai annuito ad approvare lo Estanco; però, che il Viceré si fosse pur prevalso della sua autorità e del suo potere per imporlo – colla sola condizione che non si fosse pubblicato pregone di sorta, sino a sentire il parere dell’Imperatore, al quale essi avrebbero rassegnate le loro ragioni.
Questa dichiarazione fu consegnata a Don Pedro Amat Barone di Sorso, il quale era stato nominato dal Viceré come Enterlocutor per trattare la pratica dello Estanco.
Il Viceré fu tutt’altro che soddisfatto della dichiara del Municipio.
Egli, di proprio pugno, appose a margine dello scritto alcune aggiunte, cancellò alcune espressioni, e rimandò la carta al Magistrato Civico, perché fosse rifatta. E pertanto aveva dato ordini arbitrari e crudeli per costringere i Consiglieri a quanto egli chiedeva.
Ultima deliberazione
– Che dovevano essi rispondere al Viceré? Costretti finalmente dalla violenza, e col cuore angustiato, i Consiglieri si riunirono la mattina del 1 Settembre; e, prevedendo forse qualche atto ostile alle loro persone, cominciarono col deliberare: che, sempre quando si fosse verificato il caso che un Giurato od un Eletto fosse oppresso e maltrattato dal Viceré per causa de el tabaco, fosse dovere della Città, in qualunque angustia (trabajo) essi si trovassero, di contribuire alle spese cui sarebbero potuti andare incontro;
« perciocché non è giusto,che per mirare alla causa comune, i Consiglieri dovessero anche perdere del proprio. » Questa deliberazione basta da sola a dimostrare, che quei Consiglieri, non solo avevano in animo di cedere, ma erano disposti a tutto, anche di andare in carcere.
E la sera di quello stesso giorno, convocati di nuovo nel silenzio della Sala Comunale, mentre al di fuori si udiva il rumore del calcio dei fucili, confuso al ruggito di un popolo minacciato e minaccioso che aspettava rassegnato il responso dei suoi Ammistratori, gli oppressi Consiglieri votarono ad unanimità l’ultima deliberazione, che doveva togliere per sempre la libertà ai nostri tabacchi.
Io la riporto restrigendola più che posso; perché essa è un documento che fa molto onore ai Consiglieri di quel tempo, ed alla nostra patria; – è una pagina che fu tacciuta da tutti gli storici, mentre è tanto degna di esser data alla luce.
Il Capo Giurato Don Nicola Fundoni esponeva ai Consiglieri convocati:
« Le aggiunte che il Viceré vuole siano introdotte nella nostra Dichiara sono le seguenti:
« 1. Che il Magistrato Civico confessi nella sua Dichiarazione, che tutte le altre Città della Sardegna hanno convenuto e approvato l’imposizione dell’Estanco. E questo a noi non consta! – aggiunse il Capo Giurato – (Ed io aggiungo che, se anche ciò constasse, non era maraviglia che le altre città dell’Isola avessero gustosamente annuito all’imposta, non producendo esse tabacco; anzi contentissime tutte, per ragione di odi e gelosie municipali, di togliere alla rivale Sassari una delle migliori risorse).
« 2. Che il Magistrato Civico confessi ancora: che solamente per essere grande la raccolta del tabacco in Sassari si delibera che non venga pubblicato alcun Pregone sull’Estanco entro tre mesi – e ciò perché durante questo tempo gli interessati possano spacciare il tabacco che resta loro, facilitando così all’appaltatore la pronta riscossione;
« Oltre a ciò, si vogliono cancellate dalla nostra Dichiarazione alcune parole.
« E noi, in questo momento, dobbiamo fare ciò che ci viene imposto!
« Ma: – siccome ciò facciamo per imperiose necessità affatto nuove (apreturas mas vistas), avendo Sua Eccellenza chiamato ed introdotto in città più di 500 soldati di cavalleria e d’infanteria; – di più, avendo Egli dato ordine che si tenessero pronte al primo richiamo anche le cavallerie di Cagliari e degli altri villaggi, secondo notizie positive pervenuteci; – in vista dei tempi attuali in cui ci manca il pane, per la grande scarsità del raccolto; – avendo saputo che furono mandati ordini per i villaggi, proibendo con pubblici Pregoni che s’introducesse in Sassari grano, pane ed altri alimenti; – che furono fatti venire quattro o cinque cannoni di artiglieria, con gran provvista di polvere e di palle; – considerando le cattive disposizioni d’animo e l’ira del Viceré, il quale ci ha trattati come tanti ribelli, mentre invece noi lo abbiamo sempre rispettato, dicendogli che imponesse pure lo Estango, se così voleva, ma che si valesse unicamente della sua autorità e del suo potere, senza pretendere il nostro assenso, che noi non potevamo dare prima di consultare S.M. Cesarea, in vista del Privilegio confermato il 3 Agosto 1708 dallo stesso Monarca, a cui fummo, siamo, e saremo sempre fedeli e affettuosi vassalli; – in forza di dette violenze tan conoscidas, e per non arrischiare il fedele servizio che ci lega all’Imperatore, cominciando già il popolo ad inquietarse; – e finalmente avendoci il Viceré mandato a dire, per mezzo dell’Interlocutore, che, se alle sei di sera di questo stesso giorno non riceveva lo que havia pedido per la detta carta, egli ricorrerebbe a quei mezzi che crederebbe più opportuni – io propongo: che da tutti Noi si firmi la Dichiarazione, non solo con quelle aggiunte che ci vengono imposte, ma ancora quando le aggiunte fossero in maggior numero – E poiché il consentimento che diamo può ben chiamarsi coatto e violento, così io protesto altamente, dinanzi a tutti i nobili Consiglieri che qui sono presenti, di aver ceduto alla sola oppressione ed alla sola violenza! – »
« E udita dai Consiglieri ed Eletti la proposta del Giurato Capo, dopo averla seriamente ponderata, la votano ad unanimità, spinti dall’oppressione e dalla violenza; e protestando tutti, la firmano di proprio pugno. »
Ed ecco le firme apposte alla deliberazione da quei Consiglieri modello, i quali, quantunque tutti Imperiali, dimenticarono in quei giorni il loro partito per non occuparsi che del bene della loro patria.
Don Nicola Fundoni Capo Giurato – Don Francesco Coloredda, Dott. Antonio Mundula, Giuseppe Còntene e Andrea Emcapado, secondo, terzo, quarto e quinto Giurato – Eletti: Don Antonio Deliperi Manunta – Nob. Don Diego Cugia – Dott. Gio. Stefano Dessena – Don Giovanni Sotgia e Dott. Gianuario Scardaçho. Per il Dott. Nicola Berenguer, altro Eletto, assente, votò il Giurato secondo, avendone il regolare mandato.
E a calce di questa Deliberazione leggesi una dichiara del Segretario di Città, Antonio Bartolomei, il quale certifica che le parole che si leggono nell’originale della Dichiarazione, scritte con diverso carattere, furono aggiunte posteriormente, e non dal Magistrato.
In ultimo fu delegato il Dott. Coloredda perché consegnasse la nuova Dichiarazione a mani dell’Interlocutore Don Pedro Amat Barone di Sorso, il quale doveva passarla al Viceré Conte d’Hatalaya.
Fierezza dei Consiglieri
Prima di finire devo far rilevare, che i Consiglieri di Sassari si erano in precedenza mostrati molto contegnosi e duri coi signori tedeschi che volevano trattarli col bastone.
Trovo infatti nei libri del Comune i seguenti fatti:
Il 23 Giugno 1714 il Governatore Benites informa il Consiglio che il Sergente Maggiore Comandante intende goder franchigia, insieme ai suoi Capitani e soldati, del dritto della carne, la quale dev’essere loro venduta a un cagliarese di meno ogni libbra; motivo per cui pretendevano si assegnasse loro un Banco a parte. Ed il Consiglio delibera di rispondere al Governatore: che il dritto della carne fu imposto al pubblico per poter pagare il Real donativo, del cui prodotto pur godevano e il Maggiore, e i Capitani, e i soldati, ricevendo il soldo del Governo; – che altri soldati e Ufficiali erano stati in Sassari a cui nulla si era dato, e quindi nulla si dava a loro!
Nel mese di luglio successivo il Viceré scrive ai Consiglieri a riguardo del mejor accomodo che si pretendeva per i soldati a cavallo. E i Consiglieri risposero, che non si potevano favorire i soldati perché la Città era esausta di rendita. Ed essendo il Viceré tornato alla carica con altra lettera, in cui si domandava una nuova risposta, i Consiglieri scrissero seccamente: che la risposta era de la misma conformidad della precedente!
Gli storici
Tutti gli Storici dedicano pochissime righe alla dominazione tedesca, per la scarsità dei documenti. Il Manno fa un cenno della sommossa di Sassari per il tabacco; e l’Angius, attingendo al Manno, si distende un po’ di più. Dopo aver parlato del rifiuto dei sassaresi a sottommettersi alle nuove ordinazioni,egli scrive:
« Il Viceré, operando contro il consiglio dei Ministri dell’Imperatore, che aveagli suggerito procedesse con tutta prudenza, e piuttosto con le persuasioni che colle minaccie tentasse vincere i ripugnanti, raccolse quante soldatesche erano al suo comando, e preparato a tutte le violenze affrettò la marcia. Venuto nella Fluminaria dispose le sue genti intorno alle mura, e fece quanto sapeva e poteva per entrarvi.
Se non che i rivoltosi fecero pure quanto sapevano e potevano per rendere vani i suoi conati, e tanto si ostinarono e ingagliardirono nella resistenza, che gli fecero perdere la speranza della vittoria.
Pertanto, dopo aver indarno addotta in pericolo la sua vita e dignità, stanco degli inutili sforzi, partivasi dall’assedio, lasciatovi a continuarlo il Marchese di Almanara. Il quale, avvedutosi che con tali nemici varrebbero molto più le parole, contenne le armi, aprì una pratica coi consoli, e così prudentemente operò che finalmente i cittadini acconsentirono di ricevere la nuova legge. La sottomissione di questi fu seguitata da quella degli altri logudoresi sin allora renitenti allo stabilimento di quella fiscalità. – »
L’Angius, per errore, fa accadere questa rivoluzione nel 1716, invece del 1714. Come vedesi, i fatti da lui esposti sono molto diversi da quelli ricavati dagli Archivi Comunali e dal Diario di Usai!
Ed ora continuiamo le memorie del nostro Notaio.