Leggi e Giustizia

Ferimenti e Omicidi

Se alcuno colpiva un suo simile con ferro, pietra, frusta od altro, le pene erano le seguenti: se dalla ferita usciva sangue, oppure se essa lasciava tracce sul viso, si pagavano lire 25 di multa; e ciò, perché il bastonato non poteva nascondere la sua vergogna. Se sangue non vi era, le pene erano tenuissime. Dalla punizione erano esenti i garzoni che non toccassero i 14 anni, ai quali non si faceva processo; purché, però, non seguisse la morte del ferito, nel qual caso doveva essere impiccato come gli adulti; a meno che i parenti più prossimi dell’ucciso non volessero perdonarlo; ed allora si mandava libero. Per chi feriva con sasso, si badava solo se il colpito cadeva o no; se cadeva, la pena era di lire 4, se stava in piedi, di 40 soldi.
Le pene crudelissime erano riservate a chi con arma tagliava un membro a qualche persona, oppure per chi feriva in modo che un membro dovesse perdersi o amputarsi; in questi casi, il feritore era condannato a perdere lo stesso membro e a pagare la multa di 10 lire. E per membri s’intendevano le mani, i piedi, le dita, gli occhi, le orecchia, le labbra e il naso.

Parlando ora della pena capitale inflitta dai Codici, mi piace far rilevare che essa non si faceva mai precedere da quei barbari ed inumani strazi che ne prolungavano l’agonia, come con orrore vedremo praticarsi molto più tardi sotto il Governo degli Spagnoli, e con pari ferocia sotto i Re di Savoia. I dotti che parlarono degli Statuti Sassaresi non passarono sotto silenzio questo fatto. – Sclopis, fra gli altri, fa risaltare la mite e ragionala qualità delle pene della Repubblica Sassarese; e il Boullier scrisse: «La peine de morte n’etait prononcèe que dans des cas tres-rares, et n’etait point aggravèe par de supplices».
Chi uccideva o feriva mortalmente un uomo, era condannato irremissibilmente alla pena di morte; salvo però in alcuni casi, di cui parleremo all’articolo Schiavitù.