Né dentro le mura della città, né nella valle di Gurusele, cioè dal villaggio di Enene sino al villaggio di Octava, si poteva tener concie – come è detto all’art. 53. Era fatta solo eccezione per due: quelle appartenenti alla chiesa di San Nicola, e quelle di proprietà di Maestro Olideu; ai quali erano concesse, coll’obbligo però che l’acqua sporca ed il mirto si gettassero fuori di Sassari, in modo da non recar danno a persone nè a cose.
Quanto poi al commercio dei cuoi di bue e delle altre pelli conciate, pare che la malafede non fosse del tutto bandita. Abbiamo veduto che il Codice obbligava i venditori ed i compratori a contrattare la mercanzia nella sola Piazza de Cotinas, perché si trovassero in mezzo a molti testimoni. Nell’art. 58 è detto, che nessuna persona poteva vendere o comprare cuoio fresco o secco, nel quale fossero rimasti attaccati pezzi di carne, nervi, ossa od unghie — oppure che fossero stati salati con sale misto a terra. Al compratore, poi, lo stesso articolo degli Statuti dava facoltà di poter percuotere cinque volte la pelle con un bastone grosso convenientemente, restando il cuoio spiegato a volontà dello stesso compratore. — E per verità doveva essere un bello spettacolo il vedere tali bastonature in mezzo alla Piazza!
Non si potevano vendere cuoi di bue o di vacca di un anno, se prima non erano marcati col bollo del Comune; per la marca si pagava un dritto.