Postocchè abbiamo fatto cenno di mare e di moli, parleremo dell’art. 99, che è uno di quelli che fanno più onore ai nostri antichi babbi; tanto più, ove si tengano in considerazione i tempi che correvano. In esso è scritto:
«Nessuno della giurisdizione di Sassari, d’ora innanzi potrà navigare in legno corsaro contro alcuno che non sia nemico di Genova o di Sassari; né potrà far lega con Corsari, o andare in loro compagnia, o giovar loro in modo palese o segreto; né in alcun modo potrà dar ricetto a Pirati, né ricevere o acquistare da loro, in qualsiasi maniera, cosa da essi rubata; e siccome sarebbe inutile fare le leggi e non farle mantenere e difendere, così vogliamo che il Podestà abbia sulle dette cose pieno e speciale arbitrio; e appena fatta a lui la denunzia per mezzo della Cassetta che è sotto la Loggia, o in qualsiasi altro modo, sia suo obbligo indagare con diligenza la verità; e assicuratosi che alcuno abbia navigato su legno corsaro, fatto rapina, o commesso omicidio, possa senz’altro farlo impiccare, destinando i suoi beni a benefìzio del Comune.
«Chi ha comprato oggetti rubati, paghi 5 soldi per ciascuna lira di valore, e restituisca ai danneggiati gli stessi oggetti entro 8 giorni.
Chi è stato in compagnia di Corsari, paghi lire 100; e chi ricetta un Pirata, lire 25, salvo se risulta ch’egli lo accoglieva senza conoscere il suo mestiere. E se il Podestà facesse ingiustizia, o si mostrasse negligente nei suoi giudizi, sia sindacato».
Dal sin qui esposto risulta, che la Repubblica Sassarese era guidata dal senno, ed emanava leggi piene di saggezza ed umanitarie in tempi ferocissimi. Le parole d’ora innanzi, vogliono significare che sotto ai Pisani la pirateria era in tutto il suo vigore, e che solo i nostri padri repubblicani cercarono di estirparla. Il misfatto del corseggiare è chiamato dagli Statuti esecrabile e nuovo, e ciò vuol dire che per i Sardi l’uso doveva essere stato molto recente, quindi non poteva andare più in là dell’epoca pisana.