Il Lamarmora pubblicò una iscrizione tolta da un manoscritto di Michele Gilj, capitato nelle sue mani; il qual Gilj, che s’intendeva di antichità, era in relazione con Giovanni Virde, antiquario sassarese, che gli somministrava le notizie. Dalla detta iscrizione latina risulta, che Sassari nel 1213 già si reggeva a Comune ed aveva i suoi Uffiziali per l’Amministrazione, (tra i quali un certo Pietro De-Pilo che esercitava l’ufficio d’edile) ed un tesoro proprio, dal quale il Carmelingo traeva i danari per ristaurare il magazzino del sale per gli appaltatori che provvedevano la città e Provincia. Questa iscrizione esisteva nel 1497 presso Francesco Marongiu di Sassari, da cui la copiò il Virde – come dice il Lamarmora.
Noti il lettore per sua regola, che il Virde, copiando la lapide, scrisse per errore l’anno MCCXCII (1292) – il Martini, consultato dal Lamarmora, afferma con serie ragioni che il C doveva essere un I, e legge MCCXIII (1213); – il Lamarmora finalmente, per dire anche la sua, è di parere che il C doveva essere un V, e legge MCCXVII (1217). – E tutto ciò per mostrarvi quante variazioni può subire un’iscrizione antica passando sotto sei occhi! – Il maggior male è, che la lapide oggi non c’è più, e che lo scienziato tedesco Mommsen ha voluto mettere in dubbio anche la buona fede del notaio Gilj e del suo amico Virde!