Dintorni di Sassari nel 1300

Porto Torres

 

Fin da quando Sassari si resse a Comune, pensò sempre a Porto Torres, paese intermediario del suo commercio col Continente. Allargare il molo e renderlo comodo per l’approdo delle navi, fu la cura incessante della nostra città; ed anche negli Statuti del 1316 troviamo di frequente cenni sul porto di Torres, al cui benefizio era per lo più destinato il massimo della pena pecuniaria allora inflitta.
L’art. 101 proibisce al Podestà, al Cavalieri, al Notaio del Comune e alle loro famiglie, d’ingerirsi in qualsiasi commercio né direttamente, né per mezzo di altre persone; così pure nessuno poteva coi suddetti ufficiali parlare in Consiglio, o fuori, di affari – pena ai primi di lire 500, e agli altri di lire 100 per ogni volta; – la qual multa doveva destinarsi assa opera dessu molu de portu de Turres.
Così pure l’art. 152, che impedisce ogni arbitrio al Podestà, stabilisce la multa di lire 500 per l’opera del molo di Portotorres.
Dal 1300 al 1880 sono già trascorsi 580 anni, eppure la riabilitazione del porto di Torres è sempre un desiderio che d’anno in anno si cerca di tradurre in atto, ma inutilmente. E pensare che in ogni tempo, e sotto la Repubblica, e sotto gli Spagnoli, e sotto i Reali di Savoia, e sotto il Governo italiano, gli sforzi per migliorare il porto furono molti – ma il risultato, negativo!
La strada più breve che conduceva da Sassari a Portotorres, e che dal Codice era imposta a tutti i Carrettieri, coll’obbligo di non percepire più di 6 soldi per andata e ritorno, era la seguente:
«Per la Via Maggiore di Peschina, di Junoviu, e Octava, e Vadu de Ponte, e Pedras de Meiatorgiu, e andando a Gennanu per la Via Kerqui, e per Via de Portu».