Risulta dall’art. 72 degli Statuti sassaresi, che per ogni arte o mestiere venivano nominati due buoni uomini, intendenti e conoscitori di ogni cosa, i quali dovevano provvedere e rivedere i diversi lavori, mettendo il buon accordo nel caso che alcuno pretendesse più di quello che gli era dovuto, e dando la ragione a chi spettava. Erano pure obbligati a controllare i macellai, panatari, venditori di vino, nonché le case e le possessioni. Gli stessi Consoli dovevano inoltre rivedere, scandagliare e punzonare i pesi e le misure, acciocché ognuno potesse comprare o vendere cosa marcata.
Questo articolo di Codice fu aggiunto il 27 Ottobre 1374, sotto il Governo Aragonese, il quale, per volere dei Sassaresi aveva riconosciuti e adottati gli Statuti della Repubblica.
I due Consoli, in quel primo anno in cui fu sancita la legge, erano Donno Giovanni Palas, e Donno Benedetto Corbu.
Per curiosità, di seguito pubblichiamo la tariffa dei prezzi di ogni oggetto, stabilita per ciascun mestiere; la qual tariffa dà un’idea dell’economia pubblica del Municipio di Sassari nel finire del secolo XIV, nonché dei diversi utensili, allora in uso.
Pittori. Negli Statuti non si parla di pittori od altri artisti. Da una nota apposta dallo Scrittore di Tarros al Codice Cartaceo n. 4, pubblicato dal Martini, risulta che dal 1300 al 1350 fiorirono a Sassari: Marco Gambella, Gavino Marongiu e Michele Fraxo, tutti pittori sassaresi.
Muratori. I muratori erano pagati a giornata, ed il prezzo era: durante l’Estate, 4 soldi al giorno – nell’Inverno, soldi 3.
Falegnami. Ogni buon maestro patentato (cioè inscritto nel Registro del Comune) percepiva soldi 5 al giorno in Estate, e soldi 4 dal 1° Novembre al 31 Marzo. Gli altri maestri non patentati avevano 4 soldi al giorno in Estate, e 3 soldi nell’Inverno.
Fabbri. — Ciascun fabbro doveva comprare il ferro a peso, doveva venderlo a peso lavorato, e scontava il consumo secondo il lavoro. In caso di contestazioni, si chiamavano i due Consoli – e così s’intenda sempre per tutti i mestieri, ognuno dei quali era sotto la sorveglianza dei rispettivi due buoni uomini, pratici della partita. Ecco i prezzi che dovevano percepire per la semplice manifattura: per eseguire un’alvada di ferro vecchio, soldi 5; per un’alvada di ferro nuovo, soldi 4; per un’alvada de ferru sestadu, cioè di spiaga, soldi 3; per un sarchiu, picco, distrale o mazza, soldi 5 per ognuna; per zappa, pala, vanga e simili, soldi 8; per falce, cafana ecc., soldi 4; per pudaiolu mannu o isquiradorgia, soldi 3; per un ferro nuovo con otto buchi, danari 6; chiodi da cavallo, o bollette (ogni cento), soldi 2; per ferramenti di carri, o altri di gran peso, danari 6 la libra; per mettere un ferro da cavallo, 2 danari; per salassare il cavallo (facevano dunque i maniscalchi?), 2 danari.
Sarti. Per fattura d’una gonnella da uomo, tutta foderata, soldi 5; per una palandra (gabbano), secondo il grado; per una gonnella da donna, increspata, soldi 6; per una gonnella da donna, alla francese, soldi 4; per un mantello alla castellana, soldi 3; per un fornimento di fregi, ovvero d’argento, o perle, secondo il grado. Le modiste e le sarte non esistevano a quei tempi: l’uomo faceva tutto! Le donne si applicarono più tardi al mestiere!
Calzolai. Fattura d’un paio di scarpe da uomo o da donna (suola, runcales e calcangiles) collo spago dessu mastru, denari 6; grandi stivali per uomo, un soldo e 6 danari; stivali per giovanetti ecc., secondo la loro età, in proporzione.
Tessitori. Per tessere una canna di tela fina, larga 3 palmi, soldi 2; una canna di frustagno rigato, peloso, soldi 3; una tovaglia, cortina, della larghezza di 4 palmi, soldi 4; (se il lavoro è di stoffa grossa, si paghi al minimo 6 danari alla canna); per uno sciugatoio, o salvietta, secondo la larghezza; per una canna di furesi, danari 6.
Conciatori. Per conciare un cuoio grande di bue, soldi 8; per un cuoio di cervo o capriolo, soldi 3.
Arrotini. Per affilare una gran falce, danari 4; per un distrale, danari 3; per un pudaiolu (forbice da potare) o gustedu (coltello) grande, soldi 2.
Lavandaie. Anche le lavandaie avevano il loro articolo nel Codice. Chi perdeva un panno datole per lavare, doveva subito pagarlo al padrone; e per testimonianza bastava la parola di chi dava i panni.